Con l'1-1 contro il Cesena, il 16 maggio la squadra allenata da Gigi Radice conquista il titolo dopo una rimonta da antologia sui rivali della Juventus. E dopo 27 anni dalla tragedia di Superga
Il 16 maggio 1976 è una domenica indimenticabile, non solo per i tifosi del Torino, ma per tutti gli appassionati di calcio. A 27 anni dalla tragedia di Superga, infatti, il club granata conquistava il suo ultimo scudetto, compiendo un'incredibile rimonta in classifica sui rivali di sempre della Juventus. L'1-1 casalingo con il Cesena bastò alla squadra allenata da Gigi Radice per laurearsi campione d'Italia, nel segno dei "gemelli del gol" Ciccio Graziani (15 reti) e Paolo Pulici (21 reti, capocannoniere del torneo). Un'autentica impresa sportiva, una pennellata di colore (granata) in anni grigi come il Piombo di un'Italia in cui le parole "attentato" e "terrorismo" erano entrate nel vocabolario di tutti i giorni.
Quel giorno erano in 65mila sugli spalti per assistere al trionfo del Torino: c'è un punto di vantaggio sulla Juventus, e c'è il Cesena al Comunale, dove i granata hanno sempre vinto. E' una domenica di sole e del tripudio del colore (granata) in un mondo in bianco e nero, una domenica attesa per 27 anni dopo la nebbia di Superga e il vuoto lasciato dagli "Invincibili". Di fronte allo spettacolo della "muraglia" di tifosi in festa sugli spalti, Paolino Pulici diceva: "Potevate bendarmi e avrei saputo benissimo dove mi trovavo".
I magnifici undici che scesero in campo quel giorno erano disposti in un classico 4-4-2: Castellini, Santin, Salvadori, P.Sala, Mozzini, Caporale, C.Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli, Pulici. Al 61' Graziani effettua uno stop non proprio eccellente, ma riesce a crossare il pallone dalla sinistra. La parabola sembra corta, ma in area c'è Paolino Pulici: colpo di testa in tuffo e gol. Festa grande sugli spalti, ma dopo qualche minuto la paura: la difesa granata combina un pasticcio e un retropassaggio di testa si trasforma in autogol. Nel dopo partita, in piena festa scudetto, i cronisti si sono ritrovati a consolare mister Radice e i giocatori, rammaricati per non essere riusciti a vincere la partita. Un altro esempio dell'umiltà e della grandezza di quella squadra, che col sudore e la determinazione ha conquistato un titolo decisamente insperato a inizio stagione. Immediata la visita a Superga per l'omaggio al Grande Torino scomparso nel '49, dai "padri" granata ai quali dire, con le lacrime agli occhi e i volti all'insù, "ecco, ce l'abbiamo fatta, siate fieri di noi".
Il punto di forza di quello che fu definito "l'altro Grande Torino" fu proprio la determinazione, la capacità di non arrendersi, di crederci sempre, nel segno di un calcio frizzante e moderno. Quello del 1976 fu lo scudetto di Gigi Radice, soprannominato "il tedesco" per i capelli biondi, gli occhi azzurri e quel suo modo di fare autoritario, freddo, fiero. Fu lo scudetto dei gemelli del gol, Ciccio Graziani e Paolino Pulici, capaci di mettere a segno 36 gol in due in un campionato a 16 squadre. Fu lo scudetto di capitan Claudio Sala, l'ala un po' "veneziana" che spronava i compagni e dava l'esempio correndo a più non posso sulla fascia. Fu anche lo scudetto dei talenti e delle "promesse mantenute" di Patrizio Sala, Eraldo Pecci e Vittorio Caporale, "scoperti" e buttati subito nella mischia da mister Radice. Fu lo scudetto di Luciano "giaguaro" Castellini, il portiere para-tutto dallo stile inconfondibile, e del presidente Orfeo Pianelli, che dedicò la vittoria al compianto Gigi Meroni, il centrocampista del Toro travolto da un'auto nel 1967 all'età di 24 anni.
Quella domenica di festa e di calcio era riuscita a offuscare, per un giorno, i gravi problemi che stavano interessando lo Stivale: dal processo per la morte di Pier Paolo Pasolini a quello contro il nucleo storico delle Brigate Rosse, riaperto proprio il lunedì successivo, passando per il terremoto che devastò il Friuli e la furia dello stragismo.
A distanza di quarant'anni, i campioni dell'altro Grande Torino sono tornati a calpestare ancora una volta l'erba di un campo di calcio. Prima della partita fra Torino e Napoli dell'8 maggio tutto lo stadio Olimpico si è alzato in piedi per applaudire Castellini, Santin, Mozzini, Sala, Zaccarelli, Pallavicini, Roccotelli, Garritano. Un'emozione indescrivibile che dopo quasi mezzo secolo sembra non aver perso la sua forza. Lo si è visto negli occhi degli eroi di quella stagione, lucidi di commozione. E lo si è sentito negli applausi dello stadio, infiniti, scroscianti e, soprattutto, meritati.