Il cantautore l'aveva descritta in un libro come una "persona con disturbi psichici e manipolatrice dei figli gemelli"
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La quinta sezione della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di Cristiano De André contro la condanna per diffamazione della moglie separata, da lui descritta, nel libro autobiografico "La versione di C", come una persona con disturbi psichici, manipolatrice dei figli gemelli ai danni del padre. Giudizi ritenuti diffamatori dalla donna che aveva querelato l'ex marito.
De Andrè nel febbraio 2019 è stato condannato in primo grado per diffamazione dal Tribunale di Trento (foro competente perché il volume è stato stampato nel 2016 dallo stabilimento Mondadori a Cles, in valle di Non) ad un mese di reclusione con pena sospesa e ad un risarcimento di 5 mila euro.
Decisione confermata nel gennaio del 2020 dalla Corte d'Appello di Trento. Contro quest'ultima sentenza De André ha fatto ricorso in Cassazione, che lo ha respinto, condannando l'imputato al pagamento delle spese legali oltre che di quelle sostenute dalla parte civile, 3.500 euro. Tra i motivi di impugnazione, De André aveva invocato l'esercizio del diritto di cronaca e di critica, ma secondo la Cassazione "in maniera impropria".
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