I Muse a San Siro con il loro "Simulation Theory Tour": guarda le foto
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Prima data trionfale del "Simulation Theory Tour" della band di Matt Bellamy
di Massimo Longoni© elena-di-vincenzo
Debutto trionfale, e non sarebbe potuto essere altrimenti, per il "Simulation Theory Tour" dei Muse, che tocca il nostro Paese per tre date. Nella prima allo stadio di San Siro il gruppo inglese ha fatto centro con uno spettacolo tra il concerto rock e il musical, con visual imponenti, coreografie sul palco e un gigantesco cyborg, con una scaletta costruita in maniera equilibrata tra i brani dell'ultimo album "Simulation Theory" e i successi storici.
Non importa quanto l'ultimo album possa essere piaciuto, quanto abbia venduto, quanto sia influente nella storia del gruppo. Quando i Muse arrivano con il loro spettacolo live è un'occasione da non perdere. Perché in quanto a spettacolarità (non fine a se stessa) la band di Matt Bellamy non è seconda a nessuno. E questa volta la curiosità era doppia perché con un lavoro incentrato sulla realtà virtuale e su richiami alla fantascienza anni 80 (e non a caso in attesa dell'inizio dello show è stato diffuso il tema principale di "Stranger Things”), il potenziale spettacolare era altissimo.
E sin dall'inizio le premesse vengono confermate. Quattordici ballerini, con maschere e giubbotti luminosi e tromboni, entrano sul palco portandosi ai bordi del palchetto posto in mezzo al prato, sulle note di una versione alternativa di "Algorithm". E da lì emerge Matt Bellamy, mentre Chris Wolstenholme e Dominic Howard sono ai lati del palco principale. L'attacco è subito a tutto rock con "Pressure" e "Psycho" che picchiano duro. L'impianto scenico è imponente e di grande effetto ma curiosamente più tradizionale rispetto a quello che ci avevano abituati. Un enorme maxischermo con visual dagli effetti 3D e un impianto luci superlativo non provocano lo stesso effetto di stupore suscitato dal precedente live a San Siro del 2010 (con una sorta di astronave che si materializzava nello stadio) o dal futuristico spettacolo con i droni di tre anni fa. Qui ci sono spesso piuttosto accenti da musical, come la presenza dei ballerini che incarnano diversi ruoli, dimostra. In "Break It To Me" sono degli esploratori che, appesi a ganci metallici, volteggiano nel vuoto e camminano sul maxi schermo armati di torcia, sfidando la forza di gravità.
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Per "Propaganda" il terzetto si porta sul palchetto, lasciando libertà di manovra alle coreografie di soldati che armati di una specie di lanciafiamme sparano fumogeni. A dispetto di un'acustica meno accettabile di altre volte, il concerto corre via veloce senza cali di tensione ma, anzi, con improvvise impennate di adrenalina iniettata dai primi excursus nel passato più o meno recente, con "Uprising" e "Plug In Baby". Ma quello che sono diventati i Muse e da chi è composto oggi il loro pubblico risulta evidente confrontando le esplosioni di entusiasmo per "Supermassive Black Hole", "Madness" e persino i pezzi dell'ultimo album, mentre un brano storico come "Bliss" scalda solo una parte (pur consistente) del pubblico. "Mercy" è il tripudio del gigionismo pop, con Bellamy che scende in platea a stringere mani e battere il cinque alle prime file mentre esplodono coriandoli e stelle filanti.
La costruzione dello show è praticamente perfetta nel suo crescendo di spettacolarità. Mano a mano che si va avanti gli effetti di luce diventano più complessi e di impatto, mentre quello che è stato un filo rosso lungo tutto lo show nei visual, ovvero la nascita di un cyborg in tutto il suo sviluppo, ha la sua epifania nella parte dei bis. Su un medley potente che riunisce "Stockholm Syndrome", "Assassin", "Reaper", "The Handler" e "New Born", il cyborg si materializza fisicamente con dimensioni giganti, incombendo sul palco. Una trovata scenica tanto classica quanto d'effetto. Si chiude poi in maniera epica con "Knights of Cydonia". Si replica stasera a San Siro e il 20 luglio all'Olimpico di Roma.
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