AL MANZONI DI MILANO FINO AL 1 GENNAIO

Massimo Lopez e Tullio Solenghi: "Torniamo... Dove eravamo rimasti e con noi c'è sempre Anna"

Il duo comico insieme sul palcoscenico con "Dove eravamo rimasti" al Teatro Manzoni di Milano fino al 1 gennaio

di Antonella Fagà
19 Dic 2023 - 14:52
 © Marco Caselli Nirmal

© Marco Caselli Nirmal

Massimo Lopez e Tullio Solenghi tornano insieme, sul palco del teatro Manzoni fino al 1 gennaio (con due recite speciali per San Silvestro), con "Dove eravamo rimasti", uno spettacolo che è un mix di sketch, brani musicali (con la Jazz Company diretta dal maestro Gabriele Comeglio) e contributi video. Uno show che regala tante risate e un intermezzo di malinconia e nostalgia durante il quale il duo comico dedica ad Anna Marchesini un intenso e commovente momento commemorativo: "Anna è sempre con noi, sul palco e anche fuori".

© Tgcom24

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La domanda sorge spontanea... ma dove eravate rimasti?

 Tullio Eravamo rimasti alla fine del nostro spettacolo precedente che aveva avuto un notevole successo, poi c'è stato il Covid e il nostro desiderio era riprendere proprio il discorso che da anni facciamo con il pubblico, un pubblico che consideriamo un po’ come dei parenti, una sorta di famiglia allargata. E così abbiamo cominciato a scrivere questo spettacolo e gli abbiamo dato un titolo più che eloquente. Uno show che ha la fisionomia e la struttura scenica del precedente, con ingredienti però completamente nuovi. Sono rimasti gli sketch, anche uno in omaggio all’avanspettacolo, è rimasta la componente musicale, con il gruppo diretto dal maestro Gabriele Comeglio, in più però c'è un fondale, che si anima di costruzioni video e proiezioni e che è un valore aggiunto dello spettacolo stesso.

Non avete mai pensato di fare qualcosa di nuovo?

 Tullio Ripartire da dove eravamo rimasti non è stata in realtà una scelta strategica. Questo è il nostro modo di fare spettacolo, lo è sempre stato e i gestori di teatro ci chiedono questo perché questo caratterizza solo noi, rappresenta la nostra fisionomia scenica

Qual è la vostra formula teatrale?

 Tullio Non avere una formula, non avere un fil rouge. Non abbiamo un filo conduttore e questo crea aspettativa naturalmente. Il testo è scritto, poi il pubblico ci mette del suo e qualcosa aggiungiamo ogni sera 

Tante risate, musica e qualche momento di riflessione, a cosa sono legati questi ultimi?

 Massimo Intanto la riflessione non è legata solo al teatro drammatico, anche la comicità invita a riflettere. 
Nel nostro nuovo spettacolo abbiamo inserito poi anche una favola per parlare e riflettere quindi del politicamente scorretto. Oggi si dice che le favole sono ricche di riferimenti non "corretti" e anche Tullio la pensa così. Se si racconta Cappuccetto Rosso ad esempio e si dice che incontra il lupo cattivo nel bosco, viene contestato che i lupi non sono per forza cattivi... Io penso invece che le favole dovrebbero continuare ad essere ciò che sono sempre state, momenti di leggerezza legate ai bambini. E infine c'è un momento importante di riflessione... legato al ricordo di Anna...

 

Fotogallery - Tullio Solenghi e Massimo Lopez in "Dove eravamo rimasti"

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© Massimiliano Donati
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© Massimiliano Donati

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Parlate spesso di Anna, come se fosse lì con voi sul palco

 Massimo Anna è sempre con noi. La sentiamo presente sempre anche se non c'è fisicamente.
Sarà l’amicizia che ci lega, sarà il modo di recitare che ci unisce, quel marchio di fabbrica che ci caratterizza e quindi quando siamo sul palco pensiamo a lei inevitabilmente, la sentiamo. E non solo sul palco, la sua presenza la avvertiamo anche nel privato, nelle cose per le quali ridiamo, di cui parliamo. Spesso diciamo: qui Anna avrebbe detto e fatto questo...

Tullio Abbiamo scoperto una canzone del grande Gianmaria Testa, che sembra essere stata composta apposta per lei e la proponiamo nel bel mezzo dello spettacolo sulle immagini di Anna: è un momento di grande commozione. Ma era inevitabile, è come se fosse... non un dovere, ma un piacere sentirsi sempre un po' con lei in scena.
Nei 12 anni di trio ognuno di noi ha scolpito un po d sè negli altri due e quindi Anna è rimasta in ognuno di noi

Massimo hai parlato di un marchio di fabbrica che vi lega, di cosa si tratta?

 Noi guardiamo e abbiamo sempre guardato il mondo con una sorta di lente di ingrandimento. Ridiamo per le stesse cose, evidenziamo le stesse cose, notiamo le stesse cose. Siamo insomma sulla stessa lunghezza d'onda e questo ci rende complici e ci fa vedere le cose allo stesso modo. Apparteneva a tutti e tre. Ed è ciò che portiamo in scena ogni volta.

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© lapresse  | La sessuologa Merope Generosa
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E questo marchio di fabbrica ha fatto sì che, sin dal vostro esordio come trio e poi anche dopo come duo, nessuno sia mai stato spalla dell'altro, nessuno abbia mai messo in ombra l'altro... Come ci siete riusciti?

 Tullio La provenienza teatrale di tutti e tre ha giocato il ruolo principale, ci ha abituati a scambiarci i ruoli di volta in volta e ha reso naturale la scelta di non avere un capocomico e due spalle. Noi non abbiamo mai avuto un nome d'arte comune, ci siamo sempre chiamati con i nostro nomi singoli e questo è indicativo, noi siamo sempre stati Solenghi, Lopez e Marchesini

Come definireste la vostra comicità alla luce dei social?

 Massimo Quella di oggi è una comicità mordi e fuggi. Noi definiamo la nostra comicità di situazione, non da battuta che deve far ridere in pochi secondi. Ci piace di più creare delle situazioni comiche, paradossali, trovare nella vita delle cose divertenti, anche dove magari non ci sono. I contrasti ci hanno sempre intrigato molto. 
In quanto ai social, siamo social "qb". Io non sono un influencer e nemmeno un maniaco, capisco però che i social possono essere utili per raccontare, pubblicizzare qualcosa o per commentare l'attualità. Li uso, ma non in maniera eccessiva. Bisogna essere social... ma con discrezione

Il politically correct vi ha mai frenato?

 Tullio Il cabaret e lo spettacolo dovrebbero avere il privilegio di non soccombere a censure e paletti. La satira è sempre stata l'opposto della censura. Vivendo e rappresentando il quotidiano i paletti ci sono naturalmente, ma sono dettati dal nostro buonsenso. 
Quando vai in scena il politically correct dovrebbe decadere, se no anche Shakespeare sarebbe bandito. Se si continua a rappresentare La bisbetica domata allora deve vivere anche tutto il resto.

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