Toscano, 32 anni, a Tgcom24 ha raccontato gli anni bui che hanno preceduto il suo successo: "Bisogna avere il coraggio di parlare"
di Alessandra ParlaQuando chiamiamo Riccardo Moratto su Skype per fare due chiacchiere, a Taiwan è già sera. Riccardo ha appena concluso la sua giornata lavorativa passata tra aule universitarie e studi tv. È lì che questo ragazzo di 32 anni, originario di Piombino (Livorno), ha trovato la sua dimensione dopo aver combattuto per anni i soprusi dei bulli. In Italia probabilmente nessuno ha mai sentito parlare di lui, mentre a Taiwan tutti lo riconoscono come una star. A rendere tale Riccardo non sono stati solamente i riflettori orientali, ma soprattutto la determinazione, la forza d'animo e la volontà di dimostrare a chi per anni si è divertito a prenderlo in giro che, nonostante tutto, chi vale davvero riesce a farcela sempre e comunque.
Riccardo, la rivincita te la sei presa in Cina, dove sei diventato famoso. Di cosa ti occupi esattamente?
Lavoro come presentatore televisivo, professore universitario, interprete simultaneo e scrittore. Nel giro di due anni sono diventato il primo italiano a condurre un programma televisivo a Taiwan e a pubblicare nella cosiddetta Greater Chinese Area (Taiwan, Malesia, Hong Kong e Singapore) un libro in cinese interamente scritto da me, il cui leitmotif è la mia storia, il viaggio spirituale e il percorso di crescita che dall'Italia mi ha portato fino in Cina, nonché alcune mie opinioni su problematiche socio-culturali nella società cinese di oggi.
Come mai hai deciso di stabilirti a Taiwan?
Avevo già cominciato a lavorare come interprete di conferenza, quello che erroneamente viene definito traduttore simultaneo. Poi ho sempre avuto un rapporto molto conflittuale con la mia città natale, soprattutto negli anni del liceo. Sono stato oggetto di bullismo da parte di molte persone, bullismo che un paio di volte ha raggiunto picchi di aggressività tale che mi ha condotto sull’orlo della via del non ritorno. Per fortuna ne sono uscito forte e con la ferrea volontà di prendermi una rivalsa e di farmi un nome. Bene, ad oggi, me lo sono fatto in Cina.
Quanto hai sofferto per questa situazione? Ha influito sulla volontà di andare via dall'Italia?
Sia chiaro, io non sono scappato dai bulli. Sono andato in Cina per costruirmi un futuro, per studiare quello che mi piaceva. Non nascondo però che ho sofferto parecchio. Al quarto anno di liceo, all'età di 16 anni, ho avuto una tosse psicosomatica che mi ha costretto a passare tre mesi in ospedale. Sono sempre stato sensibile, andavo bene a scuola e mi bullizzavano perché erano gelosi. Una volta in gita hanno persino versato il liquore nella caldaia della stanza in cui alloggiavo. Ho avuto a che fare davvero con delle brutte persone.
Dopo la maturità hai deciso quindi di spiccare il volo.
Sì, volevo scoprire nuove realtà. Ho avuto la fortuna di vivere in Norvegia, Cina, America, Inghilterra, Irlanda, Scozia. A cambiarmi la vita è stata una borsa di studio del National Science Council di Taiwan che ho vinto nel 2008. L'anno successivo ho vinto un'altra borsa erogata dal Ministero degli Affari Esteri per un anno di studio in Cina e terminata questa esperienza, nel 2010, mi sono trasferito di nuovo a Taiwan per intraprendere il dottorato di ricerca in interpretazione di conferenza che ho portato a termine nel 2012.
Come sei arrivato sul piccolo schermo?
Nel 2011 un'amica americana che lavora in teatro mi ha detto che un suo amico produttore stava cercando nuovi volti. Io ho sempre nutrito un forte interesse per il mondo dello spettacolo e ho sempre visto la tv come una piattaforma per poter veicolare dei contenuti al pari dell'università, con l'unica differenza che il pubblico televisivo è molto più ampio. L'ho sempre vissuta come una "missione" da educatore. Probabilmente è questo che è piaciuto al pubblico.
Come ti ha accolto il pubblico di Taiwan?
Inizialmente ero inviso a molte persone, perché gli asiatici non sono abituati a gente che non la manda a dire. Devono sempre preservare la faccia, pur pensando e condividendo tante delle cose che dicevo non avevano il coraggio di manifestare il loro assenso. Il boom mediatico l'ho avuto nel 2015 in concomitanza con la mia pubblicazione di un articolo di linguistica sull'importanza della madrelingua che è diventato virale.
Hai detto che nel tuo libro hai analizzato problematiche socio-culturali nella società cinese di oggi. Quali sono?
Non è facile rimanere se stessi in una società che fondamentalmente tende sempre all'ipocrisia. Quella cinese però è un' ipocrisia diversa dall'Italia: non è di stampo e matrice religiosa, ma determinata a mantenere la faccia e l'armonia all'interno della società, che da Confucio in poi è sempre stata considerata come uno dei valori più importanti.
Adesso che hai realizzato i tuoi sogni e superato i traumi giovanili saresti pronto a tornare in Italia?
Sì, è nelle mie intenzioni. Qui a Taiwan mi sento di aver raggiunto tutto quello dovevo (e potevo) raggiungere. Anche se parlo il cinese, l'inglese, il francese, il norvegese, e lo spagnolo, io mi sento molto italiano. Sento che c'è bisogno della mia presenza in Italia, in cantiere ci sono dei progetti.
Tu che ce l'hai fatta, cosa vorresti a dire a quei ragazzi che si ritrovano a essere vittime di bullismo?
Che non bisogna avere paura. Che bisogna farsi avanti e avere il coraggio di parlare. Agli adulti dico invece: mai minimizzare i sentimenti altrui. Mai lasciar perdere. Si guarisce solo parlando e denunciando.