ISPIRATO A UNA STORIA VERA

Steven Wilson e i fantasmi della nostra epoca: "Nelle nostre città siamo invisibili"

L'artista inglese pubblica "Hand. Cannot. Erase.", quarto lavoro da solista. Un concept album ispirato all'incredibile storia di Joyce Carol Vincent, una donna inglese morta nel suo appartamento nel 2003 ma ritrovata solo tre anni più tardi

26 Feb 2015 - 11:45
 © lasse-hoile

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Si può essere una persona nota e sparire nel nulla senza che per tre anni nessuno si accorga di niente? E' ciò che è successo a Joyce Vincent, una 38enne inglese, morta nel 2003 e il cui corpo venne scoperto per caso nel 2006. La sua storia ha ispirato Steven Wilson per il suo quarto album da solista, "Hand. Cannot. Erase.". "La nostra epoca è anche questo - dice a Tgcom24 -: in una grande città, in mezzo a milioni di persone, in realtà siamo invisibili".

Steven Wilson e i fantasmi della nostra epoca: "Nelle nostre città siamo invisibili"

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© Ben Meadows
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Wilson torna a due anni di distanza dal precedente "The Raven That Refused To Sing", ma il suo è un passo deciso in un'altra epoca. Se quell'album era infatti strettamente legato al passato per sonorità e tematiche, "Hand. Cannot. Erase" ha un'ispirazione decisamente contemporanea. Nel suo essere variegato stilisticamente, nei molti passaggi pop ed elettronici, ma soprattutto nella storia intorno alla quale si snoda. Paradigmatica della nostra epoca. Joyce Carol Vincent venne trovata morta nel suo appartamento nel 2006. La cosa incredibile è che la morte risaliva a tre anni prima, tre anni nei quali nessuno l'aveva cercata, nonostante Joyce fosse una donna con una vita sociale molto attiva e con un'immagine pubblica. La sua storia ha ispirato un film, "Dreams Of A Life", e proprio la visione di questo ha fatto scattare la scintilla in Wilson. "Non è stata un’illuminazione immediata - spiega lui -. Non è che abbia detto 'questo sarà il soggetto del mio prossimo album'. È stato più qualcosa che mi sono portato dentro per mesi. E quando ho iniziato a scrivere è stato naturale dare vita a un personaggio la cui storia fosse basata su quella di Joyce".

Ed è stato questo tipo di storia a condurti verso nuovi territori musicali?
Per me la storia è un elemento determinante sullo stile musicale di ciò che vado a comporre. Per esempio, nel precedente "The Raven That Refused To Sing", il tema attorno al quale tutto ruotava era un gruppo di classiche storie di fantasmi. Quindi la musica doveva avere un'atmosfera vintage.

In questo caso lo scenario invece è del tutto diverso…
Sì, è una storia contemporanea, ambientata in un contesto urbano. Quindi ho subito pensato che ci sarebbe stata molto più elettronica e che avrei dovuto adottare uno spettro piuttosto ampio di stili per descrivere i vari momenti della vita della protagonista. E quindi volevo fare qualcosa di molto moderno i cui i colori rappresentassero i diversi stati d'animo: malinconia, rabbia, felicità…

I testi sono scritti con una prospettiva femminile. È stato difficile per te calarti in quel punto di vista?
Di sicuro è stata una sfida, ma io amo le sfide. Ogni volta che inizio un nuovo lavoro una delle cose più importanti per me è il cercare di non ripetermi e darmi un obiettivo nuovo da raggiungere. Scrivere da una prospettiva femminile o avere una voce femminile nell'album o lavorare con un coro di bambini come Kate Bush aveva fatto nella canzone “All The Love”, sono cose che mi mancavano e che ho fatto per "Hand. Cannot. Erase.".

Costantemente collegati con il mondo ma al tempo stesso invisibili: il tema dell'album è simbolico di quello che è la nostra epoca?
Assolutamente. Per me è una rappresentazione efficace di quella che è la vita nelle città nel ventunesimo secolo. Se qualcuno vuole scomparire non c'è nulla di meglio che possa fare che andare a vivere in una città. Sei circondato da migliaia di persone, c'è caos, c'è confusione e un modo sempre più veloce di vivere. E nonostante siamo circondati dalla tecnologia diventare invisibili è questione di un attimo.

Musicalmente il lavoro è molto vario. Possiamo dire che è una summa di quanto hai realizzato finora?
Quando ero in studio i pezzi sono andati componendosi come fossero la storia della mia personalità musicale. Ci sono lunghi pezzi prog, ci sono riff metal di chitarra ma c'è anche tanto pop ed elettronica, ballad cantabili e intermezzi ambient. Mischiare elementi così diversi poteva essere un rischio ma con il passare degli anni sono diventato più sicuro di riuscire a realizzare comunque qualcosa che suoni coerente e coeso. L'avessi fatto a inizio carriera sarebbe venuto fuori un vero casino.

LE DATE DEL TOUR ITALIANO
30 marzo - Milano, Teatro Dal Verme
31 marzo - Roma, Teatro Sistina

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