I giudici tedeschi hanno salvato il QE pandemico ma hanno espresso riserve su quello messo in atto da Mario Draghi negli anni passati così la Commissione europea valuta adesso una procedura contro Berlino
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Con l’inizio dell’emergenza Coronavirus, la Banca centrale europea ha deciso di scendere in campo con un bazooka eccezionale: il quantitative easing da 750 miliardi di euro. Un vero e proprio piano di emergenza voluto dalla presidente Christine Lagarde che, dopo una prima gaffe, ha sottolineato che “non ci sono limiti all’impegno per l’euro da parte della Banca Centrale Europea”. Eppure qualche limite sembrava esserci secondo la Germania: tutto bene, comunque, perché la Corte Costituzionale tedesca ha confermato che il quantitative easing voluto dall’Europa rispetta le leggi federali del Paese, almeno quello recente legato all'emergenza pandemica. La Bundesbank può continuare a prendere parte attivamente al programma lanciato il 18 marzo. Ma la partita potrebbe non finire qui perché i giudici tedeschi hanno espresso riserve su quello messo in atto da Mario Draghi negli anni passati e perché la Commissione europea non ha gradito l'interferenza di un organo nazionale sull'operato di una istituzione comunitaria e non esclude una procedura contro la Germania. Facciamo un passo indietro e ricostruiamo brevemente quando e come è nato il quantitative easing, dalla sua prima fase all'attuale versione pandemica, e cerchiamo di capire perché oggi non piace a tutti.
La sua storia - Il quantitative easing (spesso abbreviato in QE e letteralmente "alleggerimento quantitativo") è uno strumento non convenzionale di politica monetaria e viene introdotto in Europa nel 2015 per volontà dell'allora presidente della Bce, l'italiano Mario Draghi come attuazione di una promessa fatta a Londra nel celebre discorso del 26 luglio 2012: "Entro il suo mandato, la Bce è pronta a fare qualsiasi cosa sia necessario a preservare l'euro", il famoso "whatever it takes".
L'atto di nascita di questo strumento di politica monetaria è datato 22 gennaio 2015 sotto forma di comunicato stampa intitolato “ECB announces expanded asset purchase programme". In tale documento si annunciava l'acquisto da parte della Bce di obbligazioni dalle banche.
Il suo obiettivo - Il fine ultimo del QE è quello di far alzare i prezzi di tali bond e aumentare così la liquidità del sistema bancario. In un effetto domino positivo, diversi tassi di interesse scendono, rendendo così più convenienti i prestiti e quindi più vantaggiosi per persone e imprese, che così spendono meno per rimborsare i propri debiti. Draghi voleva arrivare a un aumento dei consumi e degli investimenti, sostenendo così la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. Con l’aumento dei prezzi, la Bce ottiene, infatti, un altro risultato: il tasso di inflazione si avvicina al 2% nel medio termine.
Da marzo 2015 a settembre 2018 il QE è stato più volte prolungato e il suo volume di acquisti è stato inizialmente di 60 miliardi, poi di 80 miliardi e infine di 30 miliardi di euro al mese, per poi ripartire nel settembre 2019 con una portata di 20 miliardi di euro di titoli al mese.
Con il vecchio "QE1" varato da Draghi nel 2015 la Bce (tramite Bankitalia essenzialmente) aveva comprato al 31 dicembre 2019 - dati ufficiali - 2.200 miliardi di euro di debito pubblico, di cui 364 miliardi di Btp italiani. Una quota - il 18% circa - abbastanza in linea con la "capital key" italiana (cioè il criterio in base alla quale la Bce può acquistare debiti sovrani in proporzione alla quota che ogni paese detiene nell’azionariato della Bce stessa).
Il QE attuale, quello Pandemico - Il Quantitative easing è stato poi pesantemente rafforzato con l'arrivo della Pandemia da Coronavirus. "Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie", ha spiegato la nuova presidente della Bce Christine Lagarde, in carica dall'ottobre 2019. "Non ci sono limiti all'impegno della Bce per l'Euro", è stata la frase che, significativamente, è andata a sostituire, e allo stesso tempo confermare, il "whatever it takes" di Mario Draghi che proprio Lagarde non aveva voluto far propria in un primo momento.
Nel corso di una vera e propria "riunione di guerra" nelle notte del 18 marzo - dopo una giornata sull'ottovolante che aveva visto lo spread italiano schizzare fino a oltre 320 punti base - la Bce ha partorito il 'Pandemic Emergency Purchase Programme', abbreviato nella sigla PEPP: Francoforte comprerà titoli pubblici e privati, inclusi i titoli greci e i "commercial paper" per 750 miliardi di euro: le cambiali, i prestiti a breve che tengono in vita molte aziende e che l'effetto dirompente del coronavirus sta mandando in tilt. Una montagna di soldi che verrà utilizzata - si legge in una nota - "finché la Bce non giudicherà che la crisi del Covid-19 è finita, ma in ogni caso non terminerà prima di fine anno".
Con il "Qe2" (che continua a esser chiamato Pspp) rafforzato da Christine Lagarde, e ancor più con il Pepp di fine marzo, la Bce ha spinto l'acceleratore sulla flessibilità che le consente di deviare dalla capital key, andando proprio ad aiutare l'Italia. Fra gennaio e aprile, il Pspp ha comprato oltre 30 miliardi di Btp, che ammontano a ben più della capital key italiana: sono il 35% dei circa 84 miliardi di debiti nazionali comprati complessivamente.
La Pandemia spazza i vecchi paletti - Christine Lagarde ha varato un QE ancora più aggressivo, che vede per il momento revocate alcune restrizioni rispettate da Draghi. In particolare, la Bce comprerà titoli dei paesi a prescindere dalla rispettiva quota nel capitale della Bce (di cui l'Italia ha sottoscritto il 13,8%) e oltre il tetto del 33% dei titoli di stato su ciascuna emissione e quello del 50% per i titoli del debito emessi dagli organismi sovranazionali. Per questo si parla adesso di QE illimitato.
Il veto della Germania - Il QE pandemico ha creato tensioni all'interno della Bce. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, non tutti all'interno del board della Banca centrale erano d'accordo sul maxi programma di acquisti pandemico. A sollevare dubbi sull'iniziativa durante la riunione di emergenza sono stati i numeri uno delle banche centrali di Germania, Austria e Olanda. Nonostante l'opposizione, la Bce ha deciso di andare avanti con il piano Lagarde. Le preoccupazioni sollevate da Germania, Austria e Olanda hanno riguardato l'ammontare del programma, ovvero i 750 miliardi di euro, e la possibilitàpaventata di rivedere i limiti sugli acquisti di bond.
Il 5 maggio la Corte costituzionale tedesca ha dichiarato parzialmente incostituzionali i programmi di QE approvati durante il mandato di Draghi: pur non violando i trattati europei, la manovra dell'allora governatore Bce non avrebbe rispettato - secondo i giudici di Karlsruhe - i criteri di proporzionalità e adeguatezza. I bassi tassi di interesse avrebbero, in particolare, penalizzato il bilancio pubblico e i risparmi dei tedeschi.
La Bce ha preso atto della sentenza tedesca e ha ribadito il proprio impegno a tirare dritto con il PEPP, ricordando di agire legittimamente, con l'avallo anche della Corte di giustizia europea che in passato era già intervenuta e avallato l'operazione. Insomma, i giudizi tedeschi non avrebbero giurisdizione in quanto subordinati a un tribunale superiore, quello appunto europeo.
Articolo realizzato in collaborazione con il master biennale in giornalismo della IULM, contenuto a cura di Gabriella Mazzeo.