Fabiola Dolcini, coordinatrice del settore giovanile della società sportiva, racconta a Tgcom24 i primi passi di "Gimbo" nel mondo dell'atletica leggera
di Edoardo Re© Facebook Atletica Osimo
"Fin da piccolo non stava fermo un minuto. Ogni occasione era buona per mettersi in luce, un po' come fa adesso". Questo è il ritratto di Gianmarco Tamberi da parte di Fabiola Dolcini, che lo ha visto muovere i primi passi nei circuiti di atletica. La vicepresidente e coordinatrice del settore giovanile dell'Atletica Osimo (An), prima società sportiva a tesserare il neo-campione olimpico nel salto in alto, ha raccontato a Tgcom24 la crescita, umana e professionale, del ragazzo marchigiano che "una ne pensava e cento ne faceva".
Siamo abituati a vedere Tamberi come un personaggio "stravagante", travolgente. Com'era da bambino, quando ha iniziato a 10 anni nella vostra società?
"Instancabile, aveva l'energia di una tempesta. Spesso portava i suoi allenatori all'esasperazione (ride). Si nascondeva e non si faceva trovare, usciva fuori da dietro i tappetoni per fare degli scherzi. Nell'atletica, quando si comincia ci si allena in tutte le discipline: nel suo caso, era impossibile persino farlo mettere in fila dietro agli altri bambini. Doveva essere sempre al centro dell'attenzione, una ne pensava e cento ne faceva. Anche oggi che è cresciuto, non riesce a star fermo ed è costantemente in cerca di stimoli: è un fan del basket, a volte si cimenta nella corsa a ostacoli. È determinato ed è un trascinatore, questa è la sua forza".
Mettendo da parte l'atleta invece, che persona è Gianmarco?
"Io dico sempre che ha uno sguardo luminoso, capace di trasmettere agli altri la passione per ciò che fa. Non si dimentica mai di nessuno, è buono ed è un concentrato di vitalità. La nostra società ha anche un gruppo di ragazzi disabili: durante gli allenamenti è spesso lì a motivarli. A gennaio è venuto anche al Palaindoor di Ancona a fare il tifo per loro ai campionati italiani paralimpici".
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Quando ha capito che aveva qualcosa di diverso dagli altri ragazzi?
"Fin dalle prime categorie Gianmarco aveva, come dico io, "il coltello tra i denti". Sono sempre stata certa che ce l'avrebbe fatta, ha una caparbietà unica. Non basta essere bravi, bisogna anche sapere essere freddi e determinati. Dopo ciò che ha passato, dopo l'infortunio che lo ha tenuto fuori da Rio 2016, se lo merita. Come ha dichiarato lui al termine della gara: "Nel 2016 ho passato una settimana a piangere, e proprio quando non ci credevo nemmeno io, ho deciso di riprovarci". Durante la sua carriera ha fatto le scelte giuste: nel nostro Paese se non entri in un gruppo militare non puoi fare l'atleta. E poi ha il padre Marco, grande atleta a sua volta, che lo segue e lo consiglia".
Come avete seguito la finale? Avete sentito Tamberi per congratularvi con lui?
"Eravamo ognuno a casa nostra, io e gli altri membri della società. Poi una volta finita finita ci siamo sentiti sui vari gruppi. Mi sono emozionata quando l'ho visto festeggiare, ho chiamato sua mamma che conosco bene e abbiamo anche informato tutti i nostri ragazzi. Non mi sono ancora congratulata con Gianmarco, ma abbiamo intenzione di organizzare qualcosa per celebrarlo non appena sarà possibile".
Cosa significa per lei questa vittoria?
"È un momento magico per noi. Spesso lo usiamo come riferimento per far conoscere l'atletica, lui è il nostro portabandiera. Vedere questi ragazzi che crescono e portarli a livelli così alti è una sensazione che fatico a descrivere. Un'altra atleta della nostra società, Angelica Ghergo, a 18 anni è arrivata in finale ai campionati europei di Tallin. Il sentimento di appartenenza alla maglia nello sport è una cosa molto importante, e avere Gianmarco Tamberi come esempio è una soddisfazione immensa".