Niko Romito: "Far mangiare bene è per me un atto di responsabilità sociale"
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Lo chef e imprenditore fa con Tgcom24 il punto sulla sua carriera, sui suoi valori e progetti per il futuro
di Paola CoppolaIl Gruppo Niko Romito vuole creare un linguaggio gastronomico incisivo e personale e un sistema complesso in cui coesistono alta cucina, format di ristorazione diffusa, formazione superiore e prodotti per il consumo domestico. Il punto di partenza è il ristorante Reale all’interno di Casadonna, un ex monastero cinquecentesco recuperato con stile e personalità da Cristiana e Niko Romito. La struttura contiene, un hotel di charme con 10 stanze e l’Accademia Niko Romito, scuola di alta cucina professionale. Sono a oggi parte del gruppo il Laboratorio Niko Romito nucleo produttivo del gruppo, centro di ricerca e sviluppo dei nuovi prodotti e progetti gastronomici di pasticceria e panificazione, ALT Stazione del Gusto, format di ristorazione per viaggiatori a Castel di Sangro, sulla Statale 17 e a Montesilvano all'interno di una stazione di servizio e i due format urbani, Spazio Niko Romito, inaugurato nel 2013, presente oggi a Milano come Spazio Ristorante, a Roma nella versione Bar e cucina. Dal 2017 Niko Romito cura l’offerta dei ristoranti dei Bulgari Hotel & Resorts nel mondo. In cinque anni il progetto è cresciuto molto e oggi conta cinque ristoranti: Pechino (con una stella Michelin), Shanghai (una stella Michelin), Dubai (due stelle Michelin), Milano, Parigi e come ultime aperture, Tokyo e Roma. Lo chef e imprenditore fa con Tgcom24 il punto sulla sua carriera, sui suoi valori e progetti per il futuro.
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Come nasce la sua passione per la cucina?
È una passione che ho scoperto relativamente tardi e quasi senza volerlo. Avevo 25 anni, stavo per terminare gli studi di Economia all’università, a Roma, quando mio padre, che aveva da poco trasformato il Reale, la pasticceria di famiglia a Rivisondoli (Abruzzo), in una trattoria, si ammalò gravemente. Insieme a mia sorella Cristiana, anche lei a Roma neolaureata in lingue, decidemmo di rientrare in Abruzzo e occuparci della trattoria, il tempo di trovare un acquirente. Non avevo nessuna esperienza professionale alle spalle e anche a casa cucinavo molto raramente, ma in pochissimo tempo mi appassionai. Avevo voglia di capire, di imparare tutto ciò che si nasconde dietro alla creazione di un piatto. La trasformazione di un ingrediente mi affascinava – e tutt’ora mi affascina - e non smettevo mai di studiare, provare e riprovare. Non avendo le basi date da una scuola o da un grande maestro, per imparare ho dovuto superare tanti errori, ma sono una persona molto determinata e questa sfida mi entusiasmava. Un entusiasmo che negli anni non si è affievolito, anzi. Cristiana si appassionò alla gestione della sala e decidemmo di tenere il ristorante insieme. Un po’ alla volta iniziammo a trovare la nostra identità, facendo evolvere la trattoria in un ristorante che rispettasse la nostra idea di cucina e di sala.
Da sempre molto legato al suo territorio, l’Abruzzo. Quanto le sue origini e le tradizioni influenzano la sua cucina?
L’Abruzzo è sempre stato presente nella mia cucina. Ho iniziato il mio percorso proprio partendo dai piatti della tradizione e anche se negli anni sono andato verso una cucina di ricerca e innovazione, il mio territorio continua a essere una fonte di ispirazione, sotto diversi punti di vista. Prediligo sempre i prodotti locali, grazie alla biodiversità incredibile che offre questa zona, e alcune preparazioni locali continuano tutt’ora a stimolarmi, anche se vengono declinate in espressioni molto diverse da quelle originali. Per fare un esempio, l’anno scorso ho creato un piatto con i cazzarielli, un formato di pasta che qui si serve tipicamente come minestra con i fagioli. Il piatto del Reale Cazzarielli, bieta e limone, nasce da un lavoro molto approfondito sulla trasformazione dei vegetali a foglia e porta questa pasta della tradizione popolare abruzzese in una dimensione completamente nuova, inaspettata. L’Abruzzo è presente nei miei piatti anche in senso più figurativo, la sua natura rigogliosa e i suoi silenzi, accompagnano sempre il mio processo creativo.
Nel 2017 nasce la collaborazione con il Bulgari Hotel, sette ristoranti nel mondo, molti di essi premiati con stelle Michelin. Qual è la chiave di un simile successo?
Penso che la chiave siano autenticità, replicabilità ed eleganza. Per questo progetto, abbiamo scritto un nuovo modello di cucina italiana, un format che distilla la storia gastronomica italiana rendendola contemporanea e afferma una nuova idea di lusso. Il lavoro di codifica è stato centrale, perché ci ha permesso di riscrivere i classici della cucina italiana definendo degli standard precisi, in modo che potessero essere replicati in tutto il mondo. La sfida maggiore era infatti quella di dover immaginare dei piatti che potessero essere proposti a Dubai, così come a Pechino o a Milano, con la medesima efficacia, rispettando il gusto ma anche il concetto, lo stile, l’intenzione di questo progetto. Un’Italia vera ed elegante. Non siamo mai scesi a compromessi, anche quando all’inizio, in alcune città come a Dubai, riscontravamo delle difficoltà perché la gente non conosceva la vera cucina italiana e non la apprezzava, confrontandola a un immaginario completamente erroneo. Non abbiamo ceduto, e col tempo il riconoscimento è arrivato, non solo dalla critica, ma anche dal pubblico, il che è essenziale. Penso che il successo di questo progetto sia anche dovuto alla grande intesa che c’è con Bulgari, ai valori comuni e alla stima reciproca che ci legano.
Dalla ricerca gastronomica a un modello imprenditoriale molto attento anche alla formazione con l’Accademia Niko Romito...
Il mio modello imprenditoriale è nato e si è sviluppato grazie alla ricerca e in questo sistema la formazione è essenziale. Essendo io autodidatta può forse sembrare paradossale, ma è proprio perché ho dovuto imparare da solo, attraversando le difficoltà di un tale percorso ma anche godendo di una certa libertà di pensiero, che ho immaginato una scuola nuova, che desse ai ragazzi gli strumenti per affrontare agilmente questo mestiere ma che non fosse dogmatica, un tipo di insegnamento che desse loro delle risposte ma che li stimolasse anche a porsi sempre delle domande. Durante il percorso formativo, intervengono diversi chef, ma anche produttori ed esperti del settore, perché possano avere diversi punti di vista e formare il bagaglio di strumenti necessario a percorrere la loro strada, con consapevolezza e una curiosità che non deve mai essere sazia. Il ristorante didattico Spazio a Rivisondoli (prima sede del Ristorante Reale) è un’esperienza per loro molto forte, in cui, sotto la guida dello chef Claudio Bellavia, professore titolare dell’Accademia, gestiscono il ristorante in tutti i suoi aspetti, dai fornitori al servizio in sala. Un’immersione di un mese, che li fa crescere molto, dal punto di vista personale e professionale. Dopo la scuola, molti ragazzi integrano uno dei progetti del gruppo, alcuni aprono il proprio locale: c’è chi ha aperto un ristorante, chi una pizzeria, chi un panificio.
Nell’ambito della ricerca e dello sviluppo il Laboratorio Niko Romito propone prodotti d’eccellenza e una tecnica di conservazione inedita.
Il cibo e i complessi processi di trasformazione degli alimenti sono legati a doppia mandata con il benessere e la salute delle persone. Mi sono chiesto spesso perché, nel percepito comune, un cibo considerato salutare fosse quasi sempre associato a un gusto poco piacevole e poco goloso e da questo assunto ho deciso di provare a ribaltare questo paradigma. Quello che vorrei è studiare e realizzare prodotti buoni, leggeri e salutari - che si tratti di un biscotto, di un vegetale o di una minestra - dando la possibilità a quante più persone possibile di mangiare bene ovunque, anche a casa propria. Le tecniche e la ricerca proprie dell’alta ristorazione diventano così funzionali al benessere comune; il bilanciamento nutrizionale degli alimenti, la rispettosa trasformazione delle materie prime, la leggerezza delle preparazioni, la creatività utile, sono i valori a cui si ispira il nostro lavoro e che vorremmo trasmettere al consumatore sotto forma di prodotti e preparazioni, fatti di materia prima eccellente, passione di chi li lavora, consapevolezza di chi li acquista. I prodotti realizzati nel Laboratorio si ispirano a questa filosofia, sia nel contenuto che nel contenitore. Il lavoro che portiamo avanti interpreta sia l’importanza del legame tra cibo e salute, ma incarna anche, nel packaging delle singole referenze, i principi di bellezza del gusto, ricerca, tecnologia e innovazione. La ricerca è questo: studiare e trovare soluzioni che semplificano o risolvono. Dal 2022, oltre alla piattaforma online di proprietà che serve clienti di tutta Europa da circa quattro anni, Il Laboratorio ha un flagship store nel cuore di Brera a Milano.
Dalla cucina raffinata passiamo allo street food con il progetto Alt Stazione del Gusto. Come nasce questa idea?
Alt Stazione del Gusto nasce nel 2018 a Castel di Sangro, in Abruzzo, dove metto a punto tutti i miei progetti. Si tratta di un modello di ristorazione su strada con un’offerta pop in un ambiente informale che spazia dalla colazione alla cena. Un luogo in cui accogliere il viaggiatore con un cibo semplice ma buono. Ho sempre pensato che la ricerca gastronomica che nasce nel mio ristorante tre stelle Michelin dovesse essere applicata anche ai modelli più popolari. Far mangiare bene è per me, come cuoco e come uomo, un atto di responsabilità sociale. L’obiettivo è diffondere una cultura del cibo fondata su valori di salubrità e gusto, democratizzare e rendere accessibile il cibo di qualità a fasce di persone e a modelli di ristorazione quanto più ampi possibile. Da anni, nei miei ristoranti e nelle mie varie collaborazioni internazionali, svolgo un lavoro quotidiano di ricerca e sviluppo di protocolli di trasformazione del cibo. Questo perché credo fermamente che l’alimentazione sia, oltre che un puro piacere edonistico, una parte integrante della nostra salute. E posso affermare che questi due aspetti possono incontrarsi, dando vita a un vero e proprio sistema di trasformazione in grado di impattare, grazie a processi scientifici, standardizzati e scalabili, l’intero mondo dell’alimentazione, dall’alta gastronomia, al bistrot e al bar, fino alla ristorazione collettiva e a quella casalinga.
Ha lavorato anche al progetto Intelligenza Nutrizionale, sulla ristorazione collettiva ospedaliera. Da cosa nasceva quella collaborazione?
Dalla stessa volontà di pensare un cibo buono e sano e dalla capacità di adattare le tecniche dell’alta ristorazione a contesti molto diversi. La ristorazione collettiva ha un impatto enorme sulla società, ma è sempre stata molto trascurata, da tutti i punti di vista. Se vogliamo ripensare un sistema alimentare sostenibile per il benessere dell’uomo e dell’ambiente, dobbiamo pensare necessariamente alla ristorazione collettiva, di scuole, ospedali e aziende. Intelligenza Nutrizionale - IN è un protocollo scientifico-gastronomico per la ristorazione collettiva, a cui abbiamo lavorato nel 2016-2017 insieme all’Università La Sapienza e l’azienda GioService e che abbiamo testato in ambiente ospedaliero (Cristo Re e Villa Betania, Roma), basato su una trasformazione innovativa degli alimenti e sull’applicazione di tecniche e tecnologie dell’alta ristorazione alla ristorazione collettiva. L’obiettivo era quello di offrire un cibo al contempo più gustoso, più sano e nutriente, ai pazienti dell’ospedale, non solo per il loro benessere immediato ma anche per educarli a una sana alimentazione. Inoltre, volevamo ottimizzare i processi di produzione delle mense, standardizzarli per renderli più efficaci, rispettando tutti i vincoli imposti dalla struttura ospedaliera, dai costi alle necessità di servizio. Il valore scientifico di IN è stato riconosciuto a livello accademico nazionale e internazionale. Questa sperimentazione oggi si è conclusa, ma non il mio impegno per la ristorazione collettiva: ho recentemente firmato un accordo con la regione Abruzzo per ridefinire le linee guida per le mense scolastiche della regione e ho altri progetti importanti a tal proposito per il futuro.
Ci sono altri progetti futuri che può anticiparci?
Il progetto più importante a cui sto lavorando è quello del Campus: si tratterà di un grande centro di ricerca e sviluppo a Castel di Sangro, in cui formare le nuove figure della ristorazione di domani, a tutti i livelli, con un’attenzione particolare alla ristorazione collettiva e all’industria alimentare, dove c’è ancora molto lavoro da fare per portare un cibo che sia buono, sano e sostenibile sotto tutti i punti di vista. Diventerà anche il cuore pulsante dei miei diversi progetti: si sposteranno qui l’Accademia, il Laboratorio, avremo delle cucine per lo sviluppo di nuovi prodotti per ALT – Stazione del Gusto e per la sperimentazione di nuovi piatti… È un progetto ambizioso a cui tengo molto e nel futuro mi vedo sempre più impegnato nella formazione.