Zelig, Parassole: la mia metamorfosi
Il suo Pistolazzi è il meccanico più famoso d'Italia, quello, per intenderci, che si è fatto paladino delle "vittime" nelle strade cittadine degli ausiliari del traffico. Diego Parassole torna sul palco di Zelig Circus e cambia pelle, "perché Pistolazzi nasceva come personaggio legato al mondo della satira sociale e poi è diventato luomo qualunque che parla solo dei vigili. Si rischiava di rimanere imprigionati in un cliché", racconta a Tgcom.
Nelle scorse edizioni di Zelig Circus dava corpo al personaggio di Pistolazzi, sempre alle prese con i vigili e gli ausiliari del traffico, questanno cambia pelle?
Sì, ma non è tanto un discorso di abbigliamento, semplicemente io sono nato come monologhista, poi siccome la tv di oggi ti porta ad avere tempi sempre più veloci e ti richiede di essere subito riconoscibile, cosa cè di meglio di un giubbino ad alta visibilità?
Oggi non c è più bisogno del giubbino?
No, un po perché la mia faccia in questo periodo è sui manifesti di R 101 che tappezzano un po tutte le città dItalia, un po perché Pistolazzi nasceva come personaggio legato al mondo della satira sociale e poi è diventato luomo qualunque che parla solo dei vigili. Si rischiava di rimanere imprigionati in un cliché.
Le differenze tra Pistolazzi e Diego Parassole.
Pistolazzi è e resta un punto di vista, quello delluomo qualunque, della persona che vive la realtà di tutti i giorni, spesso subendola, ma che non ha voglia di arrendersi, forse non è colto ma sicuramente non è scemo e continua a vivere in radio. Diego Parassole è un po meno ingenuo, un po più colto, ma in fondo non ci sono tantissime differenze, perché in genere sono gli attori che entrano nel personaggio, nel caso di Pistolazzi, è il personaggio che è entrato in me.
Con quale formula alchemica?
Mettiamola così: Diego Parassole è un Pistolazzi con la voce meno rauca, senza tormentoni, e senza giubbottino. Tra laltro io non ho mai amato i tormentoni, i miei modelli sono i monologhisti tipo Grillo, Paolo Rossi. Ma non diciamolo troppo, primo perché è impossibile reggere il confronto con loro, secondo perché se qualcuno si accorge che nei miei pezzi cè un contenuto che va la di là della risata rischio di dovermi rimettere addosso il giubbottino.