La giovane attrice napoletana è la rivelazione della fiction "Buongiorno, mamma!" con Raoul Bova. Tgcom24 l'ha sentita
di Massimo LongoniC'è una debuttante che ha saputo subito farsi notare nella fiction "Buongiorno, mamma!", in onda ogni mercoledì in prima serata su Canale 5. E' Elena Funari, che interpreta Francesca, la figlia più grande di Raoul Bova. Per la Funari è il primo ruolo di rilievo. "Ho studiato per fare l'illustratrice - racconta a Tgcom24 -. Un incidente mi ha cambiato la vita, ho capito che la recitazione era il mio destino".
"Questo è stato il mio primo set - racconta -. Emozionante all’inizio, all’inizio a tratti terrorizzante. Mi sono ritrovata ad avere un ruolo quasi da protagonista alla prima esperienza. Ho dovuto imparare tutto velocemente e sul campo. Anche a livello tecnico. Mi hanno aiutato molto il regista Giulio Manfredonia e i miei compagni di viaggio. Siamo diventati subito amici e loro, che avevano già lavorato tanto, mi rassicuravano, soprattutto quando mi facevo mille problemi e temevo di non star facendo bene".
Cosa ti ha colpito del personaggio di Francesca?
Francesca mi ha appassionato sin dalla lettura della sceneggiatura. Sono stata colpita da questa famiglia che vive in simbiosi. Lei è diversa di me. Molto attenta alla famiglia, suo malgrado, in quanto la donna più grande della casa. Io per fortuna mi sono potuta godere la mia adolescenza. Lei ne sente il peso e la responsabilità, deve controllare tutto, pretende che tutto sia in ordine, perfetto. Quindi anche se soffre internamente per questa giovinezza mancata, cerca di mantenere un contegno.
La distanza che ti separa da Francesca nel tuo modo di essere è stata una difficoltà per calarti nel ruolo?
In realtà sono entrata nei suoi panni in maniera molto naturale perché l’ho capita. All’inizio può sembrare una a cui dire "fai anche meno".... Poi però capisci che la muove una spinta interiore. E' talmente fragile in fondo che non puoi non empatizzare con lei. Anche stare nella casa, iniziare a muovermi sul set, prefissarmi i compiti che lei aveva, mi ha aiutato tantissimo.
E con Raoul Bova sul set come è andata?
Raoul è una persona molto carina. Era l'unico uomo adulto tra di noi quindi ha preso automaticamente la figura dello zio. Sul set scherzavamo, stavamo in comitiva. L’ho visto come una figura paterna. Era presente e protettivo. Noi abbiamo molte scene insieme, capitava che ci confrontassimo. Lui era sempre molto disponibile e mi ha aiutato molto.
In questi confronti avete cambiato un po' i vostri personaggi rispetto a come erano stati pensati sulla carta?
Inevitibilmente qualcosa di nostro nel personaggio entra. Il testo è la base solida su cui possiamo lavorare ma le emozioni devono essere reali e te stesso.
Nel tuo profilo Instagram ti definisci "Partigiana del Vago, invasata del forse". Ci spieghi questa definizione di te?
E' una citazione del filosofo Emil Cioran, dall'opera "Sillogismi sull’amarezza". Questa mi ha colpito perché da un lato sono molto sulle nuvole e dall’altro questo "vago" e questo "forse" vengono perseguiti. Credo che il dubbio perché accadano le cose vada in qualche modo alimentato.
Che studi hai fatto?
Prima di iniziare a studiare da attrice ho fatto il liceo linguistico e poi psicologia all’università. Ma ho lasciato dopo non molto per fare l’illustratrice allo IED di Roma, dove mi sono laureata. Ho lavorato qualche mese ma ho capito che non faceva per me perché era una professione troppo solitaria, non mi appagava appieno. Immaginarla come lavoro mi frustrava.
E la recitazione come è entrata nella tua vita?
Il guizzo è partito perché il giorno della mia laurea ho fatto incidente in macchina molto brutto. Tra ricovero e convalescenza sono stata un anno ferma. In questo periodo di riflessione ho detto che dovevo cambiare. Non avevo voglia di disegnare, non avevo voglia di nulla. Ho deciso di tornare a Roma e iscrivermi a una scuola di teatro. Poi da lì sono passata al Centro sperimentale di recitazione. E subito dopo è arrivata l'occasione per "Buongiorno, mamma!". Un vero incontro predestinato.
Credi al destino?
Sì, ci credo. Ho anche un tatuaggio con scritto "amor fati", "l'amore del fato", un'espressione legata alla teoria dell'eterno ritorno del filosofo Friederich Nietzche.
Questo amore per la filosofia da dove nasce?
Ho sempre letto molto. Quando ci si fa delle domande si cercano le risposte. Io di domande me ne faccio anche troppe. Però piano piano, nel "vago" e nel "forse" si possono trovare le risposte.