© Istockphoto | Panorama sulla Val d'Orcia
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Natale in atmosfera medievale, fra spiritualità, benessere e piaceri della tavola
di Nadia Baldi© Istockphoto | Panorama sulla Val d'Orcia
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Una vacanza a Montalcino per le Festività di Fine Anno, quando le sue campagne silenti e ordinate si presentano come icona di armonia fra uomo e natura, pari a quelle raffigurate già nel Rinascimento dai pittori della scuola senese: luoghi perfetti per una gita fuori porta nel borgo antico chiuso dentro a mura medievali, nell’Abbazia di Sant’Antimo e nell’antico Castello di Velona, coperto dai vapori delle acque termali di origine vulcanica. Per ritrovarsi circondati dalle colline della Val d’Orcia, sito patrimonio Unesco, e dai vigneti che rappresentano un pezzo d’eccellenza vitivinicola italiana nel mondo.
Percorrendo le strade che tagliano sinuosamente le colline toscane, il nostro viaggiatore scorge Montalcino da lontano con le torri della sua fortezza pentagonale del XIV secolo eretta per la difesa del territorio di Siena, a cui Montalcino era fortemente legata. Passando per la grande porta ad arco a sesto acuto senese si accede all’interno del cortile e, dopo aver salito le scale, alla cinta muraria per percorrere il camminamento di ronda, da cui si apprezza il cuore della Toscana. In lontananza svetta il millenario vulcano dell’Amiata. Le dimensioni di Montalcino sono a portata di pigri: in poche ore si gira a piedi, partendo da Porta al Cassero, l’ingresso sud occidentale, che conserva uno stemma mediceo sopra al varco, e poi procedendo verso il reticolo di stradine che portano a piazza del Popolo, dalla forma estremamente allungata, obbligata dal crinale della collina su cui è costruita la città. Se il nostro viaggiatore si imbatte in una lupa che allatta due bambini su una colonna in marmo, la colonna pretoria romana, il motivo è la fratellanza con la Roma; la leggenda vuole infatti che Siena (e i suoi borghi di conseguenza) sia stata fondata dai discendenti di Remo.
Usciti dalle mura, imbocchiamo la strada verso Castelnuovo dell’Abate. Se la nebbia caratteristica di queste terre lascia scoperti i crinali e le cime delle colline allora si vedrà svettare in modo emozionante il Castello di Velona: un maniero imponente sulle direttrici della via Francigena, un castello come quelli delle fiabe, appoggiato su un’altura alle pendici dell’antico vulcano Amiata. Velona aveva grande importanza nel Medioevo: è rappresentata perfino nelle mappe affrescate in Vaticano da Ignazio Danti. Il castello, fino al 6 gennaio in veste natalizia, con decori e luminarie chic, è un rifugio esclusivo per il viaggiatore che vuol soddisfare quell’egoismo positivo, o amor proprio che dir si voglia, concedendosi bellezza e piacere. L’edificio tutto in pietra è stato costruito per volere di Carlo Magno e dopo oltre 1000 anni è stato completamente ristrutturato, cosicché oggi si può dormire in stile antico con le comodità contemporanee. Il monte Amiata, che fu vulcano, porta la sua acqua calda, che qui sgorga a 85°C, la più calda della Toscana, nelle grandi piscine a sfioro del castello ed in alcune camere dell’albergo, mentre dalla palestra panoramica pare di planare verso il verde della valle. Una pur breve chiacchierata con il direttore sanitario della struttura, esperto in medicina e filosofie orientali, servirà a trovare le soluzioni allo squilibrio accumulato con le ansie della routine quotidiana.
Il travertino è il materiale predominante in tutte le sale e nelle piscine, è la pietra che si ritrova nella vicina Abbazia di Sant’Antimo, richiamandone la solidità. Circa 1500 passi separano il Castello dall’Abbazia, dove si pratica preghiera e meditazione, dove il nostro viaggiatore può ascoltare il canto Gregoriano, da sempre parte integrante della liturgia dei monaci benedettini che per secoli hanno abitato l’Abbazia; una modalità diversa di vivere la preghiera e la spiritualità. La sorprendente semplicità dell’architettura della chiesa e l’impatto di luce soffusa che penetra con linee nette attraverso le poche aperture, disegnano uno spazio interno emozionante. L’orto, il giardino, il chiostro e l’officina farmaceutica rendono Sant’Antimo un microcosmo che invita a rimanere ancorati ad un passato senza tempo.
Oltre alla spiritualità sono necessari dei genuini peccati di gola: al Settimo Senso, all’interno delle spesse mura del Castello, le ricette locali sono magistralmente interpretate dal giovane promettente chef Andrea Fanti, innamorato dei suoi piatti, creativo nelle presentazioni e instancabile nello studio degli intrecci di sapori. Vegetali dell’orto, carne dei produttori dei dintorni, olio extravergine d’oliva biologico e vini della propria terra (il loro Brunello, prodotto in poche migliaia di bottiglie, si trova solo lì), sono la tavola delle leggi della cucina. La veranda che guarda verso occidente permette di godersi tramonti che si riflettono nel corso del fiume Orcia e, per i festeggiamenti di capodanno, di ammirare il gioco di colori dei fuochi d’artificio per l’occasione.