Dalla spending review alla lotta alla corruzione, dodici anni di riforme finanziarie tra successi, ostacoli e dossier ancora aperti
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Quando Papa Francesco salì al soglio pontificio nel 2013, ereditò una macchina finanziaria fortemente compromessa: opacità, privilegi interni e scandali ne minavano credibilità e tenuta economica. Dodici anni dopo, grazie a una serie di riforme profonde, il Vaticano è uscito dalla black list dei paradisi fiscali e ha cominciato a parlare la lingua della trasparenza e del rigore.
Secondo il quotidiano "Milano Finanza", Bergoglio è riuscito a centralizzare la gestione finanziaria, limitando i poteri della potente Segreteria di Stato e trasferendo oltre 2 miliardi di euro in beni all’APSA, (cioè Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica che si occupa della gestione economica e patrimoniale della Santa Sede). Ha istituito la Segreteria per l’Economia, riformato il Consiglio per l’Economia, potenziato il ruolo del Revisore generale, e nominato figure chiave come Gian Franco Mammì e Jean-Baptiste de Franssu allo IOR, la “banca del Papa”.
Una delle mosse più simboliche è stata l’eliminazione degli affitti di favore ai cardinali, che ora pagano canoni di mercato per gli alloggi vaticani. Francesco ha voluto dare un segnale: nessuno è al di sopra delle regole, nemmeno i porporati. Inoltre, ha stabilito che tutti i beni immobili della Santa Sede sono da considerarsi proprietà unica dello Stato vaticano, anche se intestati a enti ecclesiastici: gli enti ne sono semplici “affidatari”.
La riforma più visibile è stata forse quella giudiziaria: cardinali e vescovi oggi rispondono al tribunale vaticano ordinario, non più a corti speciali. Il caso Becciu ne è la prova. L’ex Sostituto della Segreteria di Stato è stato condannato a 5 anni e 6 mesi nel 2023 per peculato, nell’ambito della gestione opaca di oltre 600 milioni di euro e dell’investimento in un palazzo di lusso a Londra. L’IOR ha chiesto 138 milioni di risarcimento per danno d’immagine.
Dietro la svolta, anche motivazioni pragmatiche: il crollo dell’Obolo di San Pietro ha reso urgente ristabilire la fiducia dei fedeli. Da qui, maggiore trasparenza nei bilanci, controlli rafforzati, adesione ai criteri Moneyval, e una gestione patrimoniale ispirata a principi ESG, cioè quei criteri utilizzati per valutare la sostenibilità e l’impatto etico di un investimento. Tuttavia, non tutto è stato attuato: il Comitato per gli investimenti, previsto per definire linee guida etiche, non è mai entrato pienamente in funzione.
Francesco ha lasciato un’impronta duratura, ma non priva di fragilità. Le resistenze interne sono ancora forti e il futuro dipenderà molto dal prossimo pontefice. Le riforme hanno “scardinato poteri storici”, ma non li hanno del tutto disinnescati. La sfida sarà trasformare quella che oggi è una rivoluzione guidata da un uomo solo in una cultura istituzionale condivisa.