Cesare Cremonini dirige l'ultimo numero di novembre di "Vanity Fair" e chiede al rocker di Zocca di parlare di "sopravvivenza"...
"Vivere o...sopravvivere...", Vasco Rossi lo cantava già nel 1993 e per 50 anni è sempre stata questa la sua sfida più grande... e il suo manifesto. E quando Cesare Cremonini, a cui "Vanity Fair" ha affidato la direzione dell'ultimo numero di novembre a tema "SurVIVE, SopravVIVERE", gli ha scritto per chiedergli il significato che ha per lui la parola "vivere" in questo "brutto periodo", lui non ha esitato a rispondere. "Sono un sopravvissuto" scrive Vasco: "Agli anni 70 e poi 80, 90... fino ad oggi. E penso sopravviverò anche al covid. Anzi sai che c'è? C’è che morirò di noia per il lockdown".
"Ciao Vasco, come stai? Non posso, davvero non riesco a pensare a questo numero, alla capacità degli uomini di vivere anche quando… sono morti dentro, senza passare prima da te..." scrive Cremonini e il rocker di Zocca non esita a rispondere per raccontare i suoi oltre cinque decenni da "sopravvissuto", tra alti e tanti bassi, glorie e dolori. A testa alta "sorridendo dei guai" e "pensando che domani sarà meglio".
"Caro Cesare, sto bene, grazie o meglio...tengo duro", comincia così la lunga lettera di Vasco all'amico e collega: "È veramente un brutto periodo. Per tutti.
Una catastrofe planetaria che nessuno avrebbe potuto immaginare, sarebbe stato peggio solo... Se ci avesse colpiti un meteorite!". Amareggiato per un sistema sanitario che regge a malapena e per l'obbligo di "stare chiusi in casa... Noi che abbiamo bisogno di urlare, di cantare, di'assembrarci'..." Vasco lancia il suo messaggio di incoraggiamento e positività: "Sopravvivremo anche a questo!! E te lo dico io stendardo da sempre che...".
Poi, stimolato su un tema che è il suo, il rocker di ZOcca comincia a raccontarsi sfogliando l'album della sua vita "spericolata".
Dagli anni 70, "gli anni di piombo con le Brigate Rosse, Lotta Continua e Potere Operaio" superati tifando il radicale Pannella e cominciando a scrivere le sue prime canzoni. "Ero un vulcano di idee in fase di esplosione. Tra le cantautorali La nostra relazione o Albachiara, e l’ironico Fegato, fegato spappolato e il provocatorio Non siamo mica gli americani...".
E poi gli anni 80, quelli della droga e degli eccessi: "Ne ho combinate di cazzate, ma le ho anche pagate tutte. Sono stati gli anni più stupidi del secolo ma anche i più belli e divertenti, quelli irriverenti di Colpa d’Alfredo, di Ogni volta, Vita spericolata e di Bollicine", continua Vasco: "Sono sopravvissuto facendo del rock in italiano...".
E poi ecco gli anni 90, quando all’apice della sua carriera ha messo su famiglia.
"La scelta più trasgressiva che avrebbe potuto fare una rockstar" scrive Vasco che ringrazia la sua Laura per essere stata "artefice del progetto famiglia".
"Poi sono sopravvissuto al 2000! Al 'millennium bug' con una canzone a cui sono molto affezionato: La fine del millennio", racconta ancora il Kom: "Eh già, 'sembrava la fine del mondo ma sono ancora qua, pensa". scrive il Blasco e poi racconta delle tre malattie mortali, nel 2011, quando andò in coma per tre o quattro volte. Fino al 2020, "quando è scoppiata questa catastrofe mondiale che si chiama Covid. Questo Covid del cazzo. Ecco, io penso che sopravviverò anche a questo". Poi con la sua solita ironia chiosa con quello che potrebbe essere il titolo della sua prossima canzone: "C’è che morirò di noia per il lockdown" e poi fa un regalo ai suoi fan annunciando che il primo gennaio 2021 uscirà una nuova canzone (e un album) e... "Sarà una canzone d’amore".
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