© Ufficio stampa | Laghi Nabi
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Dopo il lockdown si passeggia nella natura in solitudine e libertà
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È nel cuore della nostra penisola, fra Basilicata, Molise, Campania, che si può assaporare più che altrove la libertà, qual bene prezioso adesso più che mai, e quel che prima era territorio selvaggio diventa ora per il viaggiatore un “luogo senza limiti né costrizioni”. Un’attrazione fortissima.
Il nostro viaggiatore raggiunge la Campania, nel centro-sud Italia, cuore della nostra penisola, da dove, muovendosi in autonomia verso Molise e Basilicata, scegliendo i percorsi con originalità e abbandono alla casualità, si troverà di fronte ad una varietà di colori che cambiano repentinamente: dall’oro del grano maturo (questo è il comprensorio granicolo più importante d’Italia), al verde intenso dei pascoli e dei parchi protetti (come il Matese e il Pollino), dall’ocra delle rocce e della vegetazione delle Murge, al blu cristallino del mar Tirreno e dal camouflage dei laghi Nabi al rosa dell’alba adriatica; tutti trasmettono sensazioni di sconfinatezza, di inafferrabilità. Dimensioni liberatorie.
Ed eccola lì la “libertà no limits”, nell’Oasi Naturale dei Laghi Nabi sul litorale Domizio in provincia di Caserta, un’area di ex cave di sabbia che è diventata un esempio di parco dove poter vivere appieno la natura. I laghi permettono di navigare in kayak, in canoa o in barca a vela, mentre si pratica il birdwatching per aggiudicarsi la fotografia esclusiva di qualcuna delle specie di uccelli che popolano questa oasi. Si può percorrere in bicicletta la pista ciclabile, anche di notte: questa pista è lunga 1,5 km, la più lunga luminescente del pianeta (di più della nota pista ciclabile olandese Van Gogh-Roosegaarde Cycle Path di Nuenen, alle porte di Eindhoven, che richiama l’opera d’arte la “Notte Stellata” di Van Gogh). Pur essendo un glamping (campeggio glamour) fatto di piccoli lodge in legno sospesi sulle acque di Laghi Nabi e integrato nei colori dell’oasi, la colazione sul pontile di legno delle “palafitte” è regale, il pic nic sulla riva del lago sembrerà la versione contemporanea della “Colazione sull’erba” di Claude Monet, e per cena il lume di candela sarà un romantico modo di far luce senza disturbo per l’habitat circostante.
Si riparte. Bussola puntata a nord-est, guidati dall’orizzonte delle alture appenniniche del Molise: qui ci sono tante nature, incontaminate e maestose, selvagge e sfumate, racchiuse fra le montagne, le colline e l’affaccio sul mar Adriatico. Con l’auto, guidando lentamente fino a Campitello Matese e Capracotta, si incrociano paesaggi integri, rustici, dove il verde, in primavera prende il posto del candore della neve che ormai è stata sgretolata nella corsa dei ruscelli, fin là dove il pianoro di Prato Gentile diventa un reticolo di sentieri per il trekking. Si possono vedere dal vivo nel loro habitat inalterato animali come il nibbio reale, la salamandra pezzata e quella con gli occhiali; per i più fortunati è possibile vedere le tracce della ritrosa lince, dell’orso marsicano e del lupo (recentemente ne sono stati avvistati nel Parco regionale del Matese). Finalmente si approda in un antico borgo, Castel del Giudice, al confine con l’Abruzzo a 800metri di altitudine, immerso tra boschi e scenari montani rigogliosi attraversati da sentieri che il nostro viaggiatore potrà imboccare per praticare escursioni nella bellezza naturale primitiva, o per emozionarsi nelle rapide del fiume Sangro, praticando il rafting.
In questo borgo (un tempo abbandonato, poi risorto grazie ad un progetto pubblico-privato), è nato il meleto biologico “Melise”, 40 ettari di campi dove sono state recuperate antiche colture autoctone come la mela zitella, la gelata e la limoncella. Case e stalle in disuso sono state trasformate nell’albergo diffuso Borgotufi: esempio di strutture ricettive in legno e pietra locale perfettamente integrate con il paesaggio, dove, dopo ore e ore trascorse all’aria aperta in modo spartano, il viaggiatore può sentirsi a proprio agio lasciandosi coccolare da tutte le comodità di una struttura alberghiera. A far gustare la cucina tipica ci pensa il ristorante “Il Tartufo” dove formaggi e tartufo sono protagonisti a fianco delle ricette a base di mele biologiche.
Per sgranare gli occhi di stupore e meraviglia basta raggiungere la vicina zona di Pantano della Zittola, una sorta di wild west, uno dei caratteristici territori umidi dell'Appennino dove pascolano liberi branchi di cavalli selvaggi, oppure perdersi lungo i tratturi, grandi cammini che si presentano come distese d'erba dove un tempo avveniva la transumanza, che attraversano la regione.
Scendendo a sud il labirinto di sentieri della Murgia materana ci tratterrà, se vogliamo, per intere giornate di cammino ed esplorazione: a piedi, in bici o a cavallo i percorsi di questa terra si adattano a tutte le gambe. Ma non può mancare una tappa a Matera. La gravina su cui si affaccia la città di Matera è uno spettacolo: si tratta di un profondo solco calcareo sul fondo del quale scorre l'omonimo torrente, e come in un canyon le pareti sono scoscese, adornate da una vegetazione rigogliosa, frammentata da rocce possenti. Nelle giornate limpide si può percorrere, meglio se guidati da esperti. Certe mattine invece va osservata dalle terrazze della cittadina quando dalle profondità della gola risale una nebbiolina sottile e fresca che avvolge tutto il paesaggio di mistero. Dormire nei “sassi” sarà un’ulteriore emozione, un’esperienza atavica da provare: alla Corte San Pietro di Les Collectionneurs le antiche case sono state trasformate in raffinate dimore, monocromatiche, lineari e precise come gli archi di tufo fra stanza e stanza, rese accoglienti dalla speciale luce riflessa dalla pietra chiara dei pavimenti, delle pareti e dei soffitti, delle nicchie e delle vasche da bagno.
Di buon mattino il nostro viaggiatore si dirigerà verso la Riserva Naturale di San Giuliano, una zona umida dove la voce degli uccelli prevale sul silenzio e sulla solitudine apparente; questo straordinario ambiente naturale protetto trasmette concretamente tutta la sua millenaria memoria, quella cioè che aveva generato e conservato la gigantesca balena (quasi 27 metri di lunghezza) di cui qui nel 2006 si è ritrovato lo scheletro fossile: Giuliana, così è stata chiamata, risale al pleistocene, circa 10milioni di anni fa.