Nelle sale dal 21 ottobre il nuovo film di denuncia e ribellione del regista inglese. Ecco la clip in esclusiva per Tgcom24
Tagli al welfare, sussidi statali, banchi alimentari e "bullismo di stato"... Ken Loach torna al suo cinema preferito, quello di protesta e di denuncia con un film crudo, potente e dissacratorio "Io, Daniel Blake", palma d’Oro all'ultimo Festival di Cannes. E ancora una volta sotto la sua impietosa lente di ingrandimento il regista mette il liberismo selvaggio inglese, la sua logica, spesso disumana e la povera gente, gli uomini e le donne di strada... il popolo. Ecco la clip in esclusiva per Tgcom24.
Per farlo Loach si serve dell'aiuto del fedele Paul Laverty, sceneggiatore del film e amico con cui compie un vero e proprio viaggio nella sua città natale, Nuneaton. Una sorta di pellegrinaggio per associazioni a scopo benefico, banchi alimentari e tutto quel sottobosco del volontariato e degli operatori sociali, a cui il film attinge a piene mani. Un mondo incredibilmente vasto e variegato che "supplisce" silenziosamente a quelli che dovrebbero essere i compiti di uno Stato degno di questo nome, e che invece si fa scudo di un concetto, quello del welfare, ormai vuoto e snaturalizzato.
Protagonista è Daniel Blake, sulla soglia dei sessant'anni e, dopo una vita passata a lavorare come falegname, bisognoso per la prima volta dell'aiuto dello Stato, dopo un attacco cardiaco. Certificato come "disabile", ovvero impossibilitato ad avere un'occupazione stabile, fa richiesta del riconoscimento dell'invalidità con il relativo sussidio ma questa viene respinta. Nel frattempo conosce Katie, madre di due figli e costretta ad accettare un appartamento lontano da Londra perché senza lavoro. Prigionieri in una terra di nessuno, Daniel e Kate si trovano a far fronte insieme, in una gara di reciproca solidarietà, al soffocante sistema burocratico che caratterizza il sistema sociale inglese.
Sullo sfondo la retorica tipica dell'Inghilterra contemporanea che vuole la popolazione divisa in chi lavora duro e chi sfrutta i sussidi pur di non lavorare. Una retorica che Loach e Laverty smontano pezzo dopo pezzo portando alla luce una verità volutamente nascosta e ignorata. Quella dei banchi alimentari appunto, delle code agli uffici di collocamento, dei malati terminali dichiarati abili al lavoro, dei contratti zero ore o degli anziani tormentati dalla complessità di un sistema che non capiscono e dalle nuove tecnologie. I vulnerabili, la gente di strada e gli “offesi”, sui quali Loach getta, come sempre, il suo sguardo pieno di infinita umanità restituendo loro una dignità e un'identità individuale, che lo Stato, cosiddetto sociale, gli ha sottratto.