capolavoro di Arthur Miller

"Uno sguardo dal ponte" e quel dramma della gelosia fra gli emigranti italiani

Al Piccolo Teatro Strehler di Milano è in scena il capolavoro di Arthur Miller, tratto da un fatto di cronaca nella Brooklyn degli anni Cinquanta

di Roberto Ciarapica
16 Mag 2023 - 16:09
 © Tgcom24

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Uno sguardo dal ponte nuovo, un’occhiata più cinematografica, più ricca, più pop dell’opera che Arthur Miller portò in scena per la prima volta nel 1955 a Broadway con tiepido successo, e che poi (dopo averla modificata) ha visto recitare in migliaia di teatri del mondo, ottenendo invece meritatissima gloria. Al Piccolo Teatro Strehler di Milano, fino al 21 maggio, Massimo Popolizio (regista e protagonista dello spettacolo) propone una lettura diversa di questo dramma della gelosia, una lettura che fonde insieme tutte quelle precedenti. E così, in uno dei teatri più importanti d’Italia - con tanto di ponte sospeso sopra la testa di attori e spettatori -, si rivivono (grazie anche ai suoni portuali in sottofondo, alle musiche dell’epoca e a un ritmo, appunto, cinematografico) sensazioni più forti di quelle che pure, nel 1962, generò il bellissimo film del maestro del cinema, Sidney Lumet.

Uno sguardo dal ponte è tutto in flashback, un viaggio a ritroso nell’ultimo scorcio di vita dell’immigrato italiano Eddie Carbone (Popolizio, applauditissimo), portuale newyorchese residente nel quartiere di Red Hook (a Brooklyn) con la moglie Beatrice (Valentina Sperli) e la nipote diciottenne Catherine (Gaja Masciale), di cui è tutore legale dalla morte dei genitori. Quando la storia comincia, raccontata dall’anziano avvocato italo-americano Alfieri (Michele Nani, voce narrante ma anche personaggio del dramma), sappiamo già che il protagonista è morto.

Popolizio ci racconta quindi perché, ci mostra come sia potuta succedere questa tragedia (ispirata a un vero fatto di cronaca) che lo stesso Alfieri in apertura di spettacolo definisce “evitabile”. Quello che inizialmente sembra un mero rapporto paterno tra Eddie e Catherine si mostrerà in tutta la sua sordida verità, un’insopprimibile attrazione incestuosa che deflagrerà nella comunità di immigrati italiani di Brooklyn, fino al tragico epilogo.

La svolta arriva quando due giovani cugini siciliani della moglie Beatrice (Marco - Raffaele Esposito - e Rodolfo - Lorenzo Grilli), appena entrati clandestinamente negli Stati Uniti, si stabiliscono a casa Carbone, innescando la spirale di gelosia che condurrà il capofamiglia alla follia.

Questa storia, però, come racconta l’avvocato-voce narrante (fragile ponte tra la legge e le passioni umane), parla anche dello sguardo che l’America degli anni Cinquanta rivolgeva ai bassifondi del suo Titanic, di quella Brooklyn oscura e maleodorante, punto d’attracco di chi fuggiva dalla povertà, cuore pulsante dell’immigrazione clandestina, dove la caccia allo straniero era promessa elettorale. In questo girone degli ultimi si staglia la figura di un uomo perbene, gran lavoratore, affidabile capofamiglia, che cova però dentro di sé una passione innominabile per la figlia di sua sorella. Un amore “perversamente puro”, secondo le parole dell’avvocato Alfieri, che ammettendo la propria inspiegabile ammirazione per Eddie Carbone recapita al pubblico il messaggio più intimo, e più tragico, di Arthur Miller, che dal ponte (sospeso sopra l’umanità) vede solo l’abisso.

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