Set dei più celebri film western, la famosa terra rossa regala scenari unici e mozzafiato
Un panorama rosso fuoco, arido e inospitale, dove l’orizzonte è interrotto da imponenti formazioni rocciose che emergono prepotentemente dal suolo, disegnando uno degli scenari naturali più affascinanti in assoluto, quello della Monument Valley, situata al confine fra Utah e Arizona.
Set naturale di decine di film western, il solo regista John Ford ve ne ambientò sette, autentiche icone del genere come Ombre Rosse, unanimemente considerato il prototipo del western classico. Jhon Ford diceva: “La vera star dei miei film western è sempre stato il paesaggio. La mia località preferita è Monument Valley. Ci sono fiumi, montagne, pianure, deserti. Lo considero il luogo più completo, più bello e pacifico del mondo”. Per le sue produzioni lavorò a stretto contatto con i navajo, la popolazione di nativi americani originari di queste terre, che nel 1958 vennero ufficialmente riconosciute come loro parco etnografico e in virtù di questo ne mantengono tuttora la gestione.
La Riserva Navajo occupa tutto il nordest dell'Arizona, la parte sud-orientale dello Utah e nord-occidentale del New Mexico. E' la più grande area di terreno assegnato principalmente ad una giurisdizione dei nativi americani all'interno degli Stati Uniti. Le emblematiche alture dalla cima piatta della Monument Valley diventarono lo stereotipo del selvaggio West. Furono costruiti scenari quali ferrovie, fortini, il famosissimo OK Corral, dove si svolse una delle sparatorie più celebri della storia del west e poi case coloniche e accampamenti veri e propri, arricchiti di cactus trapiantati per rendere ancor più scenografico il contesto.
La Monument Valley di per se è un pianoro di origine fluviale con una superficie di 120 chilometri quadrati, la cui origine risale a circa 65 milioni di anni or sono, quando il terreno, in precedenza ricoperto dalle acque, si innalzò progressivamente; i movimenti della crosta terrestre spezzarono l'altopiano in numerosi tavolati che l'erosione plasmò in torrioni, archi e guglie. Questi monumenti naturali, formati da roccia e sabbia, devono il loro colore rosso intenso alla presenza di ossido di ferro. Sono chiamati mesas, tavole, quelli più lunghi che alti e butte, quelli più alti che lunghi con la sommità piatta e tendenzialmente orizzontale. Molti monoliti raggiungono un'altezza di 400 metri e sono composti da un corpo verticale di arenaria rossa con in cima un cappello di pietra più resistente, che ha protetto gli strati sottostanti dall'erosione.
La forma delle rocce ha ispirato i nomi più curiosi: il massiccio del "Castello" circondato da merlature; la "Gallina nel Nido" che assomiglia molto al pennuto; persino alcuni massi sono dedicati alle mani e alle dita. I geologi usano il termine di "rocce isolate" per descrivere i resti di erosione che, essendo più alti che larghi, spesso assomigliano a colonne, guglie, castelli o templi. Da qui il nome della regione, che lo scrittore americano Zane Grey definisce come "un mondo lontano increspato di giallo e porpora".