Rio 2016, l'atleta paralimpica belga rinuncia all'eutanasia dopo la medaglia
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"Non è arrivato il momento di morire", ha dichiarato l'atleta belga, medaglia d'argento nei 400 metri T52, mettendo fine alle voci che giravano sul suo progetto di morte dopo i Giochi
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Sulla sedia a rotelle da quando aveva 15 anni per una malattia degenerativa che le procura atroci sofferenze, l'atleta paralimpica belga Marieke Vervoort rincuora i suoi fan dopo aver vinto l'argento a Rio nei 400 metri T52: "Non è arrivato il momento di morire". L'annuncio mette fine alle voci che si rincorrevano da giorni e che parlavano di eutanasia per la 37enne alla fine dei Giochi. "E' stato un errore della stampa belga, la questione è fuori discussione", ha precisato dopo la premiazione.
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Secondo i media del suo Paese, la triatleta belga, medaglia d’oro a Londra 2012, prima della gara paralimpica brasiliana che le è valsa l'argento, avrebbe annunciato: "Dopo Rio, mi uccido".
"Ma quel momento - si è affrettata a precisare dopo la vittoria - non è ancora arrivato. Sono più impegnata con il buddismo e lo zen e mi sto ancora godendo ogni piccolo momento della mia vita".
Dal 2008 Marieke avrebbe preparato tutti i documenti necessari per sottoporsi all'eutanasia, che in Belgio è legale se autorizzata da tre medici. "Io ho firmato nel 2008 - ha ricordato lei stessa nel corso della conferenza stampa post-gara - e guardatemi ora: ho vinto una medaglia d'argento".