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Il Presidente di Live Nation racconta a Tgcom24 il successo che i concerti e i festival hanno, anche a livello economico, nelle città che li ospitano
di Paola Coppola© Tgcom24
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Live Nation Entertainment è la principale società di intrattenimento dal vivo al mondo, composta da leader di mercato globali: Ticketmaster, Live Nation Concerts e Live Nation Sponsorship. Il suo presidente Roberto De Luca racconta a Tgcom24 il successo che i concerti e i festival hanno, anche a livello economico, nelle città ospitanti.
Come ha iniziato a fare questo lavoro?
Inizialmente gestivo una radio privata a Novara nel periodo in cui nascevano le radio libere e, come mezzo di sostentamento per l’attività, ci dovevamo occupare dell’organizzazione dei concerti. È da lì che ho cominciato. Poi, dopo aver smesso con la radio, ho iniziato a lavorare per Franco Mamone, un importante promoter di allora, e siamo diventati soci su due società: una che si occupava degli artisti italiani e un’altra degli artisti internazionali, con me come socio di minoranza. Dopo varie vicissitudini ho intrapreso la mia strada da “solista” e ho fondato la mia prima società, Bonne Chance, poi trasformata in Milano Concerti nel 1989, e così ho continuato la carriera lavorando con artisti italiani e internazionali di una certa importanza. Questo fino al 2002 quando ho venduto, restando CEO ma con delle quote, a Clear Channel che con un’operazione in borsa è diventata poi Live Nation.
Qual è stato il suo primo concerto e quello che l’ha emozionata di più?
I primi concerti organizzati come “solista” da Bonne Chance sono stati i Carmel, evento che ho organizzato in un teatro milanese. Tra i concerti che mi hanno emozionato di più invece ci sono stati i live dei Nirvana di Roma e Milano poco prima che succedesse la tragedia di Kurt Cobain.
Il brand Live Nation è riconosciuto nel mondo: più di 20mila spettacoli all'anno per oltre 2mila artisti a livello globale. A cosa si deve questo incredibile successo?
Credo che il successo di Live Nation derivi innanzitutto dalla conduzione magistrale di Michael Rapino, una persona che conosco molto bene sin da quando era arrivato in azienda ed era diventato responsabile europeo. Poi senza dubbio dalla qualità dei lavoratori, parlo innanzitutto della grande professionalità e attenzione nei confronti del pubblico dei promoter storici. E non di meno l’accurata visione sui progetti degli artisti che collaborano con noi: una cura delle produzioni e un occhio di riguardo sulla carriera dell’artista che danno alla figura del promoter un profilo anche manageriale.
Il vostro marchio di fabbrica sono senza dubbio i festival che, da Firenze Rocks agli I-Days, sono rilevanti anche per quanto riguarda le ricadute sulle economie dei territori ospitanti (oltre alle vendite dirette). Potrebbe raccontarci di più?
Direi non solo i festival, di cui si parla molto spesso, ma anche i concerti “singoli” non sono assolutamente da tralasciare. Perché se le ricadute economiche generate dai festival sono ben visibili, la ricaduta di più concerti unici sul medesimo territorio è ugualmente immensa. Se il Firenze Rocks ha generato nel 2022 una ricaduta economica di oltre 40 milioni di euro sul territorio, anche i concerti di Vasco Rossi, The Weeknd, Travis Scott o Coldplay non sono da meno. La somma di queste ricadute economiche sul territorio è molto importante tenendo anche conto degli spostamenti del pubblico e delle spese sul luogo del concerto e sulla città che lo ospita. Se per esempio consideriamo che solo il pubblico internazionale durante le date dei Coldplay a Milano è arrivato a 15mila persone, le spese di questi ultimi avranno favorito non solo l’evento, ma anche le attività necessarie alla loro permanenza come hotel, bar e ristoranti. Spero che le amministrazioni locali accolgano a braccia aperte queste manifestazioni e colgano l’opportunità delle grandissime ricadute economiche e soprattutto della creazione di lavoro. I fatturati generati dai concerti sono importanti e noi, come i nostri competitor, impieghiamo centinaia di lavoratori fissi e decine di migliaia di lavoratori stagionali.
Nel mondo del live il covid è stato uno spartiacque. Guardando al periodo post-pandemia l'industria del live è cambiata rispetto a prima?
Inizialmente il covid è stata una tragedia per il nostro settore, in quei due anni abbiamo perso circa il 98-99% del nostro business, poi c’è stato un’effetto che chiamerei “fionda”. Ma non penso che la crescita del mercato del live sia dovuta necessariamente a questi due anni. Anzi credo che la musica dal vivo fosse già in crescita prima e abbia continuato a crescere anche dopo. Il motivo è che un concerto dal vivo rappresenta un’esperienza sensoriale e un momento di aggregazione importante per il pubblico. In un tempo come il nostro in cui si sta davanti a un computer con la sensazione di essere connessi con il mondo intero lo spettacolo dal vivo è invece una reale interconnessione di persone che fruiscono di uno spettacolo unico e irripetibile.
Dando uno sguardo al green, che ruolo assume Live Nation nei confronti della sostenibilità e dell’impatto ambientale per i grandi concerti?
Come Live Nation abbiamo fondato Green Nation, una società che si occupa a 360 gradi dell’argomento green: attenzione al consumo di plastica, consumo energetico e raccolta differenziata. Comprendiamo profondamente l’importanza di avere un’attenzione al verde e alle fonti rinnovabili. Dobbiamo costantemente cercare il risparmio, perché credo che sia gli organizzatori di concerti che il pubblico siano molto sensibili e la musica e i concerti possano essere anche un mezzo per sensibilizzare verso queste tematiche.
Progetti futuri che può anticiparci per il 2024?
Sui grandi eventi sicuramente avremo di nuovo i Coldplay, già in vendita e sold out. Torneranno Vasco Rossi e Calcutta ma le sorprese non finiranno qui…