Secondo Free Academy, lo studente telematico grava sullo Stato molto meno di quello di un'università statale
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Benché l’Italia abbia un bassissimo numero di laureati (in Europa unicamente la Romania ha risultati peggiori), all’interno del bilancio pubblico il comparto universitario pesa in maniera significativa. Secondo l’ultimo rapporto dell’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), il Fondo per il finanziamento ordinario delle università ammonta a 9,205 miliardi di euro, che vanno a coprire più dei due terzi delle necessità degli atenei statali. Di questa somma, soltanto lo 0,73% (68 milioni di euro) è destinato alle università non statali, sia tradizionali sia telematiche.
Tipo ateneo | a.a. 2022/23 | % |
Statale (tradizionale) | 1.537.074 studenti | 80,5% |
Non statale (tradizionale) | 121.269 studenti | 6,35% |
Non statale (telematico) | 251.017 studenti | 13,15% |
Totale | 1.909.360 studenti | 100% |
Fonte: Mur (Ministero dell'Università e della Ricerca)
A giudizio di Aurelio Mustacciuoli, responsabile studi e ricerche dell'associazione culturale Free Academy, “limitandoci a considerare l’Ffo, lo studente di un’università statale ogni anno costa al contribuente ben 5.701 euro, mentre di media uno studente delle università private costa 195 euro. Se poi si considerano le università telematiche (lasciando quindi da parte gli atenei privati tradizionali: la Bocconi di Milano, la Luiss di Roma ecc.), le risorse che lo Stato destina alle università online ammontano a soli 2,8 milioni”. Questo significa che uno studente universitario telematico grava sullo Stato per la risibile cifra di 12,5 euro: lo 0,21% di quanto costa in media uno studente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, della Sapienza di Roma o della Federico II di Napoli.
La maggior parte delle università telematiche sono fondazioni, ma alcune di loro, quelle più “sotto attacco” da parte dei difensori dello status quo, sono società di capitali e quindi ogni anno versano somme considerevoli all’erario. Sempre ad avviso di Mustacciuoli, “considerando unicamente il gruppo universitario Multiversity (che è controllato dal fondo CVC Capital Partners e che include Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma) nel 2022 per le sole imposte dirette è stato registrato un esborso di 43 milioni di euro: il che significa che soltanto questi tre atenei online danno allo Stato ben quindici volte quanto tutte le università telematiche nel loro insieme ottengono in forma di Ffo”. Quindi vi sono ben 5050 studenti italiani delle università pubbliche che possono studiare grazie alle entrate fiscali garantite dal gruppo Multiversity.
Da questo punto di vista, una crescita degli atenei privati telematici, la cui retta è mediamente assai inferiore al costo che ogni studente comporta per le casse statali, condurrebbe non soltanto a un minor costo complessivo per ogni studente, ma aiuterebbe anche a ridurre l’esorbitante prelievo fiscale che grava sulle imprese, sulle famiglie e sui lavoratori.
In conclusione, secondo Mustacciuoli, “alla luce dei dati sopra riportati è chiaro che lo studente tradizionale costa allo Stato ben 5.701 euro soltanto per l’Ffo, mentre ognuno degli oltre 144 mila studenti di Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma (anno accademico 2022-23) porta alle casse statali 331 euro. Si tratta di cifre che devono far riflettere”.