© Brescia/Amisano - Teatro alla Scala
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La Prima che apre la stagione è il terzo atto di una trilogia del potere. Dirige Riccardo Chailly, la regia è di Lluís Pasqual
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Il "Don Carlo" di Giuseppe Verdi inaugura la stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano. E chiude una "trilogia del potere" iniziata con "Macbeth" e proseguita lo scorso anno con il "Boris Gudonov". Come ha ricordato durante la presentazione Riccardo Chailly, che dirige un cast di stelle che include Anna Netrebko come Elisabetta, Elina Garanca (principessa di Ebolo), Michele Pertusi (Filippo II), Luca Salsi (Rodrigo), e Ain Anger (il grande inquisitore). Il direttore d'orchestra punta anche a ritrovare il colore e i toni cupi della musica scritta da Verdi. La regia è affidata a Lluis Pasqual che ha voluto dare una lettura shakespeariana dell'opera, mostrando il dietro le quinte del potere, e si è servito delle scene di Daniel Bianco e dei costumi di Franca Squarciapino.
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"È una grande opera del repertorio mondiale e siamo fieri di presentarla", ha detto il sovrintendente Dominique Meyer. Verdi è il compositore protagonista di più prime alla Scala, ben 68 e il suo "Don Carlo" inaugurerà la stagione scaligera per la nona volta.
Lo spagnolo Lluis Pasqual ha scelto una regia classica per il Don Carlo sottolineando innanzitutto che "la musica è un'emozione che nessun neurologo può spiegare". Parlando dell'attualità ha spiegato le difficoltà di occuparsi di dettagli teatrali in questo momento doloroso: "Con quello che succede a Gaza e in Israele, che senso ha preoccuparsi di dove si deve mettere il soprano? Però mi sono risposto che l’unico modo di reagire è fare bene il nostro lavoro", aggiungendo che "Verdi ci fa vedere dietro le quinte del potere, ne svela i meccanismi come fanno i social mostrando un presidente in costume da bagno, e ci mostra come viene allestita la propaganda, come ancora si fa in Cina o in Corea". I temi che si intrecciano nell'opera sono diversi, oltre l'anticlericalismo di Verdi: lo scontro padre e figlio, e le due disperazioni del mondo, come le definisce Pasqual, "il nazionalismo e la religione".
Il "Don Carlo torna al Teatro alla Scala in una grande produzione che rispecchia la doppia natura di dramma storico e manifesto romantico dell’originale schilleriano. Un impianto scenico unico si trasforma senza interrompere lo svolgimento dell’azione nei diversi spazi previsti dal libretto grazie alla spettacolare alternanza di colossali elementi scenografici. Per rendere l’atmosfera sospesa tra ambiente ecclesiastico e secolare il regista Lluís Pasqual e lo scenografo Daniel Bianco hanno fatto riferimento all’uso dell’alabastro nelle finestre degli edifici religiosi ma anche civili e in particolare alla grande finestra della Collegiata di Santa María La Mayor nella città spagnola di Toro. Una grande torre di alabastro è inquadrata in un sistema di cancellate che anch’esse ricorrono nell’architettura religiosa quanto in quella civile. La scena permette di ritagliare nei grandi spazi del palcoscenico i numerosi momenti di intimità e di isolamento che punteggiano la tragedia.
Rappresentato per la prima volta all’Opéra di Parigi nel marzo 1867, il "Don Carlo" fu messo in scena a Milano pochi mesi dopo, ma la versione ripresa da Chailly per questa Prima è quella approntata dal compositore per la Scala nel 1884. L’opera ha poi inaugurato la stagione scaligera nel 1868, 1878, 1912, 1926, 1968, 1977, 1992 e 2008. Con "Don Carlo" sarà anche un ritorno al Verdi della maturità dopo le tre inaugurazioni dedicate all’evoluzione delle opere giovanili con "Giovanna d’Arco" nel 2015, "Attila" nel 2018 e "Macbeth" nel 2021.
Anche quest'anno si potrà assistere alla Prima del "Don Carlo" nei luoghi più disparati della città, 35 in tutto con diecimila posti a disposizione: dall'Ottagono al centro di Galleria Vittorio Emanuele, alle carceri di San Vittore e Opera, al minorile Beccaria e ancora l'aeroporto di Malpensa, la casa Jannacci, la palestra Heracles Gymnasium di via Padova e la comunità per minori non accompagnati Oklahoma.