Tony Hadley in Italia con il suo "40th Anniversary Tour"
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L'ex cantante degli Spandau Ballet sarà protagonista di sei date nel nostro Paese. Tgcom24 ne ha parlato con lui
di Massimo Longoni© Ufficio stampa
Tony Hadley torna in Italia. L'ex cantante degli Spandau Ballet chiuderà con sei concerti nel nostro Paese il lungo tour con cui ha celebrato i suoi 40 anni di carriera. "La cosa che più mi sorprende è quanto siano passati velocemente, sembra ieri che firmavano il nostro primo contratto - dice a Tgcom24 -. Sono stato fortunato, i momenti belli sono stati tantissimi, impossibile sceglierne uno. Quello più brutto invece è facile: l'ultima rottura con gli Spandau Ballet".
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Già, perché Tony Hadley è ormai dal 2017 che non è più il frontman degli Spandau Ballet, band con la quale è diventato una delle icone degli anni 80 e che aveva ritrovato con una clamorosa e fruttuosa reunion nel 2009. Da allora Tony va avanti per la sua strada felice del suo percorso solista, che lo vede alternare brani inediti a reinterpretazioni di classici. E così facendo è arrivato a toccare un traguardo importante come il quarantennale di carriera, festeggiato con un tour che dopo avergli fatto girare la Gran Bretagna in lungo e in largo lo ha portato in Giappone, Nuova Zelanda, Australia e anche già il nostro Paese la scorsa estate. Ma con l'Italia il rapporto è particolarmente stretto, e così eccolo di nuovo da noi per chiudere questo festoso giro.
Quarant'anni di carriera sono davvero un traguardo importante. Come vivi questo momento?
La cosa principale è che ancora non mi capacito di quanto siano passati velocemente. Mi sembra ieri che stavamo firmando il nostro primo contratto discografico. E poi quando siamo andati al numero uno in classifica con “True” e abbiamo iniziato a girare il mondo. E improvvisamente ho 62 anni e sto facendo ancora musica. E amo ancora la musica: scrivere, cantare, esibirmi su un palco che è la cosa che preferisco. E sono molto fortunato perché molti invece arrivano ad annoiarsi.
Se ti guardi indietro sapresti indicare il momento più felice di questo lungo viaggio?
No, è impossibile. Ci sono state troppe cose. Vedersi al numero uno in classifica, partecipare prima a Band Aid e poi al Live Aid. Il Mandela concert. I momenti speciali sono davvero troppi. E poi per me hanno un significato speciale anche cose che possono sembrare più banali, come finire l’ultimo album. Registrare nuova musica è bellissimo.
Se ti chiedo invece qual è stato il momento più brutto è più semplice?
Beh, sì. La rottura con gli Spandau Ballet è stata decisamente brutta, in particolare l’ultima, avvenuta dopo la reunion che aveva avuto tanto successo. Si è veramente rotto tutto ciò che avevamo.
In questi 40 anni ti è mancato qualcosa?
Tutto il mio percorso è stato improntato al miglioramento, all’evoluzione. Per me è sempre stato fondamentale diventare un cantante sempre migliore e fare album sempre più belli. E da questo punto di vista sono soddisfatto. Però una cosa mi è mancata: mi sarebbe piaciuto partecipare a un importante film di Hollywood, ma non ne ho mai avuto l’occasione.
Parlando della tua ambizione a migliorare continuamente, cosa pensi quando rivedi o riascolti le esibizioni dei tuoi inizi?
Se devo essere onesto… evito di guardarle! Mi capita di sentire vecchie cose mie alla radio ma in televisione non mi sopporto. La cosa che più mi disturba è il timbro vocale di allora, decisamente più alto. Oggi canto nella stessa tonalità ma la mia voce è più piena, più ricca, meno alta.
In questi anni sei cambiato di più tu o il mondo che ti circonda, a partire da quello discografico?
Io non sono cambiato, credo di essere la stessa persona ottimista, entusiasta della vita e della musica. Persino molti degli amici di quando ero ragazzo sono rimasti gli stessi. E’ invece cambiato moltissimo il mondo discografico. Io sono cresciuto risparmiando i miei soldi per poter comprare i dischi di David Bowie, dei Roxy Music, dei Queen. E mi perdevo a leggere le note di copertina, guardare le foto, oltre che ascoltare il disco dall’inizio alla fine più e più volte. Nell’era del digitale tutto questo si è perso. La musica per i ragazzi ora è un contenuto usa e getta. E credo che questo sia piuttosto triste.
Non c’è niente da salvare?
No, ovviamente c’è anche del buono nei servizi streaming. I giovani hanno la possibilità di scoprire in un attimo tutta la musica del passato. Una volta ti sarebbe costato una fatica immane e anche soldi recuperare tutti i dischi di un determinato artista, ora li hai lì a portata di clic.
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Sei diventato famoso con gli Spandau Ballet negli anni 80, un decennio d’oro per la musica pop. Cosa ti manca di quegli anni?
Intanto mi manca la semplicità. Io non sono per nulla tecnologico. Non mi piacciono i social, non amo i computer. Ma a parte questa cosa mi manca la varietà che c’era all’epoca. Se tu ascolti le principali band degli anni 80, Spandau Ballet, Duran Duran, Culture Club e altri ancora troverai che tutte hanno la loro peculiarità, persino i cantanti avevano voci e personalità molto spiccate e diverse tra loro. Oggi non è così.
Credi che rispetto a quegli anni sia più difficile emergere?
Per i giovani avere a che fare con le case discografiche è sempre più complicato. Un mio amico produttore mi ha raccontato di una giovane artista che aveva sotto mano, bravissima. Hanno provato a mandare provini alle etichette senza ricevere nemmeno una risposta. Quando hanno messo un pezzetto di canzone su TikTok e questa ha iniziato a fare numeri da capogiro, sono state le case discografiche che sono andate a cercarla. Non è più una questione artistica, è una questione di statistica.
All’inizio della carriera per qualunque artista che voglia raggiungere il successo la musica è la massima priorità. Dopo 40 anni che posto occupa nella tua vita?
Beh, se devo guardare all’ultimo anno non è cambiato nulla: sono stato in tour praticamente non stop da quando sono terminate le chiusure per il Covid, girando mezzo mondo. Le date che stiamo per fare in Italia sono le ultime di questo “40th Anniversary Tour”. Però nella mia vita poi ci sono una moglie splendida e cinque figli che adoro, e molti cari amici. Mi ritengo un uomo molto fortunato.
Per te l’Italia non significa solo il successo con gli Spandau Ballet. Hai collaborato con diversi artisti italiani, hai partecipato al Festival di Sanremo e a trasmissioni televisive, i tuoi tour non mancano mai di toccare il nostro Paese. Cos’ha di speciale l’Italia per te?
Il pubblico italiano ama la melodia, non è un caso che con gli Spandau sfondammo da voi con “I’ll Fly For You” e non con “To Cut A Long Story Short”. Anche gli artisti italiani hanno melodie fantastiche nelle loro canzoni. E poi durante i concerti il pubblico è molto generoso e caloroso.
Cosa si deve aspettare chi verrà a vedere questo concerto?
E’ la celebrazione di questi 40 anni quindi ci sarà un po’ di tutto. Ovviamente i più grandi successi degli Spandau Ballet, ma anche alcune cover di classici di Bowie o Simon & Garfunkel e anche qualche canzone dal nuovo album. La cosa bella è che nei recenti show i nuovi brani hanno ricevuto un’accoglienza molto positiva.
Che programmi hai per i secondi 40 anni della tua carriera?
Oh cielo. Un passo alla volta! Intanto entrerò in studio per registrare una nuova canzone e ultimare l’album. Siamo a buon punto e dovremmo chiuderlo per i primi mesi del nuovo anno. Dopodiché ripartiremo in tour. Come sempre.