A MILANO PER FOG

Vittorio Cosma presenta "Open Machine", un happening che rimette la musica al centro

Due appuntamenti per il Festival Fog di Triennale per il nuovo progetto del musicista. Il racconto a Tgcom24

di Luca Freddi
06 Apr 2022 - 11:44
 © Lorenza Daverio

© Lorenza Daverio

Vittorio Cosma è un musicista che attraversa da anni la musica italiana in lungo e in largo come la rete ferroviaria fa nella nostra penisola. Tastierista, compositore e produttore discografico ha collaborato con i più importanti artisti italiani, da Fabrizio De Andrè alla PFM (di cui era membro), da Elio e le storie tese a Fiorella Mannoia. Ha partecipato e scritto programmi tv e radiofonici, diretto orchestre in svariate edizioni di Sanremo, creato colonne sonore per film. Lo abbiamo anche visto recentemente con i Deproducers (con Maroccolo, Casacci e Sinigallia). Il suo nuovo progetto si chiama "Open Machine", che è insieme un format unico dal vivo e un happening d'improvvisazione che vuole offrire il contatto diretto con i meccanismi del processo della creazione musicale. Un momento di creazione artistica, in cui il pubblico si trova immerso grazie alle musiciste e ai musicisti coinvolti da Cosma nelle varie tappe e che si incontrano "al buio" per suonare insieme. Il progetto arriva l'8 aprile in Triennale a Milano e il 6 maggio negli spazi della Fondazione Il Lazzaretto, nell'ambito del Festival Fog 2022. Per il primo appuntamento, il musicista sarà accompagnato da Pacifico, Jeremiah Fraites della band americana Lumineers, e dalla stella emergente dell’elettronica Whitemary. Ecco cos'ha raccontato Cosma a Tgcom24...

Com'è nato il progetto, da quale idea sei partito?
Sono nato con le band, la Pfm, Elio, il gruppo con Copeland, quello della Notte della Taranta, i Deproducers. Da sempre quindi mi interessa lo scambio e il costruire degli oggetti artistici insieme. Quando lo fai con i professioni devi mettere in piedi un'organizzazione davvero complessa. Però spesso incontro altri musicisti nei backstage, a Sanremo, dietro le quinte dei programmi tv, ai festival e con quelli che mi piacciono e che mi interessano ci diciamo: "Dobbiamo suonare una volta insieme". E poi non succede mai. Ma una delle situazioni più belle è quando ti fai delle belle suonate con gli amici. Che non registri. E allora mi sono detto, perché non farne proprio uno spettacolo e far partecipare il pubblico a questo momento puro e spontaneo, il diamante grezzo, in cui ci si scambiano idee, si costruiscono suoni al momento. So bene che ci saranno ogni volta tanti "incidenti" ed errori, che l'improvvisazione porta con sé, ma usciranno anche epifanie meravigliose.

Come funziona concretamente?
Suoniamo tutti insieme, ognuno secondo le sue capacità, e ognuno secondo i suoi bisogni, come diceva Marx. Ognuno può suonare ed essere coinvolto in questo happening. Poi coinvolgo il pubblico. Le performance non le faccio con le persone in platea ma voglio che siano intorno a noi, sul palco. E verso la fine dello spettacolo il pubblico viene anche coinvolto attivamente. E questo genera un evento unico: solo quella volta lì ci sono quelle persone che si esibiscono e solo quella volte vengono suonate determinate cose.

© Pietro Scapin

© Pietro Scapin

Come scegli la squadra di volta in volta? 
E' un misto di incontri e amici con cui ho una stima reciproca. Ho una lista di persone entusiaste per questo progetto. Ci sono tanti musicisti che vorrebbero partecipare, da Giuliano Sangiorgi a Max Casacci. Per ogni performance, di solito dopo aver stabilito i primi nomi che voglio coinvolgere cerco un po' di mescolare le carte e le spezie degli altri artisti, diversificando, ad esempio chi fa elettronica, chi acustica. Credo che per quelli che partecipano sia un po' una liberazione da alcuni schermi, per certi versi. In questo modo ti puoi esprimere e fare quello che vuoi. Che poi, dopotutto, è il motivo per il quale si inizia a suonare.

E come scegli gli artisti con cui interagire, devono avere qualche caratteristica?
Sono persone che stimo e so già che possono farlo o che è nelle loro corde. Per me, più sono diversi e strambi e lontani musicalmente, meglio è. E sul palco io cerco di fare da collante a questi mondi.

Musicalmente da ogni performance esce ogni volta qualcosa di diverso. Quindi non pubblicherai mai un album?
Io registro tutte le performance e un domani magari si potrebbe pensare a una piccola collana che rappresenti una testimonianza di quest'esperienza. Parliamo di oggetti fisici che secondo me darebbero anche un po' di valore al quello che stai facendo.

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