Speciale È morto Papa Francesco
algortimi sì ma al servizio dell'uomo

Papa Francesco e l’intelligenza artificiale: "Il lavoro non si sacrifichi alla tecnologia"

Dal G7 alle encicliche: il progresso tecnologico va guidato da un’etica che tuteli la persona, il lavoro e la giustizia sociale

di Giuliana Grimaldi
23 Apr 2025 - 06:00
 © Afp

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Lavoro sì, ma illuminato dalla morale. Nel suo intervento al vertice del G7, nel giugno 2024, Papa Francesco aveva lanciato un appello potente ai leader mondiali: l’intelligenza artificiale, se non regolata dall'etica, rischia di produrre ingiustizie sociali, escludere i più fragili e rimpiazzare l'uomo con il calcolo. "L’intelligenza artificiale è uno strumento affascinante e tremendo al tempo stesso", aveva affermato, invitando a un uso responsabile di una tecnologia destinata a ridefinire le relazioni sociali e persino la nostra identità.

Opportunità ma pure rischi

 Nel suo discorso al G7 organizzato in Puglia, Bergoglio riconosceva i vantaggi dell’IA – come l’accesso al sapere e il sollievo dai lavori usuranti – ma ha avvertito che questa “rivoluzione cognitivo-industriale” può anche accentuare le disuguaglianze: "Fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi", sostituendo la cultura dell’incontro con una "cultura dello scarto".

La decisione umana, un bene insostituibile

 Il Papa aveva sottolineato in quell'occasione internazionale che le macchine possono operare scelte, ma non decisioni, che richiedono discernimento, saggezza, responsabilità: "Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita, condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine".

Un passaggio particolarmente forte lo aveva dedicato all’uso delle armi autonome: "Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere se togliere la vita a un essere umano".

Algoretica, l’etica dell’Intelligenza artificiale

 Per affrontare le sfide poste dall'Intelligenza artificiale più recente, Francesco ha rilanciato l’urgenza di un’etica condivisa nell’uso degli algoritmi: l’algoretica, promossa con la "Rome Call for AI Ethics" già nel 2020. Una moderazione etica che non vuole bloccare l’innovazione, ma orientarla verso il bene della persona e della società.

Una visione alta del lavoro

 Le riflessioni del Papa sull’intelligenza artificiale espresse più di recente si inseriscono in una concezione più ampia, profondamente radicata nel suo magistero: quella del lavoro come via alla dignità dell’uomo. 

Nell’enciclica "Fratelli tutti" aveva scritto già nel 2020 che il lavoro non è solo mezzo di guadagno, ma "anche un modo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi. Nella "Laudato si’" del 2015 aveva collegato il lavoro alla custodia del creato, affermando che serve "ridefinire la rotta dello sviluppo".

In un discorso del 2016 aveva detto: "Gli uomini e le donne si nutrono del lavoro: con il lavoro sono unti di dignità. Per questa ragione, attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale".

Tecnologia al servizio dell’uomo

 È dunque all’interno di questa visione che si comprende il vero senso del suo intervento al G7: non un rifiuto della tecnologia, ma un’esortazione a metterla al servizio dell’uomo, della sua dignità, della sua libertà, della sua capacità di decidere e partecipare. Per Papa Francesco, l’innovazione era davvero tale solo se non generava nuovi scarti, ma poteva aprire strade al bene comune e all’inclusione.

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