televisione

Salvate il soldato Mimun

Telebestiario di Francesco Specchia

22 Feb 2006 - 11:53

Nel patronimico del direttore del Tg1 Clemente J. Mimun la “J” sta per Jackie, come Jackie Coogan, il Monello del film omonimo che a forza di vetri sfasciati e intemperanze faceva venire l’orchite al povero Chaplin. Un rompicoglioni, in sintesi. Le malelingue –soprattutto quelle che albergano a Saxa Rubra- suggeriscono che nel nome di Mimun vi sia il suo destino. Può essere.

Clem Mimun non ha l’aplomb da galantuomo del predecessore Albino Longhi, né l’intuito democristiano di Bruno Vespa, neppure l’allure di Carlo Rossella. Clem, che è un esperto di fumetti, assomiglia a J.J. Jameson (sempre la “J”…), il direttore disumano del Daily Bugle che odia l’Uomo Ragno, baffetti compresi. Non è simpaticissimo, Clem.

Il suo carattere è come un istrice dopato in una spiaggia di nudisti: se ti punta ti marchia. Noi stessi abbiamo ancora sulle pelle le tracce della lettera di “parziale” rettifica ad un’intervista (ricontrollata sillaba per sillaba) che gli facemmo in uno dei suoi rari momenti di debolezza.

Ciò detto Mimun è un giornalista possente e a prova di fucilazione. E’ bravissimo. E’ uno che da fattorino del Messaggero ha scalato tutti gradini tamponandosi il sangue dal naso e scrostandosi la merda dalle unghie, e v’assicuriamo che nel giornalismo la materia non difetta. Pur ufficiosamente vicino al Polo Clem, ottiene mostruosi risultati d’audience che gli hanno consentito di mantenere la cabeza con tutti i governi possibili, mentre i suoi colleghi venivano falciati ad ogni tornata elettorale.

Il fatto che oggi parte dell’Ulivo ne invochi le dimissioni è assai curioso. Enzo Carra, Sergio Bellucci o Beppe Giulietti (che sottolinea che Fazio, Dandini e Cornacchione sono fuori dalla tv, mentre Mimun è dentro. Che c’entra? Se vogliamo fare la battuta Anna La Rosa, per esempio, è dentro pure lei…) accampando la scusa che Clem poteva fermare lo spogliarello di Calderoli che mostra la maglietta, ne pretendono il testone.

Ora, a parte che la bischerata di Calderoli dimostra solo che il ministro aveva dei problemi coi tessuti e con se stesso; ma non significa che tutto il mondo musulmano aspetti con ansia che un dentista di Bergamo si slacci la camicia. A parte questo, dicevamo, ci provino loro, Carra, Giuletti e Bellucci ad avvicinarsi all’istrice zeppo di novocaina e peyote, invece di passare la palla al mite Alfredo Meocci che ha già i suoi problemi.

Dice: ma Calderoli poteva essere fermato. Già, e che cavolo doveva fare Clem, saltargli addosso al primo bottone slacciato e ricoprirlo con un burka? Dice: ma la provocazione non era in diretta, si poteva tagliare. See, vabbè. Anche ammettendolo, se su cinque minuti del “Dopo Tg1” tagliavi lo strip mostruoso del leghista, che cosa mandavi in onda? Il resto del suo discorso? Quale resto? Soprattutto quale discorso (discorso compiuto, intendiamo…)? Dice: ha urtato l’Islam. Ora, se c’è una cosa di cui non si può umanamente accusare Clem, è di insensibilità religiosa.

Mimun è ebreo praticante, la Torah e la Lazio per lui sono intoccabili; e il razzismo religioso in lui sarebbe un ossimoro. Eravamo alla “Voce” di Montanelli quando il grande Direttore Indro –sempre sia lodato- pubblicò, sbagliando, un fotomontaggio di Clem vestito da nazista, proprio Clem la cui famiglia aveva subito l’Olocausto. S

i incazzò come una bestia, giustamente. Proprio in virtù di quest’ansia religiosa, Clem fu il primo a condannare le famose vignette danesi anti Maometto, peraltro roba bruttissima che in Italia non troverebbe spazio neanche in un catalogo del Postal Market. Se proprio bisogna far fuori Mimun, si dovrebbe farlo dopo le elezioni, sfruculiandolo sui risultati. Che, inciso, sarebbero quasi sempre a suo favore.

La sua intervista secca e veloce a Prodi, per esempio, è da manuale di giornalismo. Una cosa però bisogna rimproverare a Mimun: il fatto di non essere tornato in video prima, e di non averci risparmiato, a quell’ora, la lenta agonia offerta da Berti, ossia dall’uomo che rappresenta borgesianamente il concetto di rovina circolare. Circolare come l’orbita creata dagli zebedei dei suoi ex telespettatori, prima di cascare, stremati, sulla nuda terra dei padri. Altro che “J”.

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