L'Expo è iniziata. Ma a Dubai
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Nel paradiso già partiti i cantieri in vista della faraonica edizione del 2020. E Milano viene"anticipata" anche sul tema del cibo
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A Dubai le cose piccole, semplicemente, non esistono. Ogni paragone con la realtà del mondo "fuori", a partire da quello occidentale su cui si sono basati gli Emirati per costruire la loro wonderland, è ingeneroso. Però, un milanese, un italiano che passa da quelle parti in questi giorni, si fa delle domande trovandosi nel luogo già designato per ricevere il testimone dell'Expo dal capoluogo lombardo.
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Nel 2020 il mondo si ritroverà qui e parlerà di altri temi, di tecnologia, di progresso, di dove stiamo andando e dove andremo: sostenibilità, mobilità, opportunità. Il titolo è quanto meno affascinante: connecting minds, creating the future, connettiamo le intelligenze, creiamo il futuro. Problemi e necessità ancora e sempre secondari rispetto all'alimentazione - mangiare pur bisogna -, ma che sono fondamentali in un'ottica di sviluppo. Non è casuale, forse, che un appuntamento legato a queste cose sia stato assegnato a Dubai, che ha bruciato i russi nella corsa all'Expo: energia pulita, connessione, vetrina del nuovo millennio che per gli emiri locali prenderà in qualche modo il via proprio qui, tra cinque anni.
Non si può fallire, rischiare figuracce, servono affidabilità e risorse. E il progetto del sito e delle infrastrutture a esso legate è qualcosa di mostruoso, di inimmaginabile neanche per chi ha già assaggiato le nuova cattedrali pagane di questo strano pezzo di Islam, come le isole artificiali a forma di palma, i 1600 metri di altezza della torre di Burj Kharifa, i cento e cento grattacieli: come in occasione di queste grandi costruzioni, a Dubai hanno già preso un pezzo di deserto alle spalle della città, l'hanno recintato e hanno cominciato a lavorare: 150 ettari ai quali si aggiungeranno altri 4,5 milioni di metri quadri per la realizzazione del Mall of the World, letteralmente il Centro Commerciale del Mondo, l'ennesima città nella città che nelle intenzioni deve diventare il più frequentato sito turistico mondiale, tutto ovviamente all'insegna del commercio e del soldo.
Cento alberghi, migliaia di negozi e ristoranti, un parco tematico, terme e chi più ne ha, più ne metta. Nell'avveniristico progetto, il punto da mascella aperta è rappresentato dalla climatizzazione dell'intera zona, strade e punti all'aperto compresi: il tutto con una sorta di tetto nebulizzato, cupole che manterranno l'ambiente vivibile, alimentate solo da energia alternativa. I cantieri sono già iniziati, la strada più vicina al futuro centro del mondo non è proprio attaccata, ma si può vedere la delimitazione del territorio, le barricate già alzate a difesa degli sguardi troppo curiosi. Il lavoro da compiere è almeno il triplo di quello compiuto (o da compiere) a Milano, ma qui le date sono scritte, e non si sgarra: il 20/10/2020 si alza il sipario e il 20/10/2019 i lavori - tutti - devono essere completati. Mancherà un anno, e verrà totalmente speso nel collaudo, nel controllo e nelle eventuali correzioni di tutto il sistema.
Ora, sarà vero che i soldi aiutano, ma l'organizzazione e l'assoluta impossibilità di vedere infilarsi mani sporche nella pasta molto di più: se da noi, a -76 dall'inaugurazione, un casello autostradale è ancora un complicatissimo cantiere - vedi barriera Milano Ghisolfa - non è un problema di denari e di sceicchi; o meglio, lo è in funzione del fatto che qui, gli sceicchi, non avrebbero consentito è tollerato maneggi, ritardi, burocrazia, rimandare a domani quello che potevi fare oggi. A Dubai non si scherza, si trapana e martella, perfino troppo: il diritto del lavoro, da quelle parti, ha ben altre questioni che quella dell'abolizione dell'articolo 18. Fa effetto, in una sera del weekend arabo, passare vicino a uno dei tanti infiniti palazzi e sentire il rumore delle attrezzature in funzione, la giornata in cantiere quasi sempre è di almeno 10 ore. Gli Emirati accolgono tutti, la più vasta etnia non è quella dei locali, ma quella degli indopakistani, seguita dagli iraniani e dai cinesi: abbassate la testa, lavorate, non protestate e rimarremo amici. Chissà se gli sceicchi, quando si tratterà a casa loro di "creating the future" e di opportunità, si ricorderanno anche di queste cose.
Per il momento, sorpassano, o meglio anticipano i loro predecessori milanesi anche per quanto riguarda il cibo: in tutto il mese di febbraio, ancora Dubai ospita il Food Festival, una gigantesca kermesse sugli alimenti, la cucina, la ristorazione che parte dai sapori e dalle specialità del posto e decolla poi verso tutto il mondo. Va da sè che non si assaggia o mangia e basta, ma che esiste un corollario di eventi ed esperienze multiculturali, convegni, dagli incontri con gli chef a percorsi di "street food", punteggiati in più luoghi e locali della metropoli emiratina.
E siccome, come sempre, il dio denaro rimane sullo sfondo, l'occasione è perfetta anche per riunire qui manager e professionisti si tutto il mondo per le promozioni, la stipula di nuovi accordi. Insomma, il buffet è già stato allestito qui, e in maniera ricca: l'Expo milanese ha scopi e traguardi più alti, ma si può essere certi che al livello del pubblico si proporrà e avrà successo come una sorta di gigantesco Masterchef nell'area di Rho-Pero. Che, sarà perché non c'è il mare, non assomiglia affatto a Dubai.