Sui costi tante voci e nessuna certezza
di Domenico CatagnanoMa quanto costa questo Festival? Le cifre rimbalzano e si rincorrono, visto che la Rai invoca la privacy e quando si tocca l'argomento le bocche si cuciono. Secondo Panorama alla fine la tv di Stato spenderà tra i sette e i nove milioni di euro. Sempre per il settimanale, il conduttore Giorgio Panariello (che firma il Festival anche come autore, oltre che esserne anche direttore artistico) porterà a casa quasi un milione di euro, mentre le sue due vallette Ilary Blasi e Victoria Cabello percepiranno rispettivamente 80mila euro e 100mila euro (anche se il Giornale aveva parlato di 500mila per l'una e 400mila per l'altra).
Cachet di 100mila euro anche per l'altro direttore artistico del Festival Gianmarco Mazzi, mentre i cantanti avrebbero come compenso 40mila euro a titolo di rimborso spese.
La toccata e fuga (malriuscita) di John Travolta sarebbe costata quasi 400mila euro, 300mila sarebbero pronti per Orlando Bloom, 200mila per John Cena. Laura Pausini percepirebbe 100mila euro, 150mila costerebbero i duetti Ramazzotti-Anastacia e Aguilera-Bocelli.
Tanti bei soldini, insomma, e a lievitare i costi avrebbe contribuito anche la scenografia da Oscar di Dante Ferretti, ma il capostruttura Rai Gianpiero Raveggi aveva smentito ("I costi sono ben diversi, sono cifre buttate lì, destituite di ogni fondamento") e messo le mani avanti: "Quasi integralmente gli introiti della pubblicità servono a pagare il Festival, che è ancora una manifestazione vantaggiosa per l'Azienda". E allora perché non essere trasparenti se considerate le entrate i costi dovrebbero essere coperti?
Mauro Paissan, per il Garante della privacy, aveva invitato a squarciare il muro d'omertà. Sentite un po' che aveva detto: "Il Garante ha sempre affermato il contrario. I concessionari di servizi pubblici, come la Rai, possono rendere conoscibili i compensi a chiunque vi abbia interesse, compresi i giornalisti. A volte, rispetto alla riservatezza del singolo prevale il dovere alla trasparenza. Dovere proprio in particolare di chi, pur operando secondo norme privatistiche, svolge un' attivita' avente una particolare connotazione, come quella del servizio pubblico radiotelevisivo".
Macigni, insomma, che i vertici Rai ingoiano neanche se si trattasse di acqua fresca. Giuseppe Nava, capo ufficio stampa di Viale Mazzini, taglia corto: "Noi siamo per metà servizio pubblico e per metà a partecipazione privata. Siamo una società in regime di concorrenza. Le grandi società private non comunicano cifre e noi ci adeguiamo a questa posizione". Chiaro? Appuntamento, quindi, alla prossima indiscrezione.