L'attore romano ha lavorato con D'Angelo in teatro fino agli ultimi anni, con lo spettacolo "Eravamo tre amici al bar"
di Massimo LongoniE' stato uno dei compagni di avventura all'epoca del "Drive In", ma ha anche lavorato con lui in teatro fino a quando il Covid non ha costretto a chiudere tutto. Sergio Vastano è stato legatissimo a Gianfranco D'Angelo e lo ricorda in maniera commossa. "Era una roccia, un confidente. Una persona di una generosità unica e dal grande talento - dice a Tgcom24 -. Di 'Drive In' è stata la vera colonna".
Dopo i tre anni passati insieme nell'epoca d'oro della trasmissione di Italia 1, Vastano e D'Angelo si erano ritrovati nel 2017, quando una sorta di reunion di quella magnifica avventura era stata messa in piedi per uno spettacolo teatrale. "Riuscimmo con un po' di sforzi a mettere su lo spettacolo - ricorda Vastano -. Ma era una produzione veramente difficile da sostenere: 10 artisti, 3 ballerine, tecnici... Alla fine non siamo andati oltre una serata a Novara. E' stato in quel momento che Gianfranco mi ha detto che avremmo dovuto fare qualcosa solo io e lui. Una cosa facile".
Ed è nato così "Eravamo tre amici al bar"?
Per me è stata una grande sorpresa perché erano anni che gli facevo la corte per fare uno spettacolo insieme ma lui aveva sempre un'agenda fittissima, con una se non due produzioni all'anno. Abbiamo pensato così di mettere in scena una cosa semplice, dove c'era anche grande spazio per l'improvvisazione, in cui Gianfranco era un maestro: due amici al bar che si raccontano delle cose, con un terzo amico che suona, Tonino Scala, e ogni tanto interviene, come portatore sano di battute.
Avete lavorato insieme praticamente fino a quando è stato possibile girare in teatro.
Prima del Covid avevamo in programma una piccola tournée, una serie di date. L'ultima che abbiamo fatto è stata ad Avola, in Sicilia, nel febbraio del 2020, dopodiché è arrivata la Pandemia e tutti i teatri sono stati chiusi. Quando hanno riaperto eravamo pronti a riprendere ma...
Cosa è successo?
Il 6 luglio mi ha chiamato, non potrò dimenticarlo mai. Mi ha detto che lo avevano ricoverato, che era stato molto male durante la notte e mi aveva invitato a rifare la scaletta. Ci siamo riorganizzati io e Toni, in attesa che Gianfranco potesse tornare, ma purtroppo non è stato possibile. Era una roccia, un confidente. Quasi un padre.
Il vostro legame è nato subito ai tempi di "Drive In" o è cresciuto nel corso degli anni?
Da subito, anche perché Gianfranco era sempre affabile con tutti, è stato fondamentale anche per smussare molti spigoli che, inevitabilmente, in un gruppo così emergono sempre. Per non parlare della sua generosità: negli anni del 'Drive In' noi abbiamo vissuto quasi come in clausura, con il gruppo degli artisti uomini sempre insieme. Abbiamo diviso il ristorante per cinque anni e non c'è mai stata la possibilità di pagare una volta: era sempre lui a farlo. Aveva una grande generosità e un po' le mani bucate, sempre pronto a dare una mano.
Sul set di "Drive In" com'era lavorare con lui?
Lui è stato la colonna attorno alla quale tutto prendeva forma. Per dire, mentre io ero in scena lui si stava preparando per travestirsi da Carrà. Poi c'era Faletti che faceva il suo numero e intanto Gianfranco si truccava da Pippo Baudo. E così via. Poi aveva delle capacità mnemoniche incredibile: era capace di imparare un monologo alla perfezione solo leggendolo mentre era al trucco. Con lui era quasi sempre buona la prima.
Come spesso accade però non ha ricevuto quanto ha dato e soprattutto gli ultimi anni gli hanno dato più di un'amarezza...
Ci sarebbe molto da dire ma preferisco non fare polemiche in questo momento. Posso dire che qualche progetto per la televisione c'è anche stato ma negli ultimi tre anni ci siamo trovati di fronte a un vero muro di gomma. Purtroppo oggi va così.
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