Spazio, scoperte le onde gravitazionali: Einstein le predisse nel 1916
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Per la fisica è un risultato senza precedenti perché fornisce anche la prima prova diretta dell'esistenza dei buchi neri. - Il coordinatore di Virgo: "Nuova pagina: ora si studierà ciò che non si vede" - Cosa sono queste misteriose increspature dello spazio-tempo
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"Nel 1916 Einstein ha predetto le onde gravitazionali. Oggi siamo felici di annunciare che abbiamo rilevato per la prima volta le gravitazioni universali". E' l'annuncio con il quale si è aperta la conferenza stampa all'Osservatorio gravitazionale europeo (Ego), a Cascina, in provincia di Pisa. E' stata la collisione tra due buchi neri avvenuta un miliardo di anni fa a provocare il primo segnale delle onde gravitazionali.
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La prima rilevazione delle onde gravitazionali di Einstein è avvenuta il 14 settembre 2015 alle 11.50 (fuso Central Eastern Time), quando i due interferometri di Hanford e Livingston (rispettivamente nordest e sudovest degli Stati uniti, esattamente a 3.002 chilometri di distanza l'uno dall'altro) hanno rilevato lo stesso segnale
Si tratta del primo segnale mai scoperto, rilevato dalle antenne dello strumento Ligo ed analizzato fra Europa e Stati Uniti dalle collaborazioni Ligo e Virgo, alla quale l'Italia partecipa con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Per questo motivo la conferenza stampa avviene in contemporanea tra Stati Uniti e Italia
Per la fisica è un risultato senza precedenti: il risultato è doppiamente sorprendente perché, oltre a confermare l'esistenza delle onde gravitazionali, fornisce anche la prima prova diretta dell'esistenza dei buchi neri.
Serve un doppio premio- Un doppio Nobel: è il minimo che ci si possa aspettare dalla scoperta di un fenomeno inseguito da decenni, come le onde gravitazionali, che ha portato con se' la conferma dell'esistenza dei buchi neri. "Non è stato un caso: cominciamo adesso a vedere l'universo con altri occhi ed e' inevitabile che ad una scoperta se ne associ un'altra", ha osservato Pia Astone, ricercatrice dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e una delle sei persone che hanno redatto l'articolo che descrive la scoperta sulla rivista Physical Review Letters, appena pubblicato online e liberamente accessibile.