Sanremo 2023, i 28 Big in gara e le loro canzoni
© IPA | Articolo 31 - "Un bel viaggio"
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Si è tenuta l'audizione riservata alla stampa delle 28 canzoni in gara nella kermesse che prenderà il via il 7 febbraio. Tgcom24 c'era, ecco le nostre impressioni
di Massimo Longoni© IPA
Il Festival di Sanremo 2023 è quasi alle porte e, come ogni anno abbiamo ascoltato in anteprima i brani che saranno in gara, quest'anno ben 28 avendo portato a sei i Big che arrivano direttamente da Sanremo Giovani. Con Amadeus al terzo anno da direttore artistico la linea è tracciata su un generale appeal radiofonico dei pezzi dove però rispetto alle ultime edizioni sembrano predominare ballad e canzoni intimistiche. Nei testi la fanno da padrone, come sempre, l'amore e riflessioni personali, mentre poco spazio è lasciato a temi sociali o men che meno politici.
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Se nei brani degli ultimi Festival di Sanremo aveva predominato la leggerezza, adesso questa sembra essere evaporata. Quasi che gli strascichi del periodo pessimo vissuto con il Covid stessero arrivando solo ora. Non è un caso che se a predominare sono canzoni d'amore e racconti del sé, queste spesso sono in chiave dolorosa. Amori che finiscono, amori che si vorrebbe mai nati, ma anche compagni di viaggio poco piacevoli e di cui è necessario liberarsi, come la depressione. Non mancano i momenti di pura evasione, ma sono ridotti all'osso.
Nel complesso, complice anche il grande numero di canzoni, è difficile indicare sin da ora favoriti sicuri. Certo, Ultimo e Marco Mengoni possono sembrare un passo avanti, se non altro perché fedeli a se stessi, ma diversi brani potrebbe dischiudere le proprie potenzialità su più ascolti. Ecco comunque le nostre impressioni, consapevoli che tutto può ancora cambiare...
Per la sua seconda partecipazione a Sanremo, a ben 28 anni dalla prima, Grignani punta sul racconto di un figlio che ritrova il rapporto con il padre quando il tempo della vita sta per scadere, perdonando incomprensioni e mancanze. Mescolando rock e melodia e con un testo a cuore aperto e che non ha paura ad affrontare una canzone che richiede un certo impegno vocale.
Il gioco delle atmosfere anni 70 era andato così bene con "Musica leggerissima" che perché non ripeterlo? Il duo mette in questa canzone entrambe le proprie sensibilità, quella più di atmosfera e quella con il ritmo che fa battere il piede, ma in entrambe le situazioni tutto è permeato da una struggente malinconia di fondo. Ed è questo il segreto in fondo.
Per celebrare la reunion e al tempo stesso la prima volta sul palco dell'Ariston, il duo si presenta con un pezzo che sta alla larga dal repertorio più giocoso e alla cui scrittura ha collaborato Daniele Silvestri. Un hip hop meneghino dai tempi bassi e dai tratti biografici dove i protagonisti sono due ragazzi di strada che adesso "hanno la family" che dipende da loro e quindi non possono permettersi i colpi di testa di una volta. Corona il tutto un ritornello furbacchione e di cuore.
Si presenta come vincitore di "Sanremo Giovani", titolo che in passato ha portato fortuna a qualcuno. Il ragazzo ha personalità e una cifra subito riconoscibile. Il pezzo si snoda su una bella base elettronica ricca di sfumature e con un ritornello che fa crescere il brano in maniera esponenziale. Può farsi notare.
Altro ritorno importante e in qualche modo inatteso. Una sorta di preghiera laica dove la tensione è tutta rivolta alla liberazione dell'anima. Un brano di peso e ambizioso, dove l'orchestra potrà fare la differenza e in cui la Oxa non lesina in gorgheggi e dimostrazioni di estensione vocale. Al testo hanno collaborato Francesco Bianconi e Kaballà.
Un testo sull'importanza del rapporto con l'altro, l'unica arma con cui si può superare la fragilità in cui si può cadere in momenti bui, quando due solitudini messe insieme diventano invincibili. La ballad si muove su sentieri già battuti ma questo non toglie che possa essere d'effetto.
Benvenuti al circo di Rosa Chemical. Dai riferimenti a Vasco Rossi e Celentano a una spruzzata di orgoglio LGBTQ passando per un pastiche musicale che non disdegna un salto neomelodico, il rapper piemontese mette insieme un gioco in cui il caos può essere travolgente. E con il verso "le canzoni d'amore sono meglio stonate" ha già messo le mani avanti per le serate all’Ariston.
Torna a Sanremo dopo ventidue anni e lo fa con una canzone melodica dove l'impressione è quasi quella di un gioco per sottrazione. Niente sfoggi di tecnica, ma un brano d'amore lineare che sa molto di Anni 80 e di soul bianco, e con il ritornello che si chiude sul gioco di parole "Parole dette male, maledette". Se negli ultimi anni l'aggettivo "sanremese" non avesse perso di senso, con la sua morbidezza "Parole dette male" potrebbe farlo suo.
Per il suo esordio sanremese il ragazzo va sul sicuro appoggiando la sua delicata canzone d'amore su un giro armonico che nella sua semplicità fa sempre il suo effetto, tanto che lo hanno sfruttato a migliaia prima di lui, da Gino Paoli a Ed Sheeran. E un po' si sente...
Si presenta con i crismi dell'artista con l'album più venduto in Italia nel 2022 piegando la propria scrittura al contesto sanremese quel tanto che basta. Lo aiutano in questo Davide Petrella e un Dardust che ritrova la sua vena elettrodance (qualcuno ha detto "Andromeda"?). Voci campionate, un po' di rap e un po' di dance: la canzone si muove in un mondo sonoro caratterizzato da una bella dinamica e un ritornello va che come un treno. Sulla carta non manca nulla.
Parafrasando Elio e le storie tese, Ariete dimostra cosa vuole dire "essere cantautrice oggi". Firma il testo con Calcutta e costruisce un brano tutt'altro che banale a cui Dardust mette il vestito da sera. Moderna con gusto, può essere una versa sorpresa.
Arriva da "Sanremo giovani" e prova a farsi largo tra i Big con un brano i cui riferimenti a modelli di successo, da Mahmood ad Achille Lauro, sono palesi. Un brano generazionale con un pizzico di disillusione ("Triste vedere niente cambia col tempo") a cui manca ancora qualcosa per arrivare ai modelli di cui sopra.
Cantante dalle due anime, dopo aver presentato l'anno scorso quella più caciarona, con tanto di sfoggio di grande autoironia, torna al Festival con la faccia più malinconica per raccontare di un amore tormentato e che forse sarebbe meglio non fosse mai nato. Un brano classico, forse troppo.
La cantautrice siciliana si mette a nudo con una canzone che racconta la sua depressione post partum e la voglia di riappropriarsi della propria vita e del proprio corpo. Lo fa con un brano dalla base sintetica vagamente retrò che ha i suoi punti di forza nell'energico bridge in cui elenca le cose per cui vivere e nel ritornello ipnotico.
Strofa cadenzata, ritornello disteso con le vocali aperte e allungate. Anche qui siamo dalle parti degli Anni 80 sanremesi in una stagione di revival con un pizzico di modernità in spruzzate di autotune e troncature improvvise. Piacevole, con l'asso rappresentato dalla scrittura di Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari, e leggera come l'aria.
Fedeli a se stessi i Modà tornano con un pezzo che ha tutte le coordinate della scrittura più efficace di Kekko Silvestre. Una power ballad che affronta un tema delicato e importante qual è la depressione. Fossimo nel 2010 sarebbe tra le favorite. I tempi sono cambiati ma ha comunque tutte le carte in regola per farsi notare.
Tra i favoriti della vigilia, Mengoni prova a bissare il successo del "L'essenziale" con una canzone in cui mette insieme dinamica e qualità di scrittura. Inizio atmosferico, cassa dritta sulla seconda strofa, ritornello rallentato e romantico. L'effetto è assicurato ma arriva al primo ascolto. E sulla media distanza sanremese può essere persino un vantaggio.
Per lei garantisce Salmo, che non solo l'ha voluta nel suo album ma qui firma anche la musica del pezzo. Shari fa Noioso di cognome ma il suo brano è l'esatto opposto: "Egoista" è una ballad intensa e di classe, che evita ogni zuccherosità e che si dipana con grande energia. Da tenere d'occhio.
Le sorelle Iezzi per il loro atteso ritorno puntano sul divertimento e il ballo. Atmosfere disco, cassa in quattro e via in pista. Al di là del titolo (quasi) citazionista se la canzone l'avesse cantata Raffaella Carrà non ci sarebbe stato nulla da dire. E già questo per molta gente è tanta roba.
Sul palco poi ci saranno le tutine e le zeppe, ma la canzone scritta per loro da La Rappresentante di lista evita il repertorio di orpelli kitsch. Di falsetto neanche l'ombra ma in compenso una bella coralità che nella strofa ricorda i Pooh e poi si scatena nel ritornello che sa di Italo disco con uno sguardo malinconico. E che furbescamente si muove su tre parole che restano in testa dopo minuti zero.
Reduce da "Sanremo giovani" prova a farsi largo usando tutte le armi a sua disposizione: falsetti, autotune, parole macinate velocemente e, soprattutto, una cassa dritta che si porta a spasso il brano. L’impressione è che più che alle radio si guardi allo streaming. Piacevole intrattenimento con un tocco di leggerezza.
Inizio piano e voce, crescendo graduale, esplosione finale. Lo sai dall’inizio dove la canzone va a parare, ma la sua forza è che nonostante questo il brivido arriva lo stesso. Che si prenda o no la rivincita sul Sanremo perso sul filo di lana nel 2019, lascerà comunque il segno.
Se il male è il pasticcio che l'ha vista coinvolta nelle ultime settimane, il bene è questa canzone. Un testo fiume per un pezzo che rotola via che è un piacere su beat spezzati e un tappeto sonoro elettronico che va arricchendosi passo dopo passo. Un fluire dove strofa e ritornello si danno il cambio con naturalezza portando l'ascoltatore per mano.
Il ragazzo si inserisce di diritto nella categoria "giovani romantici". La sua è una canzone delicata che, anche se sorprende poco, ha più di un elemento per piacere al pubblico.
Dimenticati i successi estivi accanto a Fedez e Tanai si presenta forte di una canzone firmata da suo fratello Thasup e da Damiano dei Maneskin. Quello che ne esce non è forse ciò che uno si attende ma è comunque una ballad robusta di sicura presa il cui difetto maggiore è quello di mancare di un vero elemento di sorpresa.
Divertimento e provocazione, ritmo e ardite metafore sessuali ("Mi piace la tua bocca e "La spada nella roccia"). Il gruppo milanese può essere la mina vagante che rompe gli schemi e che soprattutto se ne frega dell'etichetta. Senza contare che la canzone è perfetta per ballare.
Accordi lunghi, tempi morbidi e il consueto gusto per la melodia del duo che qui racconta il passaggio di crisi vissuto dalla coppia. Allontanarsi sì, forse per un attimo, ma "comunque andrà l'addio non è una possibilità". Delicata e piacevole anche se forse meno originale rispetto ad altre loro uscite, proprio nel suo essere meno eretica potrebbe essere più funzionale in chiave sanremese.
La corsa di Elodie ha preso il via proprio da Sanremo, con il lampo che è stato "Andromeda" nel 2020. "Due" si inserisce nel percorso intrapreso da allora. Gli elementi ci sono tutti: stop and go ritmici, un ritornello circolare, melodia e sensualità. Ma al primo ascolto quello che manca è proprio il lampo che fa la differenza.