Il rapper presenta a Tgcom24 il nuovo album "Mowgli - Il disco della Giungla"
di Santo Pirrotta© ufficio-stampa
Dalla periferia di Genova al lussuoso Martini Bar di Dolce e Gabbana, ne ha fatta di strada Tedua. Il rapper è emozionato nel presentare il nuovo album "Mowgli - Il disco della Giungla" e lo ammette senza paura. E' "un ragazzo speciale", assicura il suo staff, e appena ci parla del suo lavoro si capisce subito. C'è il riscatto sociale, certo. Ma anche la necessità di andare oltre. "Cultura è una nuova droga di cui mi hanno parlato e di cui non riesco più a fare a meno... l'arte quando arriva ai ceti bassi parla in modo universale", spiega a Tgcom24.
Il disco già disponibile in streaming (in poche ore tutti i brani sono entrati nella classifica Top50-Italia di Spotify e di Apple Music, nella quale l’album è anche al primo posto della classifica) e sarà in vendita in formato fisico dal 7 marzo. Al suo fianco c'è ancora Chris Nolan, che produce le 14 tracce (16 in edizione deluxe) tra influssi di trap francese ("Dune") e Anni 80 ("Acqua"), tessiture sintetiche ("Sangue misto") e chitarre ("Vertigini"). "La mia musica nasce per stupire, non per essere capita, non per questo i pezzi sono slegati tra loro: c'è un filo che li unisce, e sono io che riporto la realtà", sottolinea.
Tedua, dici che la tua musica non deve essere capita, ma sei consapevole di lanciare dei messaggi, soprattutto ai più giovani?
E' vero, sono un po' criptico da capire, forse per l'uso eccessivo della tecnica, a volte per la mancata competenza nell'uso della dizione. Chi si lamenta che io non faccia un hip hop classico o una trap di tendenza contemporanea rimane però in minoranza rispetto a chi sta riuscendo finalmente a capire... La mia musica non è da primo ascolto. Sia chiaro, questa non è arroganza. Perché io quando non capisco mi esalto, significa che c'è qualcosa dietro.
Nella cover ci sei tu e Mowgli, ci parli di questa metafora?
E' un faccia a faccia con la tigre. Mowgli è un ragazzo che si arrangia, all'interno di un branco, e rincorre il suo progetto. Così la città che si trasforma in una giungla urbana, in cui si può essere prede e predatori. O entrambe le cose. Ci sono sbalzi d'umore, quindi climatici. Piogge quindi pianti. Carestia di cuore e amore. O sole. Quindi sorrisi.
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A te quale piace di più?
Cito Mowgli: 'più divento un uomo più voglio rimanere un animale, perché capisco cos'è l'uomo'. Come in periferia, quando l'uomo conosce un altro uomo, spesso non istruito. Non uno di quelli dove il frigo è sempre pieno e il camino è sempre acceso. E cosa fa? Non si piange addosso. Anzi, sorride. Perché i ragazzi hanno bisogno di una via, gli alberi se li poti da piccoli la pianta cresce sana.
Tu come ti senti?
Come quando Mowgli esce dalla giungla e si lascia alle spalle quel mondo di cui è saturo, quello dell'esaltazione: vale sempre la frase 'è la strada che mi ha spinto a fare il rap e il rap che mi ha tolto dalla strada'. E' un percorso di crescita. La mia è più una poesia per esaltare la sociologia che c'è all'interno dei quartieri più difficili. Mi piace quando si crea arte, è più genuina, priva di quel pregiudizio che può nascere dalla conoscenza. E io a Mowgli ci assomiglio anche fisicamente...
Hip-hop come riscatto?
Ma per me crescere non può essere solo un vanto individuale, deve essere un passaggio allo stadio successivo. Scrivo con una certa coscienza, per ogni verso posso farti la parafrasi. Il mio personaggio è l'esasperazione della mia persona, tutto quello che sentite se non l'ho vissuto ne ho sentito parlare tante volte nel mio nucleo affettivo e di amicizie. Questo album è un racconto, un viaggio di transito. C'è Mario, che si è sentito fuori dalle righe per tutta l'adolescenza, ed è bello poterlo raccontare. Ma non mi interessa fare il pazzesco, famoso. Voglio andare up, nello stato successivo.