SU CANALE 5 DALL'8 GIUGNO

L'eroica storia de "L'Ora", Claudio Santamaria: "Per non dimenticare il giornalismo che ha combattuto la mafia"

Da mercoledì 8 giugno va in onda in prima serata su Canale 5 la fiction "L'Ora - Inchiostro contro piombo". Tgcom24 ne ha parlato con il protagonista

di Massimo Longoni
07 Giu 2022 - 12:36
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© Ufficio Stampa Mediaset
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Parte mercoledì 8 giugno, in prima serata su Canale 5, "L'Ora - Inchiostro contro piombo", la nuova fiction che racconta le vicende del quotidiano di Palermo che si distinse a partire dagli anni 50 per le inchieste sulla mafia. Protagonista della serie di 10 episodi in 5 serate, è Claudio Santamaria, che interpreta il direttore del quotidiano Antonio Nicastro, ispirato alla figura di Vittorio Nisticò, direttore de "L'Ora" dal 1954 al 1975. "Su un tema così importante si è chiamati in causa anche come cittadini - dice Santamaria a Tgcom24 -. Pur essendo ambientata negli anni 50 questa fiction parla tantissimo ai giorni nostri. Questo è un tema troppo spesso dimenticato, mentre l'attenzione andrebbe mantenuta sempre viva".

La serie scritta da Ezio Abbate e Claudio Fava, con la collaborazione di Stefano Lorenzi e Riccardo Degni, è liberamente ispirata al romanzo "Nostra Signora della Necessità", scritto da Giuseppe Sottile, che a "L'Ora" lavorò dal 1968. Lo spunto di partenza della fiction sono eventi realmente accaduti tra la fine degli anni 50 e l'inizio dei 60, quando il giornale fondato dalla famiglia Florio e da sempre di indirizzo progressista, iniziò a focalizzare la propria attenzione nelle inchieste sulla mafia, fino ad allora un fenomeno criminale che per molti nemmeno esisteva al punto che la parola "mafia" non era mai stata scritta su un quotidiano. Per ricostruire quegli anni i registi Piero Messina (che è anche supervisore artistico), Ciro D'Emilio e Stefano Lorenzi, hanno puntato su una produzione di alto livello, dal taglio cinematografico e che presenta una Palermo lontana dai classici stereotipi. "Appena letta la sceneggiatura e saputo da chi sarebbe stata diretta la fiction, ho detto sì senza dubbi - spiega Santamaria -. Su un tema così importante si è chiamati in causa anche come cittadini. Pur essendo ambientata negli anni 50 parla tantissimo ai giorni nostri. Questo è un tema troppo spesso dimenticato, mentre l'attenzione andrebbe mantenuta sempre viva".

In questa vicenda si racconta di un giornalismo quasi eroico, che non guarda in faccia nessuno e non ha paura di mettersi in gioco anche a rischio della vita. 

E' una storia che riporta questo mestiere alla sua essenza più pura, quella di un giornalismo fatto di impegno civile. Citando Pippo Fava, uno dei primi intellettuali uccisi dalla mafia e padre di Claudio, autore della sceneggiatura, quanto è importante l'informazione che abbia un concetto etico. Serve come risveglio per l'opinione pubblica e come sprone alla politica e alle forze dell'ordine perché facciano sempre meglio. 

Una fiction che arriva proprio in un momento storico in cui in Italia l'informazione vive una grossa crisi di credibilità e i giornali si leggono sempre meno.

Sarebbe bello se il pubblico dalla fiction riscoprisse anche il valore dell'informazione di un certo tipo. Abbiamo visto in tempo di Covid quante fake news e quanti informatori improvvisati si sono fatti strada. E' un problema gravissimo. Per quanto mi riguarda l'informazione giusta deve instillare il dubbio, non ragionare per assoluti. Non mi piace il giornalismo che si fa la guerra per fini personali. La deontologia dovrebbe essere sempre ben presente. Altrimenti finiscono con l'essere infangati anche i bravi giornalisti che continuano a fare questo lavoro in modo serio e appassionato, spesso in realtà locali.

Il personaggio del direttore guarda alla figura di Vittorio Nisticò anche con dettagli caratteristici (beveva solo latte per un'ulcera e fumava decine di sigarette - ndr) ma allo stesso tempo in parte se ne discosta. Cosa hai messo di tuo per costruire il personaggio di Nicastro?

Come il vero direttore de "L'Ora" Nicastro è un personaggio impegnato nell'incessante ricerca della verità. E' uno burbero, che taglia corto dritto all'obiettivo, al centro mette sempre la notizia anche a costo di rovinarsi rapporti sociali e vita privata. Per costruirlo ho parlato con Giuseppe Sottile e anche con Giuseppe di Piazza, che pur in tempi diversi hanno lavorato all'Ora. E poi ho cercato di trovare in me il fuoco sacro cercando di attingere ad alcuni tratti che mi accomunano al personaggio, come il rifiuto dell'ingiustizia.

La Palermo che vediamo nella fiction è lontana da certi stereotipi, e sempre muoversi tra passato e presente anche nella ricostruzione scenica. 

E' stata una scelta precisa, anche per quanto riguardi i costumi che sono fedeli a ricostruzione d'epoca ma hanno anche un riadattamento all'appeal moderno. D'altro canto quando ricostruisci qualcosa di molto tempo fa se non parli al presente è inutile.

Hai lavorato molto al cinema ma ogni tanto affronti anche serie tv. Come cambia il tuo approccio nei due contesti?

Il mio principio di scelta ricade sempre su progetti che mi piacerebbe vedere. Nella serialità a volte hai un po' meno tempo per girare e al contempo i pezzetti del mosaico sono di più e devi essere sempre presente nella storia. Devi stare attento che il quadro generale non sfugga di mano. E quindi è necessario prepararsi molto bene. Inoltre impari a convivere di più con il personaggio e devi trovare sempre nuova legna per far sì che non si smonti un po'. 

Il nostro cinema dopo due anni di pandemia sta vivendo un momento molto complicato. Cosa ne pensi? 

Complicato è un pallido eufemismo, il momento è drammatico. Io vedo sale storiche che chiudono, tanti film realizzati che non si sa se avranno una distribuzione e se saranno visti. Dobbiamo aspettare la prossima stagione per capire come evolverà la situazione. Quella del cinema è un'esperienza magica collettiva. Noi adulti sappiamo cosa significhi, la mia paura è per i ragazzi, quelli che sono rimasti a casa bloccati dal lockdown, magari quando avrebbero dovuto fare il primo anno di liceo, che è un momento di passaggio fondamentale. E proprio a quell'età il cinema è un'occasione di aggregazione importantissima, i grandi numeri spesso li fanno i ragazzi. 

Come si esce da questa situazione?

Bisogna spingere, anche la scuola dovrebbe fare la sua parte. Portare i ragazzi al cinema, ritirare i cellulari all'ingresso e far loro vedere un film in sala. Quando vedo gente che guarda un film sul cellulare mi viene voglia di buttarglielo nel fiume. La sala cinematografica, con il grande schermo e le emozioni vissute insieme dagli spettatori, sono un'esperienza irripetibile. Bisogna tornare a far capire il valore della condivisione.    

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