Tennis, Matteo Berrettini sogna di conquistare Wimbledon
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Una domenica di tinte azzurre: il tennista romano sfida il numero uno del mondo Djokovic, i ragazzi di Mancini affronteranno i padroni di casa per il secondo titolo continentale della nostra storia
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Il sogno di una vita. E' quello che sperano di coronare Matteo Berrettini e la Nazionale di Roberto Mancini nelle prossime ore. Una domenica da sogno, tutta da vivere a Londra. Prima, alle ore 15, nel centrale di Wimbledon, il tennista romano sfida il numero uno al mondo, il serbo Novak Djokovic, per rendere ancor più storica la sua impresa (nessun italiano aveva mai raggiunto prima la finale del torneo più prestigioso al mondo). Poi, alle 21, il grande momento della Nazionale di calcio allenata da Roberto Mancini. Gli Azzurri, nel tempio di Wembley (quasi pieno, con il timore Covid), sfidano i padroni di casa, spinti da uno stadio che attende questo momento da sempre (un augurio speciale è arrivato anche dalla Regina). Ma capitan Chiellini ha la carica giusta: "Cuore caldo e mente fredda".
Tennis, il fenomeno Djokovic ultimo ostacolo per Matteo Berrettini a Wimbledon - Tutta l'Italia in piedi per Berrettini. Nello Special Sunday dello sport italiano che a Londra insegue la storia, la prima portata viene servita, alle 15, sul campo centrale di Wimbledon, quando Matteo Berrettini sfida Novak Djokovic nella finale del torneo che ogni bambino che prende una racchetta in mano sogna di vincere. Si gioca la finale delle prime volte. Per la prima volta il tennista romano, 25 anni, affronta una partita per un titolo del grande slam; per la prima volta un italiano arriva in finale sull'erba di sua maestà; per la prima volta ad arbitrare la finale di Wimbledon c'è una donna, la croata Marija Cicak. E' stata, sabato, una prima volta a Wimbledon anche per l'australiana Ashleigh Barty, che da n.1 al mondo ha vinto il torneo femminile a spese della ceca Karolina Pliskova, sconfitta in tre set. Sul campo dove le tradizioni, dal 1877, contano più che su qualsiasi altro impianto di tennis, è difficile, invece, trovare una prima volta per lo sfidante di Berrettini, il numero uno del mondo Novak Djokovic in campo per la sua trentesima finale in un torneo dello slam. Dovesse vincere raggiungerebbe Federer e Nadal a venti titoli e andrebbe agli U.S Open con due obiettivi: superarli (diventando così il più titolato nella storia del tennis di tutti i tempi) e inanellare le quattro corone più importanti nello stesso anno, impresa che non riesce a nessuno da più di mezzo secolo.
Ma sulla sua strada Nole sa di avere un tennista straordinario in grandissima fiducia. "E' la prima finale per lui in uno slam, la trentesima per me, spero che l'esperienza mi possa aiutare, ma lui sta giocando il miglior tennis della sua carriera, ha uno dei migliori servizi nel mondo. Berrettini cerca sempre di essere aggressivo, andare a rete, ha molto talento ed è intelligente, capisce come costruire il punto: insomma sarà molto molto difficile batterlo, però conosco il suo gioco. Ma so anche che non ha molto da perdere. Ha molto più da perdere l'Italia contro l'Inghilterra. Speriamo che sia una bella partita e che l'Italia possa vincere solo la sera...". Per la prima volta da quando è cominciato Wimbledon, Berrettini non pare da favorito, ma affronta un giocatore più forte di lui. Ma sa che, se continua a giocare come ha fatto fin qui, è dura anche per il numero uno del mondo. Tuttavia, per battere Djokovic, ci vuole qualcosa in più, soprattutto dal punto di vista mentale, a quella fase della partita in cui ogni quindici può essere decisivo. A Londra Berrettini è circondato dai suoi affetti e dal suo staff: è stato infatti raggiunto dai genitori e dal fratello, sugli spalti del campo centrale, insieme alla fidanzata, la tennista Alja Tomljanovic, e all'allenatore Vincenzo Santopadre. Non è scaramantico e vuole portare con sé una bandiera tricolore, che non si sa mai. Con lui, anche l'Italia tifa per lui davanti alla tv per una di quelle domeniche sportive che di certo sono speciali e che possono perfino diventare storiche.
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La Nazionale di calcio sfida i padroni di casa dell'Inghilterra - L'estate italiana di Roberto Mancini e i suoi ragazzi è all'atto finale. Con un pizzico di follia e un'inattesa magia, come raccontano i protagonisti azzurri, la nazionale è arrivata lì dove era difficile immaginare nell'anno più pazzo del mondo: a giocarsi, ore 21 a Londra, la finale dell'Europeo in un Wembley pieno nonostante la coda della pandemia, con gli auguri all'Inghilterra della Regina Elisabetta che ricorda di aver consegnato la Coppa Rimet nel '66 a Bobby Moore, e sotto gli occhi del capo dello Stato, Sergio Mattarella, e di una Paese intero che non aspetta altro che festeggiare. Quasi fosse un luglio simile ad altri. "Nell'82, in questo stesso giorno, festeggiavamo tutti la nazionale di Bearzot campione del mondo: speriamo di ricordare un altro 11 luglio vincente", dice alla vigilia Mancini, che ha pronta la ricetta giusta: "Se i miei ragazzi hanno ancora voglia di divertirsi, ecco gli ultimi novanta minuti...".
Per un ct al quale Chiellini ha regalato un'altra definizione ("lui è un grande chef"), gli ingredienti sono sul tavolo. Il primo è lo stadio del mito, lo stesso dove nel '92 Mancini pianse con Vialli per la finale di Coppa Campioni persa. A tifare Italia contro l'Inghilterra di Southgate e Boris Johnson c'è persino l'Europa di Ursula Von der Leyen, ma la rivincita che il ct cerca è soprattutto in chiave azzurra: "Da giocatore non ho vinto, né con una squadra Under 21 fortissima, né al Mondiale '90 che avremmo meritato: spero di rifarmi da ct". Il pepe lo mettono i 60mila tifosi inglesi che spingono la nazionale di casa a riprendersi il pallone, 55 anni dopo l'unica Coppa alzata (quella del Mondo), come ha rievocato anche 'The Queen' dal castello di Windsor. Dall'altra parte, sugli spalti, 7.500 italiani di cui solo un migliaio in arrivo da Fiumicino, impacchettati nelle rigide regole sanitarie Uk. "Ritrovare tanto pubblico dopo mesi di silenzio - ha ribadito in ogni caso il ct azzurro - e in questo stadio è meraviglioso per chiunque ami il calcio: i nostri tifosi speriamo di sentirli alla fine...". A far da legante ai sapori, insomma, è la leggerezza che ha accompagnato Mancini e la sua Italia dall'inizio, anche quando il suo invito a 'pensare positivo' era stato equivocato per negazionismo dell'emergenza.
E anche in questo i risultati hanno dato ragione a Mancini: per una domenica londinese da annali, dalla finale di Wimbledon con Berrettini per la prima volta in campo a quella di Wembley, c'è l'Italia intera pronta a scendere in strada. "L'entusiasmo ricreato dalla nazionale è motivo di orgoglio, ma va vissuto con responsabilità", l'appello anti-assembramenti del presidente Figc, Gabriele Gravina, che rafforza quello di Bonucci. In ogni caso, in attesa di una tappa al Quirinale lunedì in coppia anche con Berrettini, Mancini non ci sta all'ipotesi della sconfitta onorevole e sa che l'ultimo miglio è un'Inghilterra mai così sicura di potercela fare. "Questa nazione ha una grande tradizione nel calcio, e la sua nazionale in passato è stata spesso sfortunata: oggi è una squadra solida, Sterling è velocissimo ma in attacco hanno altre frecce". Contro la rapidità dell'ala di Southgate e la potenza di Harry Kane, l'idea è di restare se stessi. Per questo si va verso la conferma dell'undici titolare delle ultime partite, cui mancherà il solo Spinazzola che a Londra è arrivato - in stampelle - sull'aereo con i compagni, e tiferà dalla tribuna. Occhi puntati anche sull'arbitraggio dell'olandese Kuipers, dopo le polemiche per il rigore fischiato su Sterling in semifinale; ma nonostante gli acidi auspici di Byron Moreno ("brava Italia, ora vinci l'Europeo", il messaggio dell'arbitro di Italia-Corea 2002), la nazionale scaccia cattivi pensieri: "Le polemiche arbitrali non ci fanno onore", taglia corto Gravina.
In campo, Mancini si affiderà piuttosto all'esperienza di Bonucci e Chiellini per arginare l'attacco atomico dei Tre Leoni, al centrocampo dai piedi buoni guidato da Jorginho, alla fiducia nella strepitosa forma di Federico Chiesa, cui fa da contraltare Immobile in cerca della zampata giusta. "Anche contro la Spagna avremmo voluto fare il nostro gioco - ricorda Mancini - Ma loro sono stati bravi a limitarci, e piu' bravi a palleggiare. Il gioco e' stato quel che ci ha portato fin qui, non lo snatureremo: dobbiamo pensare a giocare come sappiamo, e sarà una grande partita". Rispetto per l'Inghilterra ("simpatica la vignetta degli scozzesi che mi ritraggono come Braveheart") e della sua forza fisica. "Ma il calcio si gioca palla a terra, e alle volte vincono i piu' piccoli", strizza l'occhio Mancini. Dando voce a quel che più o meno sperano i suoi ragazzi: 60 milioni di italiani.
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