uno Shakespeare imperdibile

Un magnifico Re Lear accende la stagione dell’Elfo Puccini

Nello storico teatro milanese di Corso Buenos Aires va in scena uno Shakespeare imperdibile

di Roberto Ciarapica
01 Nov 2023 - 17:14
 © Tgcom24

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Una produzione importante, degna di un grande teatro, per uno spettacolo bellissimo. Dal 25 ottobre al 19 novembre 2023 all’Elfo Puccini di Milano va in scena Re Lear. Nell’anno del cinquantesimo anniversario della compagnia, i registi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia (che hanno curato tutto con umiltà e con minuziosità artigianali: dalla traduzione ai costumi) regalano a sé stessi e al pubblico l’opera forse più importante di William Shakespeare. Scritta nel 1605, Re Lear è contemporanea perché eterna. Un viaggio al termine dell’essere umano, la più complessa e profonda tragedia del Bardo. "Solo adesso abbiamo l’età giusta per misurarci con la sconfinata umanità di Re Lear", ammettono i registi e, soprattutto, Elio De Capitani (il più applaudito, come sempre), al quale è affidato il ruolo di questo re ingenuo e superficiale che solo nella follia ritroverà l’umanità dell’amore. Quella di Lear non è la storia di un sovrano; è la storia truce di un uomo inadeguato, mostrato nella totalità e nell’imperscrutabilità del proprio agire e delle proprie emozioni.

Il re inglese decide di abdicare al trono e di dividere il suo regno in tre parti, donandole alle adorate figlie (Goneril - Elena Ghiaurov -, Regan - Elena Russo Arman -, e Cordelia - Viola Marietti), ma non prima di aver chiesto loro una prova d’amore. Egocentrico e ingenuo, Lear si lascia irretire dalle prime due, mentre giudica inadeguato l'"esame d’affetto" di Cordelia, al punto da ripudiarla e da mandarla in esilio (sposerà quel re di Francia che poco dopo muoverà il suo esercito contro il regno britannico). Il cammino verso la scoperta del vero volto dei loro cuori, verso il ribaltamento dei loro destini (Goneril e Regan si rivelano il male, Cordelia il bene, il re pura follia) è, appunto, un viaggio verso l’apocalisse di ognuno di loro.

Sull’altro binario di questa tragedia intinta nel sangue corre parallelamente la vicenda del conte Gloucester (Giancarlo Previati), storia che Shakespeare ha copiato da un’altra tragedia e che ha deciso di affiancare a quella del suo Lear per darle ancora più forza, ancora più luce (sebbene subdola e tetra). Anche Gloucester rinnega uno dei suoi amati figli (Edgar: un superbo Mauro Bernardi) dopo aver creduto ingenuamente che lo stesse per tradire. Nello sviluppo serrato della tragedia, Gloucester diventerà cieco esattamente come Lear diventerà pazzo, ma sarà proprio la loro perdita di lucidità, visiva o mentale, a donargli un’umanità, quella necessaria per riconoscere la verità, l’amore, la tenerezza della vita.

In un finale pieno di morte e di terrore - grazie anche alle azioni e alle parole di personaggi solo apparentemente minori come il Matto (Mauro Lamantia: bravissimo) o come Kent (Umberto Terruso) - Bruni e Frongia, insieme a Shakespeare (che non giudica mai, comprende e basta), ci mostrano barlumi di speranza, emanati dal tenero incontro di Edgar con il padre ormai cieco, dalla pietà di Lear per il suo fedele amico matto, dal lamento di un genitore sul corpo senza vita di sua figlia.

Re Lear è la tragedia dell’ingratitudine dell’essere umano, della sua ingordigia, della sua vanità, le cui terribili conseguenze diventano qui un monito, un insegnamento e, quindi, una specie di mappa per una possibile, futura salvezza.
 

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