Il libro di Giulio Xhaet e Francesco Derchi, esperti del web, spiega i meccanismi del digitale in un momento in cui l'assenza di cybersicurezza e l'automazione mettono a rischio privacy e lavoro
di Luisa Indelicato© ufficio-stampa
Nell'era dei social network, ma anche dello scandalo Facebook-Cambridge Analytica e dell'automazione che sottrae posti di lavoro, Digital Skills (Hoepli, pgg. 254, 21,16 euro) diventa una guida che offre spiegazioni sui meccanismi "oscuri" del web, ci fa capire quanto sia importante avere una Rete libera, soprattutto dal businness, e dà soluzioni a domande a cui spesso non riusciamo a rispondere. Tgcom24 ha intervistato gli autori Giulio Xhaet e Francesco Derchi, che hanno messo in guardia i lettori: il segreto per navigare sicuri nell'era digitale è qualcosa che già nell'antichità i filosofi affinavano e che ora gli anglosassoni chiamano "critical thinking".
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Giulio Xhaet
Come Giulio Xhaet e Francesco Derchi hanno affermato a Tgcom24, la maggior parte degli hacking andati a buon fine sono causati dalla scarsa attenzione. Per questo il pensiero critico è un anticorpo potentissimo che difende dall'ingegneria sociale e dai bias cognitivi, "le scorciatoie che il nostro cervello prende, semplificando troppo, banalizzando la realtà e che ci fa seguire quasi sempre fonti di informazioni che dicono ciò che pensiamo, che confermano i nostri giudizi. Sui social media questo bias si è rafforzato moltissimo". Tra l'altro, spiega Xhaet, "il critical thinking è diventato una delle competenze trasversali più ricercate e ambite di questi anni in ambito lavorativo. Un buon pensatore critico è un buon analista. Per fare un esempio, tra tutte le professioni quella che negli anni passati faceva del pensiero critico la sua peculiarità distintiva era l’investigatore. La parola inglese detective deriva da to detect, che significa 'individuare', individuare ciò che si avvicina alla verità tra diversi e a volte opposti indizi. La professione ha ispirato negli anni la creazione di personaggi celeberrimi nella letteratura, nel cinema e nelle serie televisive, a riprova del fatto che il critical thinking può essere una competenza oltremodo affascinante. Basti pensare a Sherlock Holmes o a Carrie Mathison di Homeland".
Big Data, algoritmi, post verità, fake news cosa sono?
G.X.: "Cerco di fare un po' di ordine: gli algoritmi sono un insieme di istruzioni per maneggiare i dati e ricavarne informazioni e servizi. I big data sono oggi la materia prima che sfruttano gli algoritmi. Non a caso la professione più richiesta degli ultimi anni è il Data Scientist, che sa leggere e interpretare i Big Data. Lo scandalo Cambridge Analytica ha mostrato con estrema virulenza quanto sia oggi facile estrarre dati e Big Data dalle persone sui social media e poi sfruttarli, ad esempio a fini elettorali, usando un algoritmo capace di selezionare le persone in base al loro profilo di personalità. La Post-verità è lo zeitgeist di questi anni. La verità dei fatti conta sempre di meno, l’importante è la simpatia e l’emozione che suscita una persona o una fonte informativa. Questo ha facilitato l’ascesa delle fake news e così di Donald Trump, che ora governa il mondo occidentale perché percepito lontano dall’establishment e che rifiuta un sistema basato su conoscenza e competenza: Trump è il più grande influencer al mondo della pancia delle persone".
Serve che la Rete sia regolamentata dove manca? Almeno in ambito di cybersicurezza come si dovrebbe agire?
F.D.: "La questione normativa è di estrema attualità e tocca in maniera diretta diversi aspetti del mondo digitale. Personalmente penso che ci siano sicuramente alcuni aspetti che abbiano bisogno di essere normati e sui quali occorra avere una particolare attenzione come ad esempio quello legato al cyberbullismo, ma bisogna affrontare l'argomento con una grande cautela per non cadere in pensieri semplicistici. Parlando di cybersecurity, ad esempio, sappiamo che la maggior parte dei tentativi di hacking andati a buon fine avviene per una scarsa attenzione o preparazione da parte degli utenti piu che per limiti dei sistemi di difesa. Trattandosi di iniziative legate al mondo sociale è pressoché impossibile inserirsi in maniera censoria e cautelativa con iniziative strutturali come ad esempio delle norme. Siamo noi utenti che apriamo la porta di casa direttamente ai ladri interagendo con email apparentemente interessanti e appetitose, trovandoci poi con file bloccati...se non peggio! Si chiama ingegneria sociale ed è la vera minaccia alla sicurezza digitale cui si può rispondere solo con una grande dose di attenzione e consapevolezza".
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Francesco Derchi
La libertà di internet deve rimanere tale? Fin dove si può agire?
F.D.: "Nel mondo occidentale, la libertà di internet sembra minacciata più da tematiche di business, quindi da interessi privati. Ad esempio c'è un oggettivo interesse da parte delle potenti aziende telco per fare abrogare la legge chiamata Open Internet Order che l'amministrazione Obama aveva votato nel 2015 e che di fatto garantiva la libera distribuzione di tutti i contenuti via internet. L'abrogazione permetterebbe ai fornitori di banda larga (per ora sono in USA) di entrare nel merito dei contenuti trasportati durante la connessione e quindi potenzialmente di bloccare siti web e digital content: qualunque fosse la ragione, è evidente che questo inciderebbe sull'esperienza dell'utente finale. E' facile quindi immaginare perchè a questa iniziativa lobbistica si siano opposti i grandi padri fondatori del web, gli autori del Cluetrain Manifesto, la Internet Society nella sua totalità e tantissimi liberi pensatori".
La Rete non è solo uno strumento di marketing...
F.D: "Beh, credo che internet sia la cosa più bella mai capitata al mondo da 2000 anni a questa parte. Penso ad esempio a tutte le piattaforme di education ma anche di divulgazione che stanno fiorendo: prendiamo Coursera.com piuttosto che Ted.com. Sui rispettivi siti è permesso a chiunque di accedere a contenuti delle più grandi università, dei migliori professori del mondo o di grandi pensatori e in maniera assolutamente gratuita è possibile usufruire di percorsi di formazione delle più varie materie, siano queste scientifiche o umanistiche. Strumenti come questi agiscono direttamente sulle persone, permettono loro di crescere, pensare e migliorare: possono fare cambiare il corso delle cose. La responsabilità di usare internet per fare del bene è solamente nelle nostre mani".
Infine, di fronte all'automazione come guardare al futuro del mondo del lavoro?
G.X.: "Parto da alcuni dati significativi: secondo diverse fonti, tra cui il World Economic Forum, le 10 professioni più cercate nel 2016, dieci anni prima non esistevano. Le 10 competenze più rilevanti, 10 anni prima non erano centrali, mentre il 65% dei bambini che iniziano questi anni le scuola elementare farà un lavoro che oggi nessuno conosce. Il punto è che il digitale accelera il ritmo dei cambiamenti. Sulle competenze diventa significativo lo sviluppo di soft skill, le competenze trasversali, digitali e non, perché hanno una data di scadenza meno ravvicinata. Mentre possedere solo capacità tecniche è rischioso: diventano obsolete alla velocità della luce, come un 'nuovo' pc o uno 'nuovo' smartphone".