Tgcom24 ha avuto l'occasione di ascoltare in anteprima i brani della 68.ma edizione del Festival
di Massimo Longoni© ipa
L'amore, certo, ma soprattutto il racconto dei nostri tempi e una riflessione, fatta in modi diversi, sul tempo che passa. Sono questi i temi portanti dei brani della 68.ma edizione del Festival di Sanremo, la prima targata Claudio Baglioni. Tgcom24 ha avuto modo di partecipare all'audizione in anteprima: poche concessioni al gusto radiofonico, una ricerca (non sempre andata a buon fine) di qualità e qualche gioiello. Queste le prime impressioni.
Baglioni lo ha detto chiaramente, nel commento post ascolto. La volontà era quella di affrancare il Festival da logiche "esterne", ed ecco quindi i 4 minuti di tempo limite, oltre la classica durata radiofonica, per dare modo a tutti di esprimersi senza troppi paletti. "Se vorranno poi le radio potranno mandare versioni accorciate" ha detto Baglioni che ha sottolineato come la "linea guida nel costruire il cast sia stata cercare tra i brani e tra gli interpreti che tutti avessero una riconosciuta carriera da interprete. Almeno un’altra ventina di canzoni da portare ma sarebbe dovuto portare una settimana in più".
Ma come sono le venti che invece hanno trovato spazio? Fatta la classica tara dovuta a un primo ascolto che lascia per forza di cose impressioni incomplete (e spesso fuorvianti pronte a essere ribaltate agli ascolti successivi), la discontinuità con gli ultimi Festival targati Carlo Conti appare evidente. Sul fronte della canzone di qualità, quasi più da Premio Tenco che da Festival, si possono mettere tranquillamente la coppia Avitabile-Servillo con la loro "Il coraggio di ogni giorno", una ballata dalle atmosfere folk mediterranee, con un bell’impasto di voci e un testo pieno di sentimento. Anche Diodato e Roy Paci presentano un pezzo inteso dove si interrogano sul ritorno a una vita vera, non mediata da telefonini, computer e social. Melodicamente è un brano in crescendo dove il ritornello è uno sviluppo organico della strofa, una cavalcata di grande impatto dove (si spera) l'apporto di Paci si potrà apprezzare dal vivo sul palco più di quanto non si riesca a fare su disco.
La sparuta presenza femminile punta più sull'eleganza che sull'energia. Annalisa, alla sua quarta partecipazione, cambia nuovamente pelle con "Il mondo prima di te", brano a tratti etereo che decolla sull'inciso, dove la cantante mostra tutte le sue doti vocali con naturalezza; Nina Zilli si traveste un po' da Anna Tatangelo e racconta di una donna che cambia in "Appartenere", un pezzo più classico rispetto ai suoi canoni, così come piuttosto classico, nel suo incedere melodioso, con inizio lento ed esplosione a metà brano, è "Non smettere mai di cercarmi" di Noemi. Elegante e a tratti autoironica Ornella Vanoni, in una canzone raffinata il cui titolo recita "Bisogna imparare ad amarsi" ma dove la frase chiave è "bisogna imparare a lasciarsi quando è finita".
Difficile pensare a un pezzo più "vecchio stile" di "Passame er sale" di Luca Barbarossa. Dall’uso del dialetto all'arrangiamemto dal sapore vagamente cinematografico con ampio uso degli archi nel ritornello, con un testo che traccia il bilancio di una vita, tutto riporta indietro a mondi musicali ormai sbiaditi. Mario Biondi sceglie la via più impervia, con una canzone come "Rivederti", dall'atmosfera fumosa da club dove snocciola su armonie non banali un testo jazz anche nella sua costruzione, con una metrica libera e niente rime.
Capitolo Pooh: tanto la canzone di Red Canzian che quella di Facchinetti e Fogli hanno marchiato a fuoco il mondo musicale da cui provengono. Più spinta "Ognuno ha il suo racconto" di Canzian, un rock robusto vagamente anni 80, più melodica "Il segreto del tempo", debitrice di qualche brano celebre anni 70. Come debitrice del mondo di David Bowie è "Lettera dal Duca" dei Decibel, ma d'altro canto il brano proprio a Bowie è ispirato e dedicato e quindi le citazioni, che si mescolano a qualche "ruggerismo", ci stanno. Sembra funzionare molto bene collaborazione tra Ermal Meta e Fabrizio Moro, dove la scrittura melodica del primo si incastra su un arrangiamento rock figlio del secondo, per un pezzo che parla di terrorismo e della voglia di non farsi condizionare la vita dalla paura.
Sul fronte gruppi i Kolors con in "Frida" reggono abbastanza bene il trauma del passaggio dall'inglese all'italiano. Si conferma la loro capacità di scrivere melodie di presa immediata anche se il mondo musicale a cui si rifanno qui appare un po' distante dal pop-funky nel quale sguazzano solitamente. "Arrivedorci" di Elio e le storie tese è un riassunto dolce-amaro (pur nella consueta ironia) di una carriera che volge al passo d'addio, mentre le Vibrazioni fanno... le Vibrazioni: un rock dalla ritmica rotolante con chitarre che ingentiliscono, potente e con ritornello di sicuro effetto anche in radio. Attenzione a Lo Stato Sociale: "Una vita in vacanza" tratta il tema del lavoro con ironia e leggerezza e il ritornello ha un tiro micidiale. Testo leggero per trattare temi seri e melodia trascinante: vi ricorda qualcosa?
Giovanni Caccamo in "Eterno" punta sull'intensità, con una canzone classicamente sanremese: inizio piano e voce, crescendo, e un testo semplice che resta in testa facilmente. Ne "La leggenda di Cristalda e Pizzomunno" Max Gazzè racconta di una storia d’amore con i crismi della leggenda. Il tono fiabesco e l'assenza di sezione ritmica ne fanno un pezzo epico e quasi operistico, non certo dal facile impatto al primo ascolto.
Melodie vagamente retrò anche per Renzo Rubino e la sua "Custodire".
Si chiude con "Almeno pensami". Unico brano ad aver strappato l'applauso della sala. Certo, la firma di Lucio Dalla su testo e musica potrebbe far pensare che a Ron piaccia vincere facile. Il punto è che il brano è un vero gioiello, delicato nella melodia e con un testo che spicca per la delicatezza delle "immagini" usate.