Convocata dalla nazionale di pugilato non può partecipare alle competizioni internazionali perché non ha la cittadinanza
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È la più grande promessa della boxe femminile italiana ma ha un grande ostacolo davanti a sé: è nata a Tunisi. Sirine Charaabi, diciott'anni il 7 maggio scorso, vive in Italia - a Caserta - da quando aveva due anni e a cinque ha iniziato a calcare il ring, ottenendo un successo dopo l'altro. Sirine studia e vuole al contempo portare avanti la sua grande passione, gareggiare ai mondiali di pugilato che si terranno in India a novembre, farlo indossando la maglia azzurra. Un sogno che non si potrà realizzare perché, nonostante abbia fatto regolare richiesta e per lei si sia mossa anche la società pugilistica italiana, non è ancora cittadina del nostro Paese.
È facile tornare con la mente al caso analogo del 1983, quando Sandro Pertini concesse la cittadinanza al campione di boxe Nino La Rocca ("the italian Alì", come lo chiamavano gli americani), e al più recente appello del campione di atletica leggera Yassine Rachick, che due anni fa ottenne una risposta favorevole al suo appello da parte di Sergio Mattarella. Oggi il Presidente della Repubblica potrebbe ripetere il gesto e consentire a Sarine di vivere il suo sogno. "Potrebbe portare davvero in alto il nostro tricolore" sono le parole dell'allenatore Giuseppe Perugino. "Non è solo forte, è fortissima. Si allena la mattina dalle sei alle otto, poi va a scuola e alle due è qua, tutti i giorni. La sua è una boxe di spettacolo".