Uno studio di Cerved per ANCI analizza i settori più colpiti in quasi un centinaio di centri urbani: la pandemia penalizza l’automotive ma favorisce farmaceutico e agroalimentare
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Potenza, Chieti e Campobasso sono le città medie italiane che in termini percentuali potrebbero risentire maggiormente delle conseguenze della pandemia da covid-19, a causa della sofferenza di settori fondamentali nella loro economia, tra cui l’automotive. Al contrario, Latina, Imperia e Parma beneficeranno del buon andamento di settori cosiddetti anticiclici, quali il farmaceutico e l’agroalimentare, meno penalizzati dalla congiuntura. In cifre assolute, a registrare le perdite di fatturato più consistenti saranno Brescia, Verona e Bergamo, soggette a grossi contraccolpi anche sotto il profilo occupazionale, mentre Prato e altre città toscane soffriranno la forte incidenza di imprese in crisi di liquidità. Sono le evidenze di uno studio realizzato da Cerved per ANCI, l’Associazione nazionale dei Comuni italiani, in cui si monitora l’andamento di oltre 1.600 settori produttivi e circa 730mila imprese e si quantifica l’impatto della pandemia sul tessuto produttivo delle 93 città medie italiane.
Le perdite previste in due possibili scenari - Lo studio prende in considerazione due scenari: uno soft di graduale e costante ripresa dell’economia dal secondo semestre 2020 e uno hard di persistenza della situazione emergenziale. Secondo Cerved, tra i principali operatori italiani nella gestione del rischio di credito, lo shock economico generato dal covid-19 produrrà un impatto molto significativo sui sistemi produttivi delle città medie italiane che rappresentano una fetta importante del Pil nazionale, soprattutto in virtù della forte diffusione territoriale di poli industriali e distretti manifatturieri. Gli effetti saranno consistenti ovunque, con perdite di fatturato nel biennio 2020-21 tra i 262 e i 344 miliardi di euro (circa la metà del totale nazionale), a seconda dello scenario: quest’anno la contrazione sarebbe dell’11,9% nello scenario soft, con un rimbalzo nel 2021 del 10,5% che non riporterebbe però al livello del 2019 (-2,7%); in quello hard, la caduta dei ricavi sarebbe maggiore (-16,9%) e con un gap più ampio rispetto al 2019 (-3,9%).
Settori a impatto forte e settori anticiclici: le percentuali - L’impatto varierà notevolmente in base al livello di specializzazione dell’economia locale: il 34,9% del fatturato infatti si concentra in settori in cui l’impatto del covid-19 è particolarmente severo, con cali superiori al 25%, mentre i settori anticiclici incidono solo per il 13%. Le città medie con maggiore presenza di imprese fortemente colpite dalla pandemia sono Potenza (56,5% del fatturato), Chieti (56%) e Campobasso (54,7%), dove pesa l’automotive, ma anche Biella (55,7%), Prato (53%), Massa Carrara (52,9%), Frosinone (48,5%), Brescia (48%), Modena (47,4%) e Terni (46,3%). Sul versante opposto, tra le città che evidenziano le quote più alte nei settori anticiclici troviamo Latina (37,8%), grazie al farmaceutico e all’agroalimentare, Imperia (30,3%), forte dell’industria olearia e della distribuzione alimentare moderna, Enna (26,8%), Nuoro (26,1%), Parma (23,5%), Benevento (22,9%), Brindisi (22,8%), Matera (21,3%), Perugia (21%) e Trapani (20.9%).
Brescia e Modena le città che rischiano più posti di lavoro - Un’altra chiave di lettura riguarda la ricaduta sull’occupazione, visto che sono oltre 2 milioni in Italia i lavoratori impiegati nei settori più impattati dal covid. In questo caso sono Brescia e Modena le città che in percentuale rischiano di perdere il maggior numero di posti di lavoro (nei segmenti più in crisi hanno rispettivamente il 43,1% e il 40,3% degli occupati), seguite da Reggio Emilia (40%), Vicenza (39,1%), Bergamo (37,8%), Salerno (36,5%), Verona (34,8%), Padova (32), Monza e Brianza (28,2%) e Parma (23,9%). In termini assoluti, invece, le prime tre sono Brescia (98.000 lavoratori a rischio), Bergamo (92.000) e Vicenza (76.500). Se poi si considerano le circa 110mila imprese entrate in crisi di liquidità nel corso del 2020 (il 30% del totale) si vede che la regione percentualmente più colpita dal fenomeno è la Toscana: ben cinque città infatti hanno quote di imprese in sofferenza che vanno dal 35% di Prato al 32,7% di Grosseto, passando per Siena (34%), Pistoia (33%) e Livorno (32,8%). Le altre città nella stessa situazione sono Rimini (34,6%), Gorizia (32,8%), Brindisi e Verona (32,7%), Pordenone (32,4%).