Il tecnico del Napoli era stato querelato da un ex deputato Dc per una frase pronunciata dopo la famosa lite con Roberto Mancini
di Giulia Bassi© SportMediaset
Maurizio Sarri è stato assolto dal gip del Tribunale di Napoli. L'allenatore dei partenopei era stato querelato per diffamazione da Alberto Alessi, segretario nazionale della Democrazia Cristiana Nuova, per le parole, dopo la famosa lite con Mancini, "ho detto la prima offesa che mi è venuta in mente, gli avrei potuto dare del democristiano" provocando le ire dell'ex deputato Dc. Ma la sentenza è chiara: non c'è diffamazione.
"Non moriremo democristiani" dice uno storico titolo del quotidiano "il Manifesto" del 28 giugno 1983. Al di là delle sfumature politiche e degli episodici richiami a uno dei più famosi partiti politici italiani, la novità che riporta alle cronache la vecchia Dc riguarda l'utilizzo dell'aggettivo a essa riferito. Ricordate la celebre discussione tra Maurizio Sarri, allenatore del Napoli, e Roberto Mancini, allora tecnico dell'Inter nel finale della gara di Coppa Italia dello scorso anno? Ebbene, nel tentativo di giustificare l'insulto omofobo rivolto al collega, e sul quale si discusse a lungo, Sarri davanti ai giornalisti se ne uscì con un "ho detto la prima offesa che mi è venuta in mente, gli avrei potuto dare del democristiano" che, a posteriori, gli ha creato qualche problema che nemmeno avrebbe immaginato. Perché la Dc non muore mai e, infatti, Alberto Alessi, segretario nazionale della Democrazia Cristiana Nuova ed ex deputato della "Balena bianca", non prese affatto bene quella frase. E decise di querelare per diffamazione l'allenatore toscano per aver "leso l'appartenenza di coloro i quali si riconoscono nella Democrazia Cristiana".
Ora è arrivata la sentenza del gip del Tribunale di Napoli, Claudio Marcopido, che ha archiviato la vicenda e "assolto" Sarri: "L'affermazione non ha natura diffamatoria diretta, al più potrebbe essere allusiva ma non tale da ledere la reputazione di un soggetto o gruppi di soggetti ben identificati". Inoltre, secondo il giudice, non sarebbe stata espressa una locuzione dispregiativa verso persone ma al massimo nei confronti di un'ideologia. Non ci sarebbe, insomma, secondo il gip, una "reale valenza e volontà offensiva in termini di rilievo penale". Non servirebbe per altro scomodare la vecchissima campagna elettorale proprio della Dc - che nel 1948 invitava gli italiani a mettere la croce sullo scudo crociato in quanto nella segretezza della cabina elettorale "Dio ti vede, Stalin no!" - e sondare le idee politiche di Maurizio Sarri per poterlo assolvere dalla scelta dell'aggettivo. Come ha scritto il gip, "occorrerebbe conoscere l'imperscrutabile pensiero dell'indagato che ben potrebbe dare un senso negativo al termine "democristiano", ma in senso esclusivamente politico e concettuale, pertanto così rientrando la sua affermazione entro i canoni della critica ideologica".
Insomma solo ora è arrivata davvero la parola fine sulla vicenda Sarri-Mancini, prolungatasi ben più del previsto, e del dovuto, per quella battuta politica non troppo felice con la quale il mister del Napoli cercò maldestramente di giustificare un aggettivo ben peggiore rivolto a Mancini in un momento concitato della partita. Se non moriremo democristiani lo diranno i posteri, intanto la giustizia ci ha detto una verità molto più semplice: dare del democristiano a qualcuno non costituisce reato. Anche perché, in caso contrario, in Italia molti avrebbero dovuto sperare nella... prescrizione.