televisione

Il disperato bisogno dell'outing

Il telebestiario di Francesco Specchia

13 Feb 2006 - 22:35

In anni che cerchiamo (spesso senza riuscirci) di dare tono intellettuale e dignità semantica ai nostri pensieri non abbiamo ancora capito la differenza fa “outing” e “coming out”. Comunque sappiamo che va di moda farlo, e basta.

Il disvelamento delle proprie abitudini sessuali –qualunque esse fossero- un tempo era una cosa intima, pudicamente discreta. Troppo forse, ma . Oggi, dopo Brockback Mountains, il nostro postino, la nostra vicina di scrivania, il commercialista, perfino il prestinaio all’angolo, si sentono in dovere di utilizzare le proprie performances erotiche come simpatico argomento di conversazione. Beninteso, avendone noi pochine, di performances erotiche; ed essendo noi uomini antichi, la prima impressione è che l’imbarazzo sul tema sia frutto di sana invidia.

La qual cosa è vera, per carità. Ma la seconda impressione è che, a sentire che Eva Langoria s’è infatuata del proprio vibratore; che Sylivie Lubamba è usa baciare cantanti liriche in discoteca; o che Clemente Mastella sia arrivato vergine al matrimonio (“Non è stato facile, quando insegnavo alle magistrali, le ragazzine con le minigonne facevano a gara per mettersi in fila…”. Accade lo stesso oggi, solo che al posto delle ragazzine ci sono deputati in fregola proporzionale) ; ecco, a osservare tutto ciò, subentri una strana sensazione. Con tutto questo florilegio di sessi, questo ipercazzeggio, quest’epifania di rivelazioni lievita in noi, leggero e altero, un chissenefrega grande come il fondoschiena di Britney Spears (la cui superficie, è in predicato per la denominazione di “contea”) . Tra le due impressioni, di solito, è la seconda quella che conta. Dunque, chissenefrega.

E, badate, non si tratta solo di Stefania Rocca che su “Chi” afferma: “Amo le donne come gli uomini”, o di Gianna Nannini che si dichiara bissessuale o di Cecchi Paone che sulla propria omosessualità prima ci ha imbastito una campagna elettorale (persa) e poi ci ha scritto un libro (“A viso aperto”, Marsilio ). E può davvero interessare, inoltre – come romanza Platinette - che nella casa del Grande Fratello alberghi un transessuale? E una volta scoperto il trans, che fai, gli fornisci un santino di Vladimir Luxuria? Gli presenti Calderoli? Ti complimenti? Ed è davvero essenziale che un intellettuale come Aldo Busi legga poesie inarrivabili vestito di piume di struzzo come Madame Royale? E siamo sicuri che il puntare sull’ambiguità sessuale, sulla supremazia sull’ “alta froceria” (quella snob ed irritante) giovi ancora alla causa, se ancora, di causa, ce ne fosse una?

C’è un modo nelle cose; l’eccesso –da ogni parte lo si rigiri- dopo un po’ stucca. Guardate “Cronache marziane”, ex gioiellino di Italiauno. Era un programma dirompente, da 2milioni di spettatori, finché era rivolto anche agli etero. Una volta scivolato nel recinto concluso del programma per gay è sceso a 800mila spettatori (a qualsiasi orario lo si piazzasse), ed è stato chiuso. Giustamente.

L’amico Alessandro Golinelli è un gay solido e militante; ogni volta che mangiamo una pizza insieme, ci informa della gayezza di insospettabili, noi inghiottiamo e lui si insiste sulla caducità del virilismo, e senza ricorrere ai soliti Achille e Patroclo o Platone e discepoli. Bè, Golinelli odia da sempre lo scheccheggiare in tv; e quando guarda i “Magnifici Cinque” su La7 ha improvvidi atttacchi d’orticaria. E l’ottimo Daniele Scalise –autore delle pregevoli rubriche Gaywatch e Froci- è il primo a gridare trasgressivamente : “Troppi froci in tv!”.

Ora se la dicesse un leghista la cosa puzzerebbe d’omofobia, ma se l’affermano intellettuali come i sopraccitati, il vibratore della Langoria e il vibrato di Busi si ridimensionano. Certo, uno sussulto del telecomando può sempre portarci su Anna La Rosa, ma, in quel caso, si schiudono nuovi orizzonti etici…

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