Il recente rapporto pubblicato dall'Ong riconosce il ruolo dei giganti del web di connettere miliardi di persone, ma ne "condanna" la scarsa tutela della privacy
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Un'indagine di Amnesty International, "I giganti della sorveglianza", accusa i colossi del web di usare "modelli di business basati sulla sorveglianza" che minacciano i diritti umani e mettono a rischio la privacy di ogni utente. Facebook replica: "Siamo in disaccordo con il report, il nostro social consente alle persone di tutto il mondo di connettersi in modi che proteggono la privacy, anche nei paesi meno sviluppati con strumenti come Free Basics".
Nonostante la Ong riconosca il ruolo di Google e Facebook di "connettere il mondo e fornire servizi cruciali a miliardi di persone", allo stesso tempo critica questi benefici perché pagati a un prezzo elevato: lasciare incustoditi i propri dati nelle mani dei giganti della rete. Ebbene sì, perché il modello dei colossi - secondo quanto rivela il rapporto di Amnesty International - è basato sulla raccolta dati degli utenti, sul tracciamento delle attività online e sulla loro categorizzazione a scopi pubblicitari. "Un vantaggio, quello della tecnologia e del mondo del web - fa notare il report - che si fonda sul godere dei diritti umani online sottomettendosi a un sistema basato sull'abuso dei diritti umani".
Insomma un'accusa che mette in luce un attacco al diritto alla privacy senza precedenti ed evidenzia come ormai non siamo più sicuri della tutela, non solo dei nostri dati sensibili, ma anche di diritti come la libertà di espressione e opinione e il diritto alla non discriminazione.
"Google e Facebook dominano le nostre vite moderne, accumulando un potere senza pari sul mondo digitale con la raccolta e la monetizzazione dei dati personali di miliardi di persone - dice il segretario generale di Amesty International Kumi Naidoo all'Ansa - il loro controllo insidioso della nostra vita digitale mina l'essenza stessa della privacy ed è una delle principali sfide per i diritti umani della nostra era".
La risposta di Facebook - "Siamo in disaccordo con il rapporto di Amnesty International. Facebook consente alle persone di tutto il mondo di connettersi in modi che proteggono la privacy, anche nei paesi meno sviluppati con strumenti come Free Basics - ha commentato un portavoce di Facebook Company - Il nostro modello di business e' quello con cui gruppi come l'Ong - che attualmente pubblicano inserzioni su Facebook - raggiungono i sostenitori, raccolgono fondi e portano avanti la loro missione".