© Istockphoto | Tarquinia, l'esterno della necropoli etrusca
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Dalle rive del lago vulcanico di Vico alle deserte spiagge di Tarquinia
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Se è vero che il trekking è uno dei pochi sport che non ha controindicazioni né divieti assoluti, allora la meta perfetta in questo periodo per il nostro viaggiatore si trova nel cuore della Tuscia, Alto Lazio, la culla degli Etruschi, fra il Lago di Vico e Tarquinia.
Il Lago di Vico affonda le sue origini in un antico vulcano, che dopo aver esaurito la sua attività ha lasciato nell’area del cratere questo specchio d’acqua, un tempo ben più grande, ad un’altitudine di 507 metri. La Riserva naturale di cui fa parte e in cui il nostro viaggiatore potrà perdersi piacevolmente è coperta da boschi di castagni e faggi, suggestivi in questa stagione con tutte le sfumature dei colori eccentrici del foliage autunnale. Percorrere il periplo del lago significa camminare per circa 20 chilometri, non più di 4 ore, attraversando paesaggi completamente diversi, fra noccioleti, prati, spiagge (sì, perché il lago è balneabile), punti di bosco fitto e zone di apertura visiva al panorama, oltre ad una parte di strada carrabile e trafficata (ma ci sono dei viottoli alternativi).
A nord del lago si trova il Monte Venere, un cono vulcanico avventizio che dai suoi 850 metri di altezza permette scorci inaspettati sul lago; in effetti la deviazione comporta qualche ora in più di cammino, ma merita di essere affrontata: sulla vetta il viaggiatore si sofferma di fronte al Pozzo del Diavolo, un antro buio e spazioso, che secondo i geologi è la bocca del condotto lavico del vulcano, ma che nella tradizione locale aveva funzione di riparo dai briganti. Qui regna il silenzio. Gli alberi si diradano a tratti e l’atmosfera si fa misteriosa in mezzo a qualche tronco disteso e invecchiato dagli agenti atmosferici. La discesa sarà più rapida e facile fino alla Valle di Vico, coperta da piccoli alberi di nocciole, e poi alle falde del monte Fogliano, che si erge ad ovest del lago per chiudere infine l’anello trekking intorno al lago.
Una cinquantina di chilometri - meglio se affrontati in slowdrive a bordo di un’auto d’epoca, una Giulietta Alfa Romeo o un maggiolino, da noleggiare (scrivendo a info@slowdrive.it) per provare un’esperienza indimenticabile - e si arriva nei pressi delle spiagge di Tarquinia; non si può tralasciare di visitarla nella meravigliosa zona etrusca. Gli Etruschi, o Tusci (in latino) da cui il nome Tuscia, abbracciavano la cultura edonista, vivevano nel lusso e amavano il buon cibo ed il buon vino; non risparmiavano sulle cose belle e quelle – poche – testimonianze architettoniche ed artistiche che ci sono giunte dimostrano appieno il loro modo di vivere. Del resto si tenevano stretta la terra dove avevano messo radici: la regione che oggi corrisponde a Toscana, una piccola parte della Liguria, Umbria e alto Lazio doveva apparire quasi come un paradiso in terra, segnata com’era da pianure fertili in cui cresceva un grano speciale, dove le colline erano dolci, fresche e ricche di cacciagione, contornate di viti e ulivi, dove il ferro e il marmo abbondavano. Conquistarono poi territori a nord fino alla pianura padana, a sud fino all’attuale Campania e la Corsica, ma preferirono a tutto quella Tuscia in cui era così dolce e comodo vivere.
La Necropoli di Monterozzi, le tombe dei leopardi, del guerriero, della caccia, l’altorilievo dei cavalli alati, l’area archeologica di Gravisca, i sarcofagi (fra cui il noto sarcofago degli sposi, conservato però a Roma) – che da soli meritano un viaggio - coi loro colori vivaci in gran parte perduti, rappresentano metaforicamente l’invidiabile qualità della vita di questa cultura.
Chissà se anche gli Etruschi amassero camminare da soli o in coppia sul litorale davanti a Tarquinia durante l’autunno. Se fosse, avrebbero sicuramente scelto la spiaggia di Pian di Spille, un solitario tratto costiero che conserva un arenile naturale di sabbia dorata con alle spalle una fitta pineta profumata, umida, vitale. Il nostro viaggiatore cammina in tutta libertà con la mascherina abbassata per inalare iodio e sentire l’odore del salmastro per oltre 10 chilometri verso nord, fra il mare azzurro cristallino e la macchia mediterranea, fino a raggiungere Marina di Montalto di Castro.
Poi rientrando verso Tarquinia si incontra a sorpresa un altro paesaggio suggestivo: la Riserva Naturale Saline di Tarquinia è l’unica salina del Lazio ed ospita uccelli come il fenicottero rosa, l’airone cenerino, ed altri, da “spiare” e fotografare prenotando visite e facendosi guidare per cogliere il momento, la luce, lo scenario migliore per fare scatti fotografici indimenticabili.