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Arturo Casale e Pier Luigi Giraudi: "Ecco come abbiamo rivoluzionato il mondo della frutta e della verdura"

Il founder e CEO dell'"Orto di Jack" insieme al Co-CEO dell'azienda raccontano a Tgcom24 come hanno portato il digitale in un settore molto tradizionale

di Paola Coppola
12 Apr 2024 - 17:52

L’Orto di Jack è una startup innovativa che punta a creare il primo player omnichannel ed evoluto digitalmente nel mercato italiano dell’ortofrutta. Una filiera corta e sostenibile che valorizza la comunità locale e i prodotti del territorio, un modello alternativo alla grande distribuzione che crea una prossimità geografica tra gli operatori ma anche sociale, riducendo gli intermediari. Arturo Casale e Pier Luigi Giraudi, rispettivamente founder e CEO dell' "’Orto di Jack" e Co-CEO, raccontano a Tgcom24 come hanno portato il digitale in un settore molto tradizionale.

Arturo Casale e Pier Luigi Giraudi: "Ecco come abbiamo rivoluzionato il mondo della frutta e della verdura"

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Come nasce L’orto di Jack ?
Arturo Casale: L’orto di Jack nasce da una esigenza del mercato.  Avendo cominciato la nostra avventura imprenditoriale come ristoratori oramai una decina di anni addietro, con la crescita della nostra attività e con l’apertura di nuove location sul territorio, ci eravamo resi conto che frutta e verdura rappresentavano una categoria merceologica chiave per il successo del menù, ma al contempo molto difficile da approvvigionare con qualità, servizio e prezzi costanti. A differenza di altri prodotti che vedevano distributori strutturati sul territorio nazionale, per la frutta e verdura avevamo riscontrato invece la mancanza di operatori in scala. Ci si affidava sovente ai fruttivendoli di quartiere. Ovviamente questa soluzione comportava inevitabili inefficienze, una mancanza di controllo a tutto tondo sul food cost, e anche qualità non costanti tra le varie location. Decidemmo allora, forse in maniera un po’ naïve, di acquisire un piccolo operatore nel settore e lanciare un progetto di sviluppo a tutto tondo, che rispondesse alle esigenze dei nostri clienti, sia business sia retail. Partimmo quindi da un garage, con l’idea di andare a rivoluzionare il settore della frutta e della verdura, che per sua natura era rimasto fermo a delle dinamiche di business tradizionali.

Quali sono i vostri punti di forza in un mercato così competitivo?
Pier Luigi Giraudi: L’orto di Jack è nato su tre pilastri: disintermediazione, digitalizzazione e multicanalità. Partiamo dalla disintermediazione: in un mercato molto competitivo e frammentato, si sono creati storicamente alcune figure con ruoli di intermediazione. Quando la frutta e verdura vengono raccolte dal produttore agricolo, a quel punto la catena di distribuzione si sviluppa tra broker, mediatori, grossisti, distributori, prima di arrivare al cliente finale, che sia ristorante e persona fisica nel negozio sotto casa. L’Orto di Jack si è prefissato sin da subito di andare ad accorciare il più possibile la filiera, andando direttamente a monte nell’approvvigionamento della merce, e integrando in un solo player i diversi passaggi che prima erano frammentanti all’interno di una catena distributiva frammentata e inefficiente. Per poter ottenere i benefici della disintermediazione, servono non solo i volumi per mettere a scala il progetto, ma anche il nostro secondo pilastro, ovvero la digitalizzazione. In un settore frammentato tra piccoli-medi operatori tradizionali con scarsa propensione alla digitalizzazione, siamo riusciti a sviluppare un sistema proprietario per la ricezione, gestione e fatturazione degli ordini. Tutto questo sistema, che rappresenta il cuore della nostra operatività, si basa su app personalizzate, bilance digitali, sistemi informatici collegati a magazzino e contabilità in tempo reale, personale specializzato (da ingegneri informatici a data scientist che lavorano su algoritmi predittivi dei prezzi). Ovviamente per poter sviluppare questa tipologia di innovazione, sono necessari moltissimi capitali. In un settore tradizionale dove le Capex in tecnologia sono poco comuni, siamo riusciti a coinvolgere sia investitori finanziari, sia istituzioni con fondi pubblici e grants che ci hanno permesso di investire in questo percorso di sviluppo. L’ultimo pilastro del nostro progetto è invece la multicanalità. L’Orto di Jack vuole mettere insieme diversi modelli di distribuzione, andando a servire sia il tradizionale canale Horeca, ma anche i privati con lo sviluppo di una piattaforma online B2C, e una rete di negozi fisici che valorizzino la tradizionale boutique di quartiere. All’interno dell’offerta multicanale, stiamo anche sviluppando un laboratorio di lavorazione del prodotto, per produrre la cosiddetta IV gamma, ovvero tutto quello che è lavato, tagliato, affettato e impacchettato, per poter offrire un servizio al passo con le esigenze dei nostri clienti Horeca e retail.

Se da un lato avete digitalizzato i processi, dall’altro la tradizione rappresentata dalla classica bottega storica rimane un punto fermo. È questo che richiede il consumatore?
Arturo Casale: Il modello di business che abbiamo adottato ruota intorno al concetto di Bottega di Quartiere.  Lo sviluppo di un business disintermediato, integrato a monte, digitalizzato, ci ha permesso di andare a valorizzare proprio quelle botteghe storiche di quartiere che rischiavano di scomparire a causa dei cambiamenti del mercato. Oggi l’Orto di Jack ha dieci negozi fisici nel Nord Italia, e abbiamo piani di sviluppo nel corso dei prossimi anni per andare a sviluppare questa parte per noi fondamentale del business. Crediamo infatti che solo il contatto con il territorio e il confronto quotidiano con i nostri clienti ci permetta di creare un’azienda reale che parte dai bisogni effettivi del mercato. Così come l’Orto di Jack è nato da una esigenza del mercato, vogliamo continuare a svilupparci rimanendo vicini ai nostri clienti finali. Crediamo anche che i fruttivendoli storici di quartiere rappresentino una ricchezza aggiuntiva per la comunità e per il territorio. Purtroppo, negli ultimi anni, le dinamiche macroeconomiche hanno portato a forti cambiamenti nello scenario retail. Sovente, i fruttivendoli singoli, che lavorano da decine di anni, senza un passaggio generazionale in vista, con un lavoro estremamente fisico (parliamo di persone che alle 4 del mattino devono andare di persona all'orto mercato per acquistare la merce che dovranno vendere sino alle 7 di sera, 6 giorni alla settimana), e sempre più schiacciati da un mercato polarizzato tra boutique e discount, si sono trovati ad abbandonare o a vendere a catene o ad altre categorie merceologiche. Crediamo fermamente che il mantenimento delle botteghe di ortofrutta di qualità nei quartieri sia fondamentale per garantire diversità e ricchezza di offerta in tutti i contesti urbani.

Parlando di sostenibilità e impatto ambientale, quale approccio adottate verso questo tema ?
Pier Luigi Giraudi: La sostenibilità è un tema per noi fondamentale, nonché una responsabilità collettiva in cui crediamo molto. Trattando prodotti che provengono giornalmente dal lavoro dell’uomo e della natura, abbiamo sicuramente un incentivo maggiore nell’essere sempre più attenti a tutti gli indicatori di sostenibilità. Essere sostenibili è un mindset che va continuamente alimentato con obiettivi di lungo termine e KPI quotidiani. Per parlare di fatti reali, a oggi abbiamo lavorato moltissimo sul tema scarto, per cui monitoriamo giornalmente nei nostri magazzini le quantità di merce che viene scartata a fine servizio. A oggi, siamo riusciti a mantenere uno scarto medio giornaliero che si attesta intorno allo 0,2% del totale della merce transitata. Parliamo quindi di un valore estremamente premiante rispetto agli standard medi di settore. Sempre sul tema impatto ambientale, abbiamo commissionato un’analisi del nostro carbon footprint aziendale, con un approccio scientifico e con un output condotto in conformità alla Norma UNI EN ISO 14067:2018 e redatto col supporto di un’azienda climate hub come Fourgreen, in partnership con Ergo, un’impresa spin-off della scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Lo scopo di questa analisi è quello di misurare in maniera certificata il nostro impatto ambientale in termini di emissioni, per poter poi intervenire con interventi mirati per andare a ridurle a monte (pannelli solari, inserimento flotta di mezzi elettrici, biocarburanti, ottimizzazione emissioni) e offsettarle a valle (carbon credits certificati). Questo percorso di consapevolezza ambientale verrà portato avanti insieme ai nostri clienti. A breve implementeremo un sistema di calcolo per evidenziare su ogni singola bolla il carbon footprint della consegna. L’Orto di Jack si impegnerà sia stand alone, sia offrendo al cliente finale di partecipare all’iniziativa di offsettare completamente il carbon footprint. L’obiettivo è quello di offrire a tutti i clienti un servizio di distribuzione food&beverage a zero impatto climatico. La nostra sfida è “Impatto Zero delle emissioni di CO2 entro il 2030. 

Di recente avete chiuso un importante round e ci sono state diverse acquisizioni, tra cui Gala Fruit.  Quale sarà la vostra strategia di sviluppo?
Arturo Casale: A oggi abbiamo perseguito una strada di crescita tipica da startup, passando attraverso una fase di forte sviluppo tramite crescita organica e acquisizioni esterne. Crediamo che a oggi sia importante consolidare gli sforzi fatti sino a ora, andando a integrare ed efficientare al meglio la struttura creata. Al contempo, continueremo con il piano di acquisizioni strategiche che ci permettano di levereggiare al meglio la base che abbiamo oggi. 

Progetti futuri che potete anticipare? 
Pier Luigi Giraudi: Abbiamo tantissimi progetti per il futuro. Cominciando da nuove acquisizioni che rafforzino sempre più la nostra base operativa portando competenze, canali e conoscenze nuove nel mercato. Abbiamo ovviamente in mente un piano aggressivo di crescita anche nel canale retail, con l’apertura di altri punti vendita fisici. In aggiunta, stiamo lavorando con un piano di sviluppo sui mercati esteri, dove crediamo che il nostro prodotto per qualità e prezzo possa essere valorizzato con un valore aggiunto ancora maggiore in un contesto dove ristoratori internazionali cercano quotidianamente eccellenze di prodotto locale. 

Una curiosità su di voi. Come riuscite a integrare insieme il vostro lavoro? 
Arturo Casale: Crediamo fortemente in quello che stiamo facendo, e mettiamo la passione per il nostro lavoro davanti a tutto. Abbiamo competenze diverse e cerchiamo di metterci in gioco ma anche in discussione quotidianamente. Avere competenze ed esperienze professionali differenti ci aiuta a dividerci i compiti in maniera da massimizzare l’utilità del nostro lavoro quotidiano. Il tutto anche grazie a una grande sintonia che si è creata all’interno del nostro gruppo di lavoro. La figura di Antonio Catalano, oggi presidente del nostro Gruppo, con 30 anni di esperienza del settore, è stata l’aggiunta determinante per permetterci di portare all’interno della struttura il know-how che solo anni di duro lavoro e fatica possono fornire. Come diceva Marchionne in una famosa intervista, l’imprenditore è solo ogni qual volta deve prendere una decisione. Oggi in Orto di Jack possiamo dire di non essere soli. E questa per noi è la più grande forza che abbiamo a disposizione nel gestire la crescita della nostra attività. 

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