Era l'incarnazione dell'imperfezione della tv perfetta
di Domenico Catagnano© ansa
Riproponiamo uno degli articoli che avevamo scritto l'8 settembre di dieci anni fa, quando morì Mike Bongiorno
E' morto un immortale. Una contraddizione logica forse retorica, magari scontata se non addirittura banale, ma vera: Mike Bongiorno ha fatto la storia di questo Paese, per oltre mezzo secolo è come se avesse tenuto per mano intere generazioni di italiani. Era uno di casa, Mike, uno di noi.
Se la tv ha unito l'Italia, i quiz di Bongiorno ne sono stati un collante. Hanno rappresentato, l'uno dopo l'altro, la fotografia di una società che è cambiata, dalle macerie del dopoguerra fino alla ricostruzione e al Boom, dagli "anni di piombo" all'entusiasmo degli 80's fino alla rivoluzione tecnologica. Mike c'è stato sempre: una certezza, una garanzia, con la sua galleria di concorrenti più o meno probabili e le sue vallette più o meno mute.
Era amato, Mike, per quella sua capacità di parlare alla gente con semplicità, e pazienza se sparava qua e là uno strafalcione o inanellava qualche gaffe (e il dubbio rimarrà sempre: ma ci era o ci faceva?), lui cercava sempre di non andare sopra le righe, pronto a prendere il controllo della situazione con concorrenti o ospiti un po' troppo esuberanti.
Gli hanno dato del mediocre, del convenzionale, del sempliciotto, e potrà pure essere vero, ma senza sbrodolarsi in ricordi melensi ora che non c'è più, ci piace definirlo come un teorico e un pratico di quell'"aurea mediocritas" oraziana che incarna il "giusto mezzo" e rifiuta gli eccessi. Un modo di presentarsi e porsi che è riassunto il quell' "Allegria" che era diventato il suo marchio di fabbrica, un capolavoro di semplicità e immediatezza, sintesi estrema di un modo di fare televisione. Perfetto nella sua imperfezione, il nostro Mike rimarrà l'icona della vera tv popolare, magari superata nei tempi ma viva nella memoria.