mentre la grande protagonista resta la volatilità

Come cambiano i comportamenti degli investitori durante il Covid-19?

L'analisi di Moneyfarm: "Mentre diminuiscono i flussi dell’industria del risparmio gestito, aumentano i volumi del fai-da-te attraverso piattaforme di trading"

12 Mag 2020 - 14:35
 © Istockphoto

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Durante i periodi di crisi gli investitori sono sottoposti a un livello di stress molto elevato; a rilevare quali sono le maggiori criticità sono gli esperti di Moneyfarm. Nell’ultimo trimestre abbiamo assistito a una volatilità di mercato fuori dalla norma e questa situazione amplifica ancora di più alcune condotte che possono essere in qualche misura attribuite a bias (ovvero distorsioni) comportamentali e cognitivi. I bias comportamentali e cognitivi fanno parte del normale comportamento degli investitori, ma in quest’ultimo periodo, con l’attenzione sempre più focalizzata sugli investimenti e il maggiore stress emotivo legato all’alta volatilità a cui abbiamo assistito sui mercati, diventano ancora più rilevanti. In particolare, vanno rilevate l’avversione al rischio e l'overconfidence (che in un certo senso rappresentano due facce della stessa medaglia), oltre che il cosiddetto confirmation bias (bias di conferma) che riguarda il modo in cui vengono fruite le informazioni. Queste tre distorsioni del comportamento tendono a rafforzarsi reciprocamente e a mescolarsi con altre tendenze durante periodi estremamente volatili.

Avversione al rischio -  Uno dei bias logicamente più prevalenti in questo periodo è l’avversione al rischio. Quando siamo esposti a una situazione di crisi siamo portati naturalmente a una diversa percezione del rischio che ci spinge verso atteggiamenti di protezione o cautela. Quando si parla di investimenti infatti diventa più probabile prendere decisioni irrazionali e percepire come più sicure strategie orientate al breve termine, a discapito di scelte lungimiranti.

Per avere un’idea della portata del fenomeno, si possono analizzare i flussi del risparmio gestito riportati dalle mappe mensili di Assogestioni: da inizio anno il trend pare essere chiarissimo, con la fuga dai fondi di lungo termine e con maggiore volatilità come fondi azionari e flessibili (-.7mld e -7.5mld rispettivamente) per un dato complessivo di -21.1 miliardi, e lo spostamento verso fondi meno volatili come quelli monetari per un totale di +6.5mld da inizio anno, di cui +6.1 miliardi solo a marzo. In termini relativi, l’asset class monetaria ha avuto raccolta netta positiva pari ad oltre il 15% sulle masse; di segno opposto i fondi flessibili che hanno registrato un 3% di raccolta netta sulle masse. Nel complesso l’industria italiana del risparmio gestito ha registrato oltre 13.7 miliardi di euro di deflussi netti solo nei primi 3 mesi dell’anno: un evidente cambio di tendenza rispetto all’ultimo trimestre del 2019 (+17.7mld), che ben evidenzia la ricerca di strumenti di protezione e di tutela. Molti di questi movimenti hanno seguito l’onda lunga dell'emotività. Liquidare la propria posizione può diventare un rischio se porta a scelte di investimento in grado di compromettere le prospettive di rendimento di lungo termine di un investimento.

Un indizio di comportamenti anomali da parte degli investitori arriva anche dal fronte dei Piani Individuali di Risparmio (i PIR), strumento di lungo termine per la clientela retail che offre un beneficio fiscale a patto che si resti investiti per almeno 5 anni. Ebbene, la raccolta da inizio anno è negativa per oltre 640 milioni (oltre la metà nel solo mese di marzo - fonte Plus24 del 19/04/20), e ci ricorda che non c’è beneficio fiscale che tenga senza metodo e pianificazione, soprattutto in un contesto di alta volatilità. I mesi che ci separano dalla fine dell’anno saranno critici per invertire la tendenza. Le famiglie italiane detengono già una componente molto elevata della propria ricchezza in strumenti di liquidità infruttuosi (circa 1.500 miliardi, più di un terzo dell’intera ricchezza finanziaria secondo Banca d’Italia) o in beni immobili (quasi il 60% della ricchezza complessiva, rispetto al 33% USA o al 47% UK). 

Overconfidence - Accanto al bias dell’avversione al rischio se ne cela un altro: l’overconfidence. Contrariamente a quanto si possa pensare, molti studi hanno dimostrato la persistenza di questo bias anche nei periodi di forte volatilità. Durante l’ultimo mese le ricerche effettuate su Google riguardanti i servizi di trading online sono cresciute del 50%. All’aumentare della volatilità abbiamo assistito a un crescente interesse dell’investitore retail per asset class particolarmente volatili. Si prenda ad esempio il recente caso del petrolio: le masse in gestione sulle Exchange Traded Commodities (ETC) energetiche sono aumentate del 100% da fine marzo al 27 aprile, nonostante una performance di circa -50% nello stesso periodo (fonte: elaborazione Moneyfarm dati Bloomberg).

Secondo il Sole 24 Ore, su alcune piattaforme di puro trading online le posizioni aperte sono cresciute del 300% e i volumi delle operazioni del 200%. Si tratta di una modalità speculativa d’investimento, tipicamente fai-da-te e focalizzata su strumenti spesso e volentieri altamente volatili come CFD (Contract for Difference, strumenti derivati) e criptovalute, diversi dagli strumenti del risparmio gestito. 

Confirmation bias - In uno scenario dominato da incertezza e preoccupazione per il futuro come quello che stiamo vivendo oggi, diventa rilevante anche il cosiddetto confirmation bias che si manifesta quando le persone selezionano (più o meno direttamente) prove che tendono a confermare una visione dei fatti precostituita, ignorando le evidenze contrarie. Da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19 molto si è parlato di questo bias per spiegare il comportamento spesso ondivago delle autorità politiche, ma questo tipo di comportamento ha effetti lampanti anche sul comportamento degli investitori.

Tradizionalmente il confirmation bias nel mondo degli investimenti è associato alla presunta drammatizzazione delle notizie finanziarie da parte dei media. In un panorama in cui l’informazione viene sempre più consumata attraverso canali non tradizionali che non offrono una mediazione professionale delle notizie e monotematici, questo bias diventa sempre più pericoloso. 

Quale antidoto contro i bias? -  In questo scenario complesso dove volatilità, bias degli investitori e dei media si intrecciano in modo turbinoso, il modo migliore per aiutare l’investitore a effettuare le scelte giuste è ancora, e a maggior ragione, la consulenza. I numeri riportati recentemente da Assoreti confermano che le reti dei consulenti finanziari hanno retto meglio di tanti operatori del risparmio gestito l’impatto della crisi: registrano infatti +11.6 miliardi di euro di raccolta netta positiva (positiva, sebbene di soli 76 milioni, anche su strumenti di risparmio gestito). 

L’industria del risparmio continua a essere la miglior garanzia per gli investitori, specialmente in momenti in cui il mercato finanziario è messo a dura prova. Resta infatti l’unica soluzione in grado di offrire al risparmiatore una serie di tutele che, periodicamente e costantemente, vengono riviste, migliorate e rafforzate lungo tutto la filiera. 

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