L'articolo del nostro Direttore Paolo Liguori pubblicato dal quotidiano La Verità
di Paolo LiguoriQuando qualcuno mi dice "parliamo di Totti", divento sospettoso, perché mi immagino che voglia parlare di calcio e di fuorigioco o di fuorietà, oppure di Ilary e delle mogli dei calciatori, oppure della panchina, o della curva che plaude e che s’indigna. Queste sono cose che con Francesco Totti non c’entrano, meglio, non c’entrano più. E neppure c’entra che un calciatore compia quarant’anni. Fa ridere, parlare del compleanno di un giocatore di pallone. Il compleanno di cui si può parlare, invece è di un condottiero, nel senso medioevale, cavalleresco, eroico della parola.
Vorrei esser chiaro: quel che dico non ha a che vedere con quanto sono romanista (molto), perché Totti è patrimonio dell’umanità; ma da romanista sento di aver titolo più di altri, per esempio uno juventino o un milanista, a dir qualcosa su di lui.
Francesco Totti ha caratteristiche che nessun calciatore ha, in nessun campionato al mondo, men che meno in Italia. Forse solo Spalletti non lo ha capito, o forse sì e ne ha paura. Lo ha capito per esempio il Comunale di Torino che, domenica scorsa, sia all’entrata sia all’uscita del capitano avversario si è alzato unanime in piedi e gli ha tributato un applauso infinito che neanche Karajan a Berlino.
Totti non è un giocatore della Roma, è esattamente la Roma, nella Roma è nato e della Roma si è nutrito: ed è per questo che Spalletti o la società, quando sostengono che bisogna guardare la squadra e non lui, o quando hanno tentato di fargli lo sgambetto, o di fiaccarne lo spirito con panchine su panchine, o hanno preso a insistere che forse era ora di smettere, sono entrati in contraddizione: e infatti nulla ha funzionato.
Anzi, proprio in quel momento è cominciata per lui una seconda vita, di nuove imprese calcistiche: gioco un quarto d’ora, faccio gol in un quarto d’ora. Gioco cinque minuti, faccio gol in cinque minuti. Cercare di tirar fuori dal campo Francesco Totti è come provare a toccare un filo elettrificato. E è lui stesso a tener carica quell’elettricità. Lo spiega sua moglie Ilary Blasi: Francesco ancora oggi fa ogni giorno sacrifici sulla sua dieta, a Trigoria lavora sul suo fisico più di tutti.
Pensateci, non è banale. Il calcio di oggi è velocissimo e non intelligentissimo, pensate per esempio al tramonto del numero dieci come ruolo, o a quanto spingono in avanti i difensori. Spettacolo e marketing, corpi tirati allo spasimo fin da giovanissimi, menischi e tendini, pubalgie e fragilità psicologiche, accecamenti interiori da riflettori e flash, tirano ad annientare le qualità che sarebbero proprie e ideali dello sport. Si dura poco, molto meno dell’epoca in cui Totti ha cominciato a essere un campione.
Per essere bandiera bisogna capire come il tempo che passa agisce sul fisico, gestire il proprio corpo, restare saldi, prendersi cura del pubblico, eccitare gli animi ma non farsi bruciare, insomma essere intelligenti. Condottieri si nasce. Prendiamo per esempio altri due grandi campioni, che hanno compiuto quarant’anni in questi giorni. Ronaldo, uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, ha ceduto nel 2011 dopo un lento declino. Shevchenko, nel 2012, anche lui senza gloria. Francesco Totti è ancora qui, ha ancora un ferro in una gamba, ricordo di una brutta frattura: non volle farsi operare per toglierlo perché voleva partecipare al mondiale (vinto dall’Italia) del 2006. E dopo, neppure, cosciente che i tempi di recupero avrebbero messo in forse il suo ritorno.
Il ferro è ancora lì. Perché la Roma per Totti non è un posto di lavoro, una fonte di guadagno e di successo, ma è tutta la sua vita, una vita da primo romanista di Roma. Nella storia del calcio ci sono pochi esempi di giocatori che si sono avvicinati al condottiero. Uno è Ryan Giggs, colonna del Manchester United. Però è gallese, non inglese. O Javier Zanetti dell’Inter: grande per serietà e abnegazione, ma con meno talento e poi… è argentino.
Nella Juventus, nessuno. Perché nella Juventus conta la Juventus, né Zidane, né Del Piero, né Buffon, nemmeno Platini hanno incarnato totalmente la squadra o la città. L’unico che mi viene in mente davvero simile a Totti è Paolo Maldini. Però, anche in questo caso, è stata una grandezza aiutata dalla grandezza del club.
La Roma non è una grande squadra, non ha un palmares all’altezza di spingere un Totti. È invece vero il contrario, è questo a essere inimitabile. Francesco Totti continuerà a giocare e a renderci felici per un bel po’, e sapete perché? Perché è come i Rolling Stones. Non ha bisogno di soldi, non ha bisogno di nulla. Fa quel che fa perché sì, perché lui è quella cosa lì, il sangue della Roma. Finché ci sarà il pubblico, gli Stones suoneranno rock n’ roll. Finché ci sarà il pubblico, Totti entrerà in campo, in un minuto qualsiasi di una qualsiasi partita, e tutti si saranno già alzati in piedi, senza neppure essersene accorti.