Ribaltata la sentenza della Corte di Appello di Ancona che aveva fatto riferimento all'aspetto della ragazza per minare la sua credibilità
La Corte di Appello di Perugia ha ribaltato, dopo l'annullamento con rinvio della Cassazione, la sentenza della Corte di Appello di Ancona che aveva assolto due giovani sudamericani accusati di aver violentato una ragazza peruviana a Senigallia. Il verdetto fece scalpore perché si faceva riferimento anche alla "mascolinità" della ragazza per dare credito alla versione assolutoria dei due imputati e, al contrario, minare la credibilità della vittima.
La vicenda I fatti risalgono a marzo 2015. La 22enne peruviana si era recata in ospedale con la madre dicendo di essere stata stuprata, pochi giorni prima, da un coetaneo, mentre un amico faceva il palo. I tre erano usciti a bere una birra, ma la situazione era degenerata. Gli imputati si erano sempre professati innocenti dicendo che i rapporti erano consensuali. Nel 2016 erano stati condannati in primo grado, ma assolti in Appello nel novembre 2017.
La sentenza di assoluzione Nel dispositivo la donna violentata veniva definita "la scaltra peruviana" e venivano inseriti diversi commenti e valutazioni fisiche sulla sua scarsa avvenenza. A supporto dell'innocenza del presunto stupratore, era stato persino scritto che sul proprio cellulare l'aveva memorizzata con il nome "Vikingo" per alludere alla sua mascolinità, "come la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare". La tesi delle tre magistrate donne dell'appello era, insomma, che all'imputato "la ragazza neppure piaceva" quindi lei era poco credibile e la sua era una messa in scena.
L'annullamento e la condanna La parte civile e la Procura generale di Ancona avevano fatto ricorso in Cassazione, accolto con rinvio alla Corte di Appello di Perugia. Nei confronti dei due è stata così confermata la sentenza di primo grado che aveva condannato uno a 5 anni e l'altro a 3 anni di reclusione.