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Il direttore generale commerciale di Vne e responsabile del brand Vetitia parla a TgcomLab della beer firm versiliese
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Dalla passione per la qualità e dall'amore per il suo paese Seravezza, in provincia di Lucca, il 40enne Lorenzo Verona ha creato Vetitia, beer firm versiliese e brand della holding Vne. Il nome, infatti, è l’antica denominazione longobarda di Seravezza che una volta si chiamava Sala Vetitia, ovvero zona di commercio. "Ho voluto fare un omaggio alla mia terra", spiega a TgcomLab Verona, direttore generale commerciale di Vne e responsabile del brand Vetitia.
Qual è l'elemento di forza della sua azienda?
L’elemento di forza dell’azienda è la dinamicità. Vetitia viene classificata come birra artigianale - perché i luppoli che utilizziamo, le materie prime, i processi di produzione e gli stabilimenti nel quale la produciamo hanno tutte le caratteristiche di altissima qualità della birra artigianale -, però, come fascia di prezzo e come brand, vogliamo essere collocati nella fascia commerciale. Un’altra nostra forza è avere le spalle coperte dalla multinazionale Vne, che, grazie alla sua forza commerciale, finanziaria ed economica, può introdurci in quei mercati che oggi sembrano quasi impossibili se non proibitivi da raggiungere per un’azienda artigianale.
Come la pandemia ha cambiato e sta cambiando il settore?
La pandemia sta cambiando il mondo e, di conseguenza, il settore, nel quale, chiaramente, essendo le birre beni secondari, si registra una una contrazione dei consumi. Le persone stanno perdendo il lavoro; le aziende stanno riducendo la loro capacità produttiva; ristoranti, bar e pub vedono meno ingressi per via delle strette. Dobbiamo pensare a questi momento come a una brutta parentesi che prima o poi passerà. Dobbiamo resistere, rimanere concentrati sul mercato e confidare nel fatto che di qui a poco le persone torneranno a festeggiare e a brindare, magari con birra Vetitia.
Quale consiglio dà a chi vuole intraprendere una carriera nel settore in cui opera?
Oggi è molto difficile intraprendere una carriera nel settore perché la concorrenza è agguerrita, ci sono diversi birrifici artigianali che fanno prodotti di altissima qualità. L’unico suggerimento che posso dare è quella seguire i propri sogni e il proprio istinto, perché è soltanto così che si possono realizzare grandi cose.
Quali sfide vi aspettano?
La sfida principale è quella di raggiungere i più punti vendita possibili e mantenere la nostra catena distributiva unita e ottimista, nonostante tutto.
Qual è la competenza più importante chiesta a un manager oggi?
Le competenze devono essere tante. La più importante a mio avviso è l’umiltà. Bisogna saper riconoscere i propri limiti e valorizzare le specializzazioni. Ed essere pronti e capaci a mettersi in discussione.
Come si tiene aggiornato?
Mi tengo aggiornato sul campo, attraverso il dialogo: locale per locale, distributore per distributore.
Come trascorre il suo tempo libero?
Conduco una vita molto semplice: famiglia, casa e orto (sono un amante dell’agricoltura).
Il mercato della birra artigianale sta prendendo sempre più piede, a cosa si deve il suo successo?
Penso ci sia una tendenza a cercare la qualità. Nel vino questo processo è avvenuto molti anni fa, i produttori hanno abbinato al prodotto anche un certo tipo di storia: una bottiglia può raccontare una famiglia, un territorio. La birra, invece, è sempre stata un prodotto quasi secondario. Ora il vento è cambiato perché noi produttori cerchiamo di far capire il lavoro che c’è dietro e di spiegarne meglio la qualità. Penso che il mercato di nicchia delle birre artigianali possa avere delle espansioni interessanti, soprattutto quando si riuscirà a essere competitivi anche dal punto di vista di prezzo.
Cosa è necessario fare per rendere la birra artigianale ancora più appetibile sul mercato?
È necessario adeguare il prodotto al mercato e, quindi, ad esempio, abbinarlo ai cibi in voga, come il sushi. Insomma, a modi di alimentarsi che fino a dieci anni fa erano completamente ignoti.